Il diritto alla salute passa per il diritto a una casa

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Riassunto. Un alloggio malsano fa male alla salute. Lo hanno ricordato il rapporto Left out in the cold: the hidden health costs of Britain’s cold homes dell’UCL Institute of Health Equity e un editoriale del Lancet. A soffrire maggiormente sono le famiglie più povere e svantaggiate per effetto di determinanti di genere, etnia o disabilità. Sebbene le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità su alloggi e salute promuovano un alloggio adeguato come leva per migliorare la salute, molti governi tardano ad agire. Sostenere politiche che restituiscano il diritto alla casa – e a una casa accogliente – dovrebbe essere una scelta prioritaria dei governi. Anche perché sarebbe un investimento: migliorare le condizioni abitative riduce gli accessi inappropriati ai dipartimenti di emergenza e i ricoveri in ospedale. Gli operatori sanitari possono svolgere un ruolo fondamentale come osservatori privilegiati delle persone e delle famiglie che potrebbero trarre i maggiori benefici da un supporto istituzionale pubblico.

The right to health goes through the right to a home.

Summary. Unhealthy housing is bad for your health. This was recently pointed out by the report Left out in the cold: the hidden health costs of Britain’s cold homes by the UCL Institute of Health Equity and a The Lancet editorial. Those who suffer most are the poorest and most disadvantaged households due to determinants of gender, ethnicity or disability. Although the World health organisation guidelines on housing and health promote adequate housing as a key factor to improve health, many governments are slow to act. Supporting policies that restore the right to housing – and to a safe home – should be a priority for governments. Not least because it would be an investment: improving housing conditions reduces inappropriate access to emergency departments and hospital admissions. Health workers can play a key role as privileged observers of the individuals and families who would benefit most from public institutional support.

«L’accesso a un alloggio adeguato è riconosciuto dalla legge come un diritto umano fondamentale. Perché allora continuiamo a permettere a così tante persone di vivere in condizioni abitative malsane? La Divisione di Statistica delle Nazioni Unite ha stimato che nel 2022 più di 1 miliardo di persone viveva in baraccopoli urbane o in condizioni simili a quelle delle baraccopoli, e si prevede che questa cifra triplicherà entro il 2050. L’Indice di adeguatezza abitativa della Banca Mondiale mette in luce forti disparità, con un terzo delle abitazioni nelle economie emergenti che non soddisfa gli standard di adeguatezza. L’urgenza di raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 11.1 – garantire a tutti l’accesso a un alloggio adeguato, sicuro ed economico entro il 2030 – è evidente, ma siamo ben lontani dall’obiettivo». L’apertura dell’editoriale del Lancet dedicato all’emergenza abitativa non poteva essere più eloquente1.

Il grido d’accusa del settimanale britannico giunge a poca distanza dalla denuncia analoga dell’Institute of Health Equity (UCL IHE) che, a distanza di oltre dieci anni dal rapporto del 2011 The health impacts of cold homes and fuel poverty, ha da non molto pubblicato una nuova analisi che ha utilizzato i dati dell’English housing survey del governo e ha rilevato che 9,6 milioni di famiglie britanniche vivono attualmente in case scarsamente isolate termicamente (con un certificato di prestazione energetica D o inferiore), con un reddito inferiore al livello minimo che può permettere uno standard di vita accettabile per pagare un riscaldamento sufficiente e i beni di prima necessità. Il nuovo rapporto è intitolato Left out in the cold: the hidden health costs of Britain’s cold homes e la sua presentazione è stata accompagnata dalle dichiarazioni del direttore dell’UCL IHE, il professor Sir Michael Marmot: «Che milioni di persone, in un Paese ricco come il nostro, vivano in case fredde è una vergogna nazionale. Un terzo di tutte le famiglie del Regno Unito – 9,6 milioni – non può permettersi uno standard di vita decente e vive in case poco isolate. Le case fredde sono un pericolo per la salute pubblica: chi vi abita ha un rischio molto più elevato di sviluppare malattie fisiche e disturbi mentali, il che comporta un ulteriore onere per un servizio sanitario nazionale già sovraccarico e contribuisce alla scarsa produttività del Regno Unito. Abbiamo bisogno di un’azione urgente per affrontare la povertà, il costo del carburante e per isolare le case dei più poveri, non solo perché il governo ha il dovere morale di prendersi cura della salute della sua popolazione, ma anche, francamente, perché ha senso economico e ambientale farlo»2.

E nel nostro Paese? Secondo le rilevazioni dell’Istat sulle emergenze abitative in Italia3, nel nostro Paese quasi 2,5 milioni di famiglie – corrispondenti al 9,9% del totale – destinano almeno il 40% del reddito disponibile alle spese per l’abitazione. È una situazione che coinvolge il 36,6% delle famiglie che fanno parte di quel 20% della popolazione con redditi più bassi e il 32,3% di quelle che vivono in affitto. Il peso delle spese abitative si riscontra soprattutto tra le persone sole, in particolare quelle sotto i 35 anni (30,8%).

Nel 2021, la presenza di strutture danneggiate (tetti, soffitti, finestre o pavimenti) riguarda l’11,1% delle famiglie residenti, mentre il 13,7% lamenta problemi di umidità nei muri, nei pavimenti, nei soffitti o nelle fondamenta. Percentuali minori di famiglie dichiarano una scarsa luminosità delle abitazioni (6,4%). Le diverse possibilità economiche delle famiglie si riflettono, inevitabilmente, sulla qualità dei loro alloggi. Sono infatti più esposte a problemi relativi alla propria abitazione le famiglie del quinto più povero (in cui il 14,8% lamenta la presenza di strutture danneggiate, il 16,5% problemi di umidità, l’8,8% scarsa luminosità), con percentuali decisamente superiori a quelle dichiarate dalle famiglie con redditi più elevati. Anche in ragione delle minori disponibilità economiche, maggiori problematicità si riscontrano tra le famiglie in affitto, quelle residenti nel Mezzogiorno, tra le persone sole con più di 35 anni di età e in quelle composte da soli stranieri. Un ulteriore segnale delle difficoltà incontrate da alcuni settori della popolazione emerge dalla percentuale di famiglie che hanno avuto almeno un ritardo nel pagamento delle bollette domestiche nel corso del 2021. A livello nazionale, tale percentuale è del 6,2% per le bollette, del 9,4% per l’affitto e del 2,7% per i mutui. Il ritardo nei pagamenti è strettamente correlato all’incidenza delle spese abitative sul reddito disponibile: le famiglie più povere presentano una maggiore propensione al ritardo nei pagamenti, con il 13,5% di esse in ritardo con le bollette (rispetto al 2% delle famiglie più ricche), il 16,3% delle famiglie in affitto in ritardo con il pagamento e il 9,4% delle famiglie con mutuo in difficoltà nel pagamento delle rate.

Che un alloggio malsano sia correlato a cattiva salute è del resto cosa risaputa. Il Lancet fa osservare che la ristrutturazione degli alloggi – favorendo una ventilazione adeguata, il controllo dell’umidità, il riscaldamento-raffreddamento e l’isolamento per mitigare l’umidità, la muffa, l’inquinamento dell’aria interna e l’esposizione a temperature estreme – riduce il rischio di malattie respiratorie, cardiovascolari, cancro e disturbi mentali. Come dimostrano i rapporti dell’IHE, le condizioni abitative insalubri non sono un’esclusiva delle economie emergenti. È di nuovo il Lancet a segnalare che in Belgio l’inadeguatezza degli alloggi è stata associata a quasi un decesso su cinque tra il 1991 e il 2020. Nonostante la distribuzione trasversale del problema, è evidente che i problemi abitativi colpiscono in modo sproporzionato le popolazioni più vulnerabili, perpetuando le disuguaglianze sanitarie di genere, etnia, esproprio e disabilità. Sebbene le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità su alloggi e salute promuovano un alloggio adeguato per migliorare la salute, molti governi tardano ad agire.

«Nonostante l’evidenza, il miglioramento degli alloggi è raramente considerato prioritario nelle narrazioni sulla salute pubblica e globale», si legge nell’editoriale. «I vincoli economici sono indubbiamente alla base dell’inazione in alcuni contesti: la costruzione e la manutenzione di alloggi sicuri richiede un impegno e un investimento a lungo termine. Inoltre, permangono notevoli lacune nella disponibilità di dati, che ostacolano una comprensione completa dell’entità del problema e impediscono lo sviluppo di politiche adeguate. L’assenza di iniziative concrete deriva dalla mancanza di volontà politica. I governi che hanno dato priorità agli alloggi hanno riscontrato benefici rapidi e profondi». Eppure, esempi virtuosi a cui riferirsi non mancherebbero: l’approccio finlandese Housing first, ad esempio, prevede l’assegnazione e la manutenzione di piccoli appartamenti a persone con problemi finanziari, di salute mentale e di dipendenza. In questo modo è stato ridotto il fenomeno dei senzatetto a lungo termine del 71% tra il 2008 e il 2020 e, di conseguenza, sono diminuite le visite di emergenza, i ricoveri in ospedale e le degenze ospedaliere più brevi. Investire a lungo termine in alloggi è un intervento efficace per la salute pubblica.

Gli operatori sanitari possono svolgere un ruolo fondamentale essendo nella posizione di osservatori privilegiati delle persone e delle famiglie che potrebbero avere maggiori benefici da un supporto istituzionale pubblico.

«Con le popolazioni urbane destinate a più che raddoppiare entro il 2050» scrive il Lancet, «insieme all’aumento dei costi degli alloggi, al peggioramento dei cambiamenti climatici, ai conflitti in corso e alle catastrofi naturali, il bisogno di alloggi adeguati continuerà a crescere, ampliando le disuguaglianze sanitarie. Fare dell’alloggio un intervento prioritario per la salute pubblica non rappresenta solo un’opportunità fondamentale, ma anche un imperativo morale. La salute delle nostre comunità dipende da questo».

Bibliografia

1. The Lancet. Housing: an overlooked social determinant of health. Lancet 2024; 403: 1723.

2. Donkin A, Marmot M. Left out in the cold: the hidden impact of cold homes. London: UCL Institute of Health Equity, 2024. Disponibile su: https://lc.cx/2rp84K [ultimo accesso 7 maggio 2024].

3. Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l’emergenza abitativa. Audizione dell’Istituto nazionale di statistica. Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 6 settembre 2022. Disponibile su: https://lc.cx/bRj2vu [ultimo accesso 7 maggio 2024].