Recenti progressi nella gestione pratica della rinite allergica

Giorgio Ciprandi1

1Allergologia, Casa di cura Villa Montallegro, Genova.

Pervenuto il 25 gennaio 2024. Accettato il 29 febbraio 2024.

Riassunto. La rinite allergica (RA) è una malattia molto diffusa e la sua prevalenza è in continua crescita. La RA può essere associata ad altre patologie, tra cui la congiuntivite, la rinosinusite, l’asma, l’allergia alimentare e la dermatite atopica. La diagnosi si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo, sulla documentazione della sensibilizzazione, cioè la produzione di IgE allergene-specifiche, utilizzando anche la diagnostica molecolare in pazienti selezionati. I trattamenti si basano sull’educazione, il coinvolgimento, l’evitamento degli allergeni, i rimedi non farmacologici e farmacologici e l’immunoterapia allergene-specifica (Ait). I trattamenti sintomatici comprendono principalmente gli antistaminici nasali e orali e/o i corticosteroidi nasali. Questo articolo si propone di discutere le nuove strategie di gestione per i pazienti affetti da RA. Tra queste nuove strategie, l’autogestione della rinite allergica potrebbe essere un’interessante opzione. A questo proposito, particolare interesse potrebbe essere rivolto all’autoprescrizione di corticosteroidi e di antistaminici senza obbligo di prescrizione medica, ai probiotici e ad altre sostanze naturali e alle nuove formulazioni di Ait.

Parole chiave. Antistaminici, corticosteroidi intranasali, diagnostica molecolare, educazione del paziente, immunoterapia allergene-specifica, infiammazione di tipo 2, nutraceutici, rinite allergica.

Recent advances in the practical management of allergic rhinitis.

Summary. Allergic rhinitis (AR) is a widespread disease, and its prevalence is still growing. AR may be associated with other diseases, including conjunctivitis, rhinosinusitis, asthma, food allergy, and atopic dermatitis. Diagnosis is based on history, physical examination, documentation of sensitization, such as the production of allergen-specific IgE, also using molecular diagnostics in selected patients. Treatments is based on education, engagement, allergen avoidance, non-pharmacological and pharmacological remedies, and allergen-specific immunotherapy (Ait). Symptomatic treatments mainly concern intranasal/oral antihistamines and/or nasal corticosteroids. This article also aims to discuss new management strategies for AR patients. The self-management of allergic rhinitis could include new strategies. In this regard, particular interest should be considered to intranasal corticosteroids and antihistamines without medical prescription, probiotics and other natural substances, and new formulations (tablets) of Ait.

Key words. Allergen-specific immunotherapy, allergic rhinitis, antihistamines, intranasal corticosteroids, molecular diagnostics, nutraceuticals, patient education, type 2 inflammation.

Introduzione

La rinite allergica (RA) è una patologia particolarmente frequente, in quanto la sua prevalenza, in certe zone, può essere anche oltre il 40% della popolazione1.

Da un punto di vista patogenetico, la RA è una infiammazione di tipo 2, cioè caratterizzata da una tipica infiltrazione eosinofila della mucosa nasale, che a sua volta è responsabile della comparsa dei sintomi tipici della RA2. Questo assetto immunopatologico consegue a un difetto funzionale, cioè reversibile, e specifico, cioè limitato a uno o più allergeni, delle cellule immuno-regolatorie3. Questo squilibrio immuno-regolatorio conduce alla cosiddetta “polarizzazione” (cioè predominanza) dei linfociti T helper 2 a scapito della fisiologica immunità di tipo 1, sostenuta dai linfociti T helper 14. Pertanto, l’endotipo, cioè le caratteristiche patogenetiche individuali, del paziente con RA è caratterizzato da un difetto regolatorio e una polarizzazione di tipo 2. Questo particolare scenario promuove quindi una risposta flogistica eosinofila e una produzione di IgE allergene-specifiche, detta “sensibilizzazione”, fenomeno ben distinto dall’allergia vera e propria5. Questa distinzione è cruciale nella diagnosi di rinite allergica, che si basa appunto sulla concordanza tra l’esposizione all’allergene sensibilizzante e la conseguente comparsa dei sintomi. In altre parole, un soggetto sensibilizzato può non presentare sintomi quando si espone all’allergene verso cui produce le IgE e quindi non essere allergico, pur essendo sensibilizzato, cioè avere l’assetto immunologico tipico delle allergie. Nel soggetto allergico, invece, l’esposizione all’allergene causale determina l’attivazione dei mastociti (su cui sono adese le IgE specifiche), che di conseguenza rilasciano una serie di mediatori (soprattutto l’istamina) responsabili dell’immediata comparsa dei sintomi attraverso la mediazione di specifici recettori6.

I sintomi tipici della RA sono: il prurito, le salve di starnuti, la rinorrea acquosa e la congestione nasale7. Questi sintomi sono quindi dipendenti dall’esposizione all’allergene causale.

È importante ribadire un concetto basilare: la RA non va considerata come una patologia d’organo ma va interpretata come una malattia sistemica immuno-mediata, che condivide meccanismi fisiopatologici comuni con altre patologie allergiche, quali l’asma, la congiuntivite allergica, l’allergia alimentare, o altre patologie che comunque riconoscono un meccanismo immunopatologico di tipo 2, quali l’asma non allergica, la rinite non allergica con prevalenza di eosinofili (non-allergic rhinitis with eosinophilia syndrome - Nares), la rinite non allergica con prevalenza di neutrofili (non allergic rhinitis with neutrophilis - Narne), la rinite non allergica con prevalenza di mastociti (non-allergic rhinitis with mast cells - Narma), la rinite non allergica con prevalenza di eosinofili e mastociti (non-allergic rhinitis with eosinophils and mast cells - Naresma) e la rinosinusite cronica con poliposi nasale8. Inoltre, l’assetto immunologico di tipo 2 si associa spesso a un difetto della funzione immunitaria di tipo 1, che è preposta alla difesa nei confronti delle infezioni; questo squilibrio favorisce un’aumentata suscettibilità alle infezioni che si riscontra sovente nei soggetti allergici9. Infine, recenti studi hanno sottolineato come nei soggetti con RA sia comune riscontrare una disbiosi (alterata composizione quali-quantitativa del microbiota) sia a livello respiratorio sia enterico10-12. A supporto di questa teoria del microbiota alterato concorre la dimostrazione che un abuso di antibiotici nell’infanzia può favorire lo sviluppo di allergie13. Inoltre, la disbiosi può contribuire a indurre, amplificare e mantenere i processi immunopatologici presenti nella RA, venendosi così a creare un circolo vizioso tra allergia, infiammazione e microbiota squilibrato, come schematizzato nella figura 114.




Questo concetto è alla base dell’utilizzo di sostanze naturali che possano ristabilire una condizione di eubiosi15.

Da un punto di vista clinico, la gravità dei sintomi allergici può essere classificata come lieve o moderata/grave, sulla base di quanto stabilito dalle linee guida ARIA16. La misurazione della gravità, secondo queste linee guida, comprende anche l’impatto della RA sul sonno, le attività lavorative/scolastiche e la percezione stessa dei sintomi. Infatti, se l’impatto è minimo la RA è considerata lieve, al contrario una rinite moderata/grave è associata a rilevanti disagi. Inoltre, questa classificazione ARIA definisce, sulla base della durata dei sintomi, due tipi di RA: quella intermittente (sintomi per meno di 4 giorni alla settimana o meno di 4 settimane consecutive) e quella persistente (negli altri casi).

Diagnosi

L’iter diagnostico della RA si basa su tre capisaldi iniziali: l’indagine anamnestica, l’esame obiettivo e la dimostrazione di un meccanismo IgE-mediato, attraverso la ricerca delle IgE allergene-specifiche. Dopo aver documentato la produzione delle IgE allergene-specifiche (fenomeno definito “sensibilizzazione”), il procedimento diagnostico si conclude, confermando il nesso patogenetico tra l’esposizione all’allergene sensibilizzante e la comparsa immediata dei sintomi allergici (la vera allergia). Quest’ultimo passaggio è fondamentale, perché solo dimostrando un rapporto di causa-effetto è possibile stabilire la natura allergica di una rinite.

La raccolta della storia clinica è essenziale, in quanto consente di sospettare, con un alto grado di probabilità, che i sintomi riferiti dal paziente siano ascrivibili a una causa allergica. I sintomi tipici della RA sono il prurito nasale, le salve di starnuti, la rinorrea (tipicamente acquosa) e la congestione nasale. Dal momento che gli allergeni più frequentemente responsabili di RA sono i pollini, gli acari della polvere di casa e i derivati epidermici degli animali domestici, la mancata associazione della comparsa dei sintomi con l’esposizione a questi allergeni riduce notevolmente le probabilità che la rinite sia causata da un’allergia.

Un altro aspetto rilevante che va indagato è la possibile associazione con altre patologie, soprattutto di natura allergica. La congiuntivite e l’asma rappresentano le più comuni comorbilità osservabili in un soggetto con RA. Pertanto, bisogna esplorare la possibilità che il soggetto lamenti anche sintomi ascrivibili a una congiuntivite allergica (prurito oculare, lacrimazione, senso di irritazione) e/o all’asma (tosse, dispnea, senso di costrizione toracica e respiro fischiante).

L’esame obiettivo sarà quindi finalizzato a valutare la presenza di segni correlati alla rinite e alle eventuali comorbilità.

Se i primi due passaggi pongono le basi per sospettare un’allergia, la fase successiva è costituita dalla ricerca delle IgE allergene-specifiche, che può essere dimostrata mediante le prove allergometriche cutanee (skin prick test) o il dosaggio a livello sierico17. Le prove cutanee presentano il vantaggio di essere di semplice esecuzione, economiche e di fornire una risposta in tempi estremamente brevi (15 minuti). Al contrario, il dosaggio delle IgE sieriche richiede più tempo ed è più costoso, però è una metodica più precisa e può consentire lo studio delle molecole allergeniche18,19. A questo proposito, la diagnostica molecolare allergologica consente di definire con notevole precisione la reale fonte allergenica e predire la validità della prescrizione di una eventuale immunoterapia specifica20. Inoltre, la diagnostica molecolare riveste un ruolo fondamentale nel caso sia presente anche un’allergia alimentare, evento abbastanza frequente nei soggetti con pollinosi, a causa della reattività crociata tra pollini e frutta/verdura di specie botaniche collegate. Infatti, questa metodica consente di identificare il rischio prognostico di reazioni allergiche gravi21.

Una volta dimostrata la presenza di una (o più) sensibilizzazione, è indispensabile confermare il suo reale ruolo patogenetico, cioè dimostrare la presenza di una vera allergia22. Non è affatto raro che una mera sensibilizzazione non sia collegata a una reale allergia o, ancora più comunemente, che in un soggetto polisensibilizzato (cioè positivo per più allergeni) solo uno o due allergeni siano realmente causa di allergia. Di solito per confermare una reale allergia può bastare il semplice ragionamento (nesso di causalità), talora però è necessario ricorrere a un approfondimento molecolare. Questo passaggio è basilare soprattutto in funzione di una terapia specifica, necessariamente mirata al reale allergene causale per poi essere realmente efficace.

In casi selezionati, o gestiti da uno specialista, si può procedere a ulteriori approfondimenti diagnostici, indagando alcuni cosiddetti “biomarker”23. In particolare, la valutazione dell’infiammazione eosinofila può avere una sua importanza; un semplice esame emocromocitometrico consente in modo abbastanza preciso la misura dell’intensità dell’infiammazione di tipo 224. In casi particolari, in cui si sospetti una rinite non allergica, si può ricorrere alla citologia nasale, che però necessita di una procedura standardizzata25,26. Inoltre, il ricorso alla citologia nasale può consentire la dimostrazione della presenza di forme “miste”, cioè dovute alla sovrapposizione di una rinite allergica con una non allergica. In altri termini, in un soggetto con rinite allergica da pollini riscontrare la presenza di eosinofili nasali al di fuori della stagione pollinica conferma la presenza di una Nares.

La figura 2 sintetizza l’iter diagnostico articolato nei vari passaggi appena descritti.




Trattamento

La gestione del paziente con rinite allergica si articola su diverse strategie (figura 3).




Coinvolgimento del paziente

Anzitutto l’educazione del paziente rimane un punto cardine dell’intera gestione, in quanto consente un’aderenza ottimale ai trattamenti, proposti e condivisi, e la possibilità di un’autogestione (self-management). L’engagement del paziente consente infatti di ottenere risultati ottimali e di ridurre anche i costi socioeconomici della malattia. Inoltre, lo sviluppo di applicazioni per gli smartphone consente al paziente di connettersi con il medico e di trasmettergli l’andamento dei sintomi e la risposta alle terapie, in modo da modularne nel tempo l’utilizzo. Lo stesso paziente, appositamente istruito, può essere in grado di ottimizzare la terapia in funzione dell’andamento dell’intensità percepita dei sintomi. A questo proposito la scala analogica visiva (Visual analogue scale - Vas), strumento ampiamente utilizzato nella gestione del dolore, trova una collocazione ideale nella gestione, anche da remoto, della RA. È stato anche dimostrato che il punteggio della scala Vas può anche riflettere, in modo abbastanza preciso, l’obiettività funzionale e la qualità della vita24. In particolare, come rappresentato nella figura 4, l’intensità dello score Vas è inversamente correlato con il flusso aereo nasale: più il paziente percepisce una sensazione di naso chiuso e minore quantità di aria passa nel naso.




Evitamento dell’esposizione allergenica

Prendendo spunto dal ragionamento logico che conduce alla diagnosi di allergia, i sintomi allergici sono stretta conseguenza dell’esposizione all’allergene causale. Ne deriva che, se idealmente il soggetto allergico non si esponesse all’allergene, non svilupperebbe la sintomatologia rinitica. In realtà, riuscire a evitare l’esposizione agli allergeni inalanti non è una misura terapeutica facilmente percorribile. I pollini sono ampiamente diffusi nell’aria ed entrano anche negli ambienti domestici, se le finestre sono aperte, o nelle autovetture, se i finestrini non sono chiusi. Gli acari presenti nelle case sono presenti tutto l’anno e la loro eradicazione è veramente difficile, se non impossibile. Per quanto riguarda gli animali domestici, venendosi a creare un legame affettivo, anche profondo, è decisamente difficile che si possa evitare l’esposizione. D’altro canto, pur non potendo eliminare l’esposizione in termini assoluti, è buona norma comunque cercare di evitarne il più possibile l’inalazione di quantità elevate. Nel caso dei pollini conviene evitare di stare all’aperto nelle giornate ventose, di girare in auto con i finestrini abbassati, di stare lontani dai prati appena falciati e di evitare escursioni in zone particolarmente ricche di piante ed erbe durante la stagione di pollinazione. Per gli acari conviene tenere l’ambiente domestico il più possibile pulito e cercare di abbassare il tasso di umidità, almeno sotto al 60%, in quanto la replicazione degli acari viene favorita dagli alti tassi di umidità e dalle temperature miti. Questo è il motivo per cui in autunno si assiste a una esacerbazione dei sintomi, favorita anche dal riscaldamento domestico che promuove il ricircolo dell’aria per moti convettivi e quindi la movimentazione delle particelle allergeniche. Per gli animali domestici vale la regola di tenerli puliti e di non farli dormire nella stessa camera. Altri presidi utili possono essere le fodere per cuscini e materassi e i filtri ambientali.

Igiene nasale

Il lavaggio nasale rappresenta il prototipo della terapia topica. Infatti, esso consente di pulire le cavità nasali, rimuovendo le secrezioni in eccesso, le cellule infiammatorie e i loro mediatori pro-infiammatori, gli allergeni e tutte quelle sostanze che possono essere nocive, compresi i germi. Il lavaggio nasale può essere praticato utilizzando vari dispositivi: spray, docce nasali, irrigazioni, insufflazioni, fumigazioni e aerosol. Nonostante l’ampio utilizzo, non esiste un pieno consenso su quale sia la via preferenziale. Sicuramente l’irrigazione nasale consente una pulizia ottimale del naso, ma richiede ampi volumi, per cui non è molto comoda. Attualmente sono anche disponibili nuovi dispositivi molto semplici che consentono un lavaggio efficace e pratico.

Riguardo all’efficacia del lavaggio nasale, esiste una comprovata evidenza che il suo uso riduca significativamente l’intensità dei sintomi27. Inoltre, il lavaggio nasale può essere medicalizzato, cioè contenere anche dei principi attivi che ne aumentano sensibilmente l’efficacia28. Di regola il lavaggio nasale può essere praticato mediante soluzioni saline isotoniche (cioè fisiologiche) o ipertoniche. Queste ultime esercitano anche un’attività decongestionante e anche antimicrobica, più spiccata della soluzione fisiologica29. Infine, c’è ampia documentazione che il lavaggio nasale sia una pratica sicura e utilizzabile a qualunque età30.

Terapia farmacologica

Il ricorso alla terapia farmacologica è un passo praticamente scontato nella gestione delle fasi più acute della rinite allergica, in quanto consente un pronto ed efficace controllo dei sintomi allergici. Attualmente sono a disposizione diverse classi farmacologiche. Peraltro, le due classi più ampiamente utilizzate sono gli antistaminici e i corticosteroidi.

Antistaminici

L’istamina è il principale mediatore rilasciato durante l’attivazione mastocitaria scatenata dall’esposizione all’allergene causale. Le massive quantità di istamina rilasciata si legano al recettore di tipo 1 (H1), che nel naso è presente soprattutto a livello vascolare, delle terminazioni nervose e delle ghiandole mucipare. La stimolazione di questi recettori induce la comparsa, in tempi molto rapidi (nell’ordine di pochi minuti), dei tipici sintomi nasali. A livello vascolare si osserva una vasodilatazione di un’aumentata permeabilità della microvascolatura, responsabile della congestione nasale. La stimolazione neurale causa la comparsa di prurito e starnuti. La stimolazione delle ghiandole mucipare determina rinorrea acquosa. Per tale motivo, gli antagonisti del recettore H1 rivestono un rilievo particolare nel controllo dei sintomi istamino-dipendenti31. Studi comparativi hanno comunque dimostrato che gli steroidi intranasali sono superiori agli antistaminici nel controllo dei sintomi, compresa la congestione nasale32.

Gli antistaminici vengono classificati in antistaminici di prima generazione (o sedativi, in quanto attraversando la barriera emato-encefalica spesso comportano effetti sedativi) e di seconda generazione (o non sedativi), che sono attualmente quelli utilizzati nella pratica clinica33. Da notare comunque che anche per gli antistaminici di seconda generazione possono essere ancora presenti problemi a livello del sistema nervoso centrale, quali sonnolenza, aggressività, agitazione, iperattività e convulsioni34. Gli antistaminici possono essere somministrati per via orale o topica intranasale (per la congiuntivite sono disponibili anche come colliri). Le molecole sistemiche più utilizzate sono la bilastina, la cetirizina e il suo componente levogiro (levocetirizina), l’ebastina, la loratadina e il suo metabolita attivo (desloratadina), la fexofenadina e la rupatadina. Le molecole topiche più usate sono l’azelastina e l’olopatadina. Questi antistaminici esercitano anche un’attività antiallergica, cioè in grado di ridurre gli eventi conseguenti alla reazione allergica35-38.

Corticosteroidi

La rinite allergica è per definizione una patologia infiammatoria conseguente a una risposta immunopatologica di tipo 2. Infatti, il mastocita attivato, oltre a rilasciare istamina, libera molti mediatori e citochine pro-infiammatorie che innescano una cascata flogistica, che si traduce clinicamente soprattutto con il sintomo dell’ostruzione nasale. Essendo questo sintomo scarsamente legato alla stimolazione istaminica, l’utilizzo dei corticosteroidi intranasali appare particolarmente indicato39. Le molecole corticosteroidee esercitano una potente attività antinfiammatoria.

Per tale motivo questa classe farmacologica trova un posizionamento in prima linea nella gestione del paziente con rinite allergica. Infatti, la via topica consente dei dosaggi molto bassi di principio attivo che preservano dall’evenienza degli effetti avversi, tipici delle molecole corticosteroidee. D’altra parte, la via topica consente un immediato raggiungimento di picchi di concentrazione tessutale rapidi ed elevati e quindi il conseguimento di un’ottimale efficacia terapeutica. Questa spiccata efficacia sul controllo dei sintomi nasali si associa anche a un miglioramento della qualità della vita, della qualità del sonno e degli eventuali sintomi oculari39.

Si ricorda la raccomandazione della Task Force congiunta dell’American academy of allergy, asthma and immunology (Aami) e dell’American college of allergy, asthma and immunology (Acaai) che stabilisce, per il trattamento iniziale della rinite allergica stagionale in soggetti di età pari o superiore a 12 anni, di prescrivere di routine la monoterapia con un corticosteroide intranasale piuttosto che un corticosteroide intranasale in combinazione con un antistaminico orale, oppure un antileucotrienico da solo o ancora un antistaminico intranasale da solo40.

Questa classe di molecole topiche comprende: beclometasone, budesonide, ciclesonide, fluticasone propionato, fluticasone furoato, mometasone furoato e triamcinolone acetonide. Questi farmaci, grazie alla loro potente attività antinfiammatoria, sono in grado di ridurre significativamente l’intensità dell’ostruzione nasale e anche degli altri sintomi rinitici. Per tale motivo, i corticosteroidi intranasali sono impiegati come presidio di prima linea, al pari degli antistaminici, nella gestione del paziente rinitico41.

Gli effetti collaterali sono di regola modesti e autolimitanti, risolvendosi rapidamente con la sospensione del farmaco. Essi sono soprattutto locali, in quanto possono occasionalmente indurre irritazione, sensazione di bruciore o di secchezza ed epistassi. Gli effetti sistemici sono estremamente rari proprio grazie alla minima quantità somministrata topicamente42. A questo proposito, una recente revisione sistematica, relativa all’utilizzo di queste molecole in età pediatrica, ha precisato che relativamente all’incidenza di cefalea ed epistassi non c’è differenza tra corticosteroidi topici e placebo43.

Beclometasone dipropionato

Nel contesto delle molecole corticosteroidee una segnalazione a parte merita il beclometasone dipropionato (Bdp), in quanto è caratterizzato da una superiore efficacia clinica rispetto ad altre consolidate farmacoterapie per la RA44,45. Sul versante dell’efficacia, si ricorda anche in particolare uno studio clinico, in cui la somministrazione di Bdp spray nasale per 2 settimane, confrontato con placebo, in un gruppo di soggetti con rinite allergica stagionale, ha dato luogo, oltre a una riduzione del punteggio dei sintomi nasali e a un miglioramento significativo della qualità della vita, anche a una riduzione del punteggio dei sintomi oculari46,47. Scendendo nei dettagli, il miglioramento era significativo sia con il rTOSS (reflective total ocular symptom score), che riflette un arco di tempo di 12 ore, sia con l’iTOSS (instantaneous total ocular symptom score), che fa riferimento all’immediato, ovvero ai primi 10 minuti (rispettivamente con p=0,002 e p=0,003). Sul versante, invece della tollerabilità, si segnala un tendenziale ridotto rischio di epistassi con Bdp spray nasale acquoso: una recente meta-analisi ha mostrato essere inferiore rispetto a quello degli altri corticosteroidi spray nasali disponibili in Italia48. Inoltre, è l’unica molecola che possa essere dispensata in farmacia senza obbligo di ricetta, proprio grazie al suo particolare profilo di sicurezza. Questa specificità conferisce al Bdp un ruolo particolarmente importante soprattutto nell’ambito dell’autogestione della RA. Infatti, un paziente può direttamente comprare questo prodotto senza necessariamente aver contattato un medico e quindi agevolando la possibilità di autogestione della propria patologia allergica. Infine, si ricorda che Bdp spray nasale, a differenza di altri corticosteroidi spray nasali, è indicato, oltre che nella RA, anche nella rinite vasomotoria49.

Combinazione corticosteroidi e antistaminici

Nelle forme più gravi, o che comunque rispondono poco alla monoterapia, si può ricorrere all’associazione tra una molecola corticosteroidea topica e un antistaminico (sistemico o topico). Tale associazione consente, in questi casi selezionati, di ottenere una più rapida riduzione dell’intensità dei sintomi. Da diversi anni è anche presente una combinazione fissa tra una molecola antistaminica, azelastina, e una corticosteroidea per via intranasale, fluticasone50-53. Pur essendo efficace, a oggi il costo elevato rappresenta ancora un rilevante svantaggio. Da poco tempo è disponibile un’altra combinazione fissa a base di olopatadina e mometasone; anche in questo caso il prezzo è un fattore limitante54-56.

Antileucotrienici

Il montelukast è un farmaco che antagonizza gli effetti dei leucotrieni (potenti mediatori pro-infiammatori). Esistono delle evidenze sulla sua efficacia nel ridurre gli starnuti e la rinorrea57,58. Questa molecola possiede anche un’attività di contrasto di alcune citochine proinfiammatorie59. La terapia combinata di montelukast e di un antistaminico orale è superiore sia a montelukast sia a un antistaminico orale presi singolarmente60, ma rimane comunque un trattamento meno efficace rispetto a un corticosteroide nasale, come – per esempio – Bdp44. Peraltro, in Italia questa molecola trova indicazione solo nell’asma e la Food and drug administration (Fda) ha posto dei limiti di utilizzo in casi particolarmente selezionati a causa di possibili eventi avversi di ordine psichiatrico. Pertanto, l’uso di questo farmaco è piuttosto limitato nella pratica clinica. Di fatto, può essere impiegato in alcuni soggetti asmatici, che presentino anche una rinite allergica. Recentemente è stata anche valutata l’associazione con un antistaminico, ma rimangono sempre le stesse considerazioni61.

Immunoterapia allergene-specifica

L’immunoterapia allergene-specifica (Its) è attualmente l’unico trattamento causale e specifico delle allergie respiratorie. Essa consiste nella somministrazione di alte dosi dell’allergene responsabile della reazione allergica. Può essere somministrata per via sottocutanea o per via sublinguale (recentemente anche utilizzando delle compresse orosolubili). Va utilizzata solo nei pazienti in cui sia stata dimostrata con certezza una patogenesi IgE-mediata62.

È un trattamento efficace e sostanzialmente sicuro, ma presuppone una diagnosi precisa, posta sulla base dell’iter diagnostico che è stato già descritto. Questo tipo di terapia può essere in grado di modificare la storia naturale del paziente allergico, in quanto può prevenire nuove sensibilizzazioni e potenzialmente anche lo sviluppo di asma, oltre a ridurre l’intensità dei sintomi e migliorare la qualità della vita63,64. L’immunoterapia trova indicazioni nei casi di rinite allergica non controllata adeguatamente con la terapia farmacologica, utilizzando estratti allergenici di qualità e standardizzati65. Gli svantaggi di tale terapia sono i tempi lunghi (va condotta per almeno 3 anni), i costi elevati e la necessità di garantire un’elevata aderenza ai regimi prescritti. Per contro, essa agisce sui meccanismi di base dell’allergia, ristabilendo una normale funzione regolatoria e riducendo l’infiammazione di tipo 2, soprattutto nei pazienti con sintomi più intensi66. Inoltre, i suoi benefici tendono a persistere nel tempo anche dopo la sospensione ed è efficace anche nei soggetti meno giovani67,68.

Rimedi non farmacologici

Il trattamento della rinite allergica si può avvalere anche di rimedi non farmacologici. In questo ambito sono numerosi i possibili rimedi disponibili69. Un ruolo di particolare interesse è attualmente rivestito dai probiotici, in quanto potrebbero riequilibrare la situazione di disbiosi che spesso si osserva nei soggetti allergici70. Inoltre, i probiotici possono esercitare anche un’attività antinfiammatoria e immuno-regolatoria, agendo su vari meccanismi patogenetici. L’efficacia clinica è stata inoltre evidenziata da diverse recenti meta-analisi71-75. Peraltro, ancora non esiste una definitiva dimostrazione di una loro precisa indicazione terapeutica nella rinite allergica.

Attuali e futuri orientamenti terapeutici pratici

La rinite allergica è certamente la più comune patologia IgE-mediata, in quanto può arrivare a interessare fino al 40% della popolazione generale. Per tale motivo, la gestione del paziente con rinite allergica rappresenta un problema pratico di frequente evenienza.

L’aspetto fisiopatologico più rilevante è costituito da un’infiammazione di tipo 2, cioè caratterizzata da un’infiltrazione eosinofila della mucosa nasale. Questa infiammazione eosinofila è strettamente dipendente dall’esposizione all’allergene causale76. Per tale motivo, il controllo dell’infiammazione allergica rappresenta l’obiettivo prioritario del trattamento. Ne consegue che i farmaci in grado di controllare la cascata degli eventi flogistici rivestano un ruolo prio­ritario. In tale contesto, sicuramente le molecole corticosteroidee topiche costituiscono il riferimento di prima istanza nella pratica clinica77. La conta degli eosinofili circolanti può rappresentare un semplice e abbastanza attendibile biomarker per misurare l’intensità dell’infiammazione nasale allergica78.

Una strategia terapeutica, basata sul self-management e la telemedicina, valida nella pratica clinica quotidiana si basa quindi su alcuni aspetti cardinali79-82, come anche schematizzato nella figura 5:

coinvolgere il paziente nella gestione, anche autogestita, utilizzando la telemedicina e le app dello smartphone, in modo da ottenere il massimo dell’aderenza;

consigliare regole di prevenzione facili da attuare e soprattutto efficaci;

prescrivere farmaci che siano maneggevoli, con scarsi o nulli effetti collaterali, privilegiando molecole che abbiano un consolidato utilizzo e siano acquistabili anche senza obbligo di ricetta (per es., beclometasone e cetirizina solo nel dosaggio 5 mg in associazione con pseudoefedrina), in modo tale che non ci sia la necessità di una visita medica;

monitorare in maniera abbastanza stretta l’andamento dei sintomi, soprattutto percepiti, e il consumo dei farmaci, in modo da ottimizzarne l’uso;

considerare, quando opportuno, una terapia immunologica specifica;

integrare infine la terapia anche con rimedi non farmacologici.




Questo approccio potrebbe quindi permettere un ottimale controllo del paziente, consentendo anche un risparmio economico e un vantaggio personale in termini di una migliore qualità della vita.

Conflitto di interessi: l’autore effettua consulenze scientifiche per DMG, Lofarma, Scharper, Valeas.

Dichiarazioni: questo articolo è stato realizzato grazie a un grant non condizionante, finalizzato da Chiesi Italia Spa.

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