Franco Basaglia: il corpo e l’incontro con l’altro

Pompeo Martelli1

1Uosd Laboratorio Museo della mente, Dipartimento di Salute mentale Asl Roma 1.

Pervenuto su invito il 9 febbraio 2024. Non sottoposto a revisione critica esterna alla direzione della rivista.

Riassunto. Nel centenario dalla nascita di Franco Basaglia – psichiatra e neurologo italiano – è doveroso interrogarci sui modi in cui Basaglia può illuminare criticamente o aiutarci a interpretare l’incertezza sociale in cui stiamo vivendo. Molti contributi importanti hanno arricchito negli ultimi mesi la conoscenza del lavoro di Basaglia. Basaglia era un moderno intellettuale pratico, nel senso gramsciano, dove l’autentico intellettuale muove dai bisogni reali delle masse e ne cerca la soluzione a partire dalla situazione storica determinata, ricomprendendola nel più generale corso del mondo. Basaglia si rivolge ancora oggi alla società, la nostra o quella che vorremmo fosse la nostra. Vogliamo essere “civili”? Non vogliamo restare nella barbarie? Allora, nel nostro progetto di democrazia, ci deve essere un posto per la follia. Non basta cessare di emarginare i folli o quelli che, con la lingua della medicalizzazione, chiamiamo “malati mentali”. Dobbiamo far posto a quella parte di sragione che è in ciascuno di noi. Dobbiamo “ricaricare” il lavoro di Basaglia a partire dal restituire valore alla centralità dell’incontro con l’altro e della corporalità dell’incontro, due temi che guidano Franco Basaglia nel corso di tutta la sua vita.

Franco Basaglia: the body and the corporality of the encounter.

Summary. On the centenary of the birth of Franco Basaglia – Italian psychiatrist and neurologist – it is incumbent upon us to question the ways in which Basaglia can critically illuminate or help us interpret the social uncertainty in which we are living. Many important contributions have enriched our knowledge of Basaglia’s work in recent months. He was a modern practical intellectual, in the Gramscian sense, where the authentic intellectual moves from the real needs of the masses and seeks their solution from the given historical situation, recomposing it in the more general course of the world. Basaglia addresses our society: Do we want to be “fair”? Do we not want to remain in barbarism? Then, in our project of democracy, there must be a place for madness. It is not enough to stop marginalizing the insane or those whom, in the language of medicalization, we call “mentally ill”. We have to make room for it. We must “reload” Basaglia’s work beginning with restoring value to the centrality of the encounter with the other and to the corporality of the encounter, two themes that guided Franco Basaglia throughout his life.

Un intellettuale pratico

Nel 2024, centenario della nascita di Franco Basaglia, è doveroso interrogarci sui modi in cui Basaglia può illuminare criticamente o aiutarci a interpretare l’incertezza sociale in cui stiamo vivendo. La scuola di filosofia di Trieste con Pier Aldo Rovatti non si è sottratta a questa riflessione già nel 2021 con il programma “Ripensare Basaglia”1, sentendo forte l’urgenza di «introdurre lo strumento della follia nella nostra svuotata cassetta degli attrezzi di pensiero […] per poter maneggiare un esercizio critico poco famigliare […] per imparare a stare in una posizione di equilibrio instabile»2.

Lodevole e utile su questa linea anche il lavoro di Paolo Francesco Peloso che ha dato alle stampe due importanti volumi nel 20233 e 20244, con la suggestiva “In vece di una prefazione” di Valeria Babini, e la riedizione di tutti gli scritti di Franco Basaglia con le prefazioni di Pier Aldo Rovatti e Mario Colucci5, quest’ultimo già coautore con Pierangelo Di Vittorio6 della prima monografia su Basaglia, che tornano – con un libro di prossima uscita7 – a riflettere su di lui cercando di collegarne il lascito con la nuova ricezione sviluppatasi in Italia e nel mondo: farne emergere con maggior forza la dimensione “universale” e fornire una sintesi ragionata della sua risonanza teorica e pratica.

Ma chi era Franco Basaglia? Per me, un moderno intellettuale pratico, nel senso gramsciano, dove l’autentico intellettuale muove dai bisogni reali delle masse e ne cerca la soluzione a partire dalla situazione storica determinata, ricomprendendola nel più generale corso del mondo. Si appropria delle esigenze della massa popolare collegandole «a una superiore concezione del mondo, scientificamente e coerentemente elaborata, il “sapere”»8.

Franco Basaglia si esercita fin da giovane, studente in medicina e antifascista – arrestato per questo nel dicembre del 1944 e incarcerato fino alla fine della guerra –, a pensare che non si dà teoria che non si traduca in pratica, né pratica che non produca teoria e i due termini per lui diventano nel tempo complementari per una nuova forma di critica del sapere/potere medico costituendosi in una forma in cui acquistano concretezza e realtà. Come Karl Marx interrogato nel 1880 da un giornalista americano su quale fosse “la legge ultima dell’essere” mi piace pensare che anche Franco Basaglia avrebbe risposto nella stessa laconica solennità: “la lotta”.

E combattente Franco Basaglia lo è stato davvero: non un riformista guidato dall’intento di umanizzare il sistema manicomiale ma un autentico assertore della distruzione dell’ospedale psichiatrico. Così, quando nel 1961 egli assume l’incarico di direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, uno degli episodi più noti è la risposta all’ispettore capo Michele Pecorari quando gli portò, come di consuetudine, il registro delle contenzioni su cui il direttore avrebbe dovuto apporre una firma. Basaglia prese la penna che Pecorari gli porgeva, rimase in sospeso per qualche attimo e poi dichiarò: «E mi no firmo», un atto di ribellione formale che indicò a tutti la via che il nuovo direttore intendeva praticare.

Ritengo che in questo centenario non basti tornare semplicemente a lui con il pensiero, non dobbiamo solo ricordarlo ma ripeterlo o ricaricarlo (repeat or reload), ossia recuperare il suo stesso impulso nella costellazione odierna. E non di generico impulso si tratta, ma dello specifico principio connettivo della sua azione: un metodo, uno strumento e un obiettivo capace di orientare ancora le nostre battaglie di oggi e di domani.

Basaglia si rivolge alla società, la nostra o quella che vorremmo fosse la nostra. Vogliamo essere “civili”? Non vogliamo restare nella barbarie? Allora, nel nostro progetto di democrazia, ci deve essere un posto per la follia. Non basta cessare di emarginare i folli o quelli che, con la lingua della medicalizzazione, chiamiamo “malati mentali”. Dobbiamo far posto a quella parte di sragione che è in ciascuno di noi. Basaglia ha sempre mirato alla costruzione di un sapere civile fondato sulle soggettività concrete, anteponendo il malato alla malattia e quindi dissentendo decisamente da chi vedeva e vede soltanto la malattia, cioè un cervello malato, e perde completamente di vista il malato.

La centralità dell’incontro

Per chiudere, mi soffermo su un elemento per me fondamentale nel lavoro di Franco Basaglia, elemento che caratterizza da 40 anni il mio lavoro nel Servizio sanitario nazionale nel campo della salute mentale. La capacità di Basaglia di mettere al centro quello a cui lui dedicava attenzione fin dai suoi primi scritti negli anni Cinquanta del secolo scorso, derivandolo dal pensiero fenomenologico e da Ludwig Binswanger9-11: l’incontro. Per Basaglia è centrale l’incontro con l’altro ed è un incontro non teorico, non fatto di letture, di parole ma è un incontro dove mette tutta intera la fisicità. Questo aspetto della centralità dell’incontro con l’altro e della corporalità dell’incontro sono due temi che guidano Franco Basaglia nel corso di tutta la sua vita. La fisicità è quella che gli fa sentire in gioventù l’odore del carcere, quell’odore della sopraffazione che ritroverà nel manicomio di Gorizia in quei malati che sono persone private della libertà e a cui si deve innanzitutto restituirla perché “la libertà è terapeutica”.

La fisicità è quella nell’assemblea tra malati e operatori a cui fa partecipare anche i giornalisti che vogliano incontrarlo, perché lui non racconta cosa fa, cosa succede in quel luogo, come sono i malati: chiede a chi lo desidera di entrare fisicamente, con il proprio corpo, nell’assemblea e conoscere/incontrare le persone: come accade a Sergio Zavoli nel celebre servizio televisivo sul manicomio di Gorizia dove alla domanda “Ma lei professor Basaglia è interessato più al malato o alla malattia?” lo psichiatra veneziano risponde: “Decisamente al malato”12.

Bibliografia

1. Scuola di filosofia di Trieste. Ripensare Basaglia 2021. Disponibile su: https://lc.cx/sHKEtf [ultimo accesso 9 febbraio 2024].

2. Rovatti PA. Le nostre oscillazioni. Filosofia e follia. Merano (Bolzano): Edizioni Alphabeta Verlag, 2019.

3. Peloso PF. Ritorno a Basaglia? Genova: Erga edizioni, 2022.

4. Peloso PF. Franco Basaglia, un profilo. Roma: Carocci Editore, 2024.

5. Basaglia F. Scritti 1953-1980. Milano: Il Saggiatore, 2023.

6. Colucci M, Di Vittorio P. Franco Basaglia. Milano: Bruno Mondadori, 2001.

7. Colucci M, Di Vittorio P. Franco Basaglia. Milano: Feltrinelli, in corso di stampa.

8. Gramsci A. Quaderni dal carcere. Quaderno 4 (XIII), pp.64bis-65. Torino: Einaudi, 1975.

9. Binswanger L. Essere nel mondo. Roma: Astrolabio, 1978.

10. Binswanger L. Il problema dello spazio in psicopatologia. Macerata: Quodlibet, 2022.

11. Binswanger L. Daseinsanalyse psichiatria psicoterapia. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2018.

12. I Giardini di Abele. Tv7, 30 dicembre 1968. Disponibile su: https://lc.cx/vpzHnb [ultimo accesso 9 febbraio 2024].