Dalla letteratura

Miopia: nel 2050 potrebbe interessare il 40% di bambini e ragazzi

«È fondamentale riconoscere che la miopia potrebbe diventare un problema di salute globale in futuro». Si chiude così una revisione pubblicata qualche giorno fa sul British Journal of Ophthalmology che fa il punto sulla miopia nei giovani e prevede che nel 2050 saranno più di 740mila i bambini e i ragazzi costretti a portare gli occhiali1. La revisione ha raccolto e analizzato 276 studi e quasi 5 milioni e mezzo di partecipanti: 4 e mezzo sono asiatici e i restanti vengono da 50 Paesi sparsi nei 6 continenti. I risultati hanno mostrato che l’incidenza è variabile e dipende dal genere, dall’età e dal luogo nel quale i pazienti abitano. Per fare qualche esempio, tra gli studenti di liceo i miopi sono il 45% del totale, ma arrivano all’80-90% se restringiamo il campione ai liceali di alcune aree urbanizzate del Sud-Est asiatico.

La costante è che la miopia continuerà a crescere. E attenzione a non sottovalutare il problema: tra il 1990 e il 2023 la popolazione di miopi tra i 5 e i 19 anni è aumentata dal 24,3 al 35,8%, e le proiezioni indicano che salirà fino ad arrivare al 40% di quella totale nel 2050.

Nell’intervista rilasciata a Scientific American, Terri Young – oftalmologo della University of Wisconsin-Madison – sottolinea i problemi economici e sociali che la miopia porta con sé, soprattutto nelle aree rurali e nei Paesi a basso reddito: «L’accesso alle cure oculistiche di qualità […] è un problema fondamentale. Se i bambini non vedono, non possono imparare. Se non imparano possono scoraggiarsi. Se si scoraggiano, tendono a comportarsi male o a non aver un buon rendimento scolastico, il che avrà un impatto educativo, professionale ed economico sul resto della loro vita»2.

Questo non è l’unico lavoro che negli ultimi anni si è posto il problema: nel 2016 una meta-analisi pubblicata su Ophthalmology ha cercato di prevedere la diffusione della miopia nella popolazione mondiale3. Prendendo di nuovo il 2050 come punto di arrivo, un team di ricercatori americani si aspetta che 4,7 miliardi di persone – circa metà della popolazione mondiale – dovrà convivere con la miopia. I ricercatori coinvolti nei due studi sono concordi nell’augurarsi che la miopia venga classificata presto come malattia.




Bibliografia

1. Liang J, Pu Y, Chen J, et al. Global prevalence, trend and projection of myopia in children and adolescents from 1990 to 2050: a comprehensive systematic review and meta-analysis. Br J Ophthalmol 2024; bjo-2024-325427.

2. Stix G. The Nearsightedness Epidemic Has Become a Global Health Issue. Scientific American 2024 Oct 1.

3. Holden BA, Fricke TR, Wilson DA, et al. Global prevalence of myopia and high myopia and temporal trends from 2000 through 2050. Ophthalmology 2016; 123: 1036-42.

In collaborazione con InMedicina

Lo screening per Helicobacter pylori è efficace per la prevenzione del tumore gastrico?

Uno studio pubblicato su JAMA ha indagato un possibile nuovo approccio per lo screening del tumore gastrico, basato sull’aggiunta di un test dell’antigene fecale di Helicobacter pylori al test immunochimico fecale1. Poiché l’infezione cronica da Helicobacter pylori è ritenuta responsabile della maggior parte di questi tumori, è stato ipotizzato che il suo antigene fecale possa costituire un biomarcatore non invasivo affidabile. La ricerca, uno studio pragmatico randomizzato community-based che ha coinvolto più di 240.000 persone residenti sull’isola di Taiwan, ha quindi cercato di capire se l’impatto dell’aggiunta di questo test avesse un effetto sull’incidenza e la mortalità per tumore gastrico. I risultati, tuttavia, mostrano che non è così. I dati raccolti – relativi a più 150.000 soggetti tra i 50 e i 69 anni e a un follow-up medio di circa 5 anni – non hanno mostrato una riduzione dell’incidenza o della mortalità per tumore gastrico nei soggetti sottoposti anche al test dell’antigene fecale di Helicobacter pylori, rispetto a quelli sottoposti solo al test immunochimico fecale.

È interessante notare che una volta incluse nell’analisi variabili che tenevano conto delle differenze nell’aderenza, la durata del follow-up e alcune caratteristiche dei soggetti, lo screening con test dell’antigene fecale di Helicobacter pylori è invece risultato associato a una minore incidenza di tumore gastrico, ma senza effetti significativi sulla mortalità.

In un’editoriale di commento, Costanza Camargo del National Cancer Institute di Rockville (Maryland) ha discusso le implicazioni per lo screening del tumore gastrico2. In particolare, ha sottolineato come i risultati negativi dello studio fossero influenzati dall’aderenza e dalla maggior presenza di fattori di rischio nel gruppo sottoposto allo screening con test dell’antigene fecale di Helicobacter pylori. Scrive nel suo articolo: «Il follow-up a lungo termine di questo studio fornirà maggiori informazioni e consentirà di valutare i problemi di sicurezza delle strategie di test e trattamento per l’Helicobacter pylori. Sarebbe anche informativo conoscere gli effetti dell’eradicazione dell’Helicobacter pylori sui principali sottotipi istologici di tumore, poiché i precedenti studi non sono stati in grado di calcolarli».




Bibliografia

1. Lee YC, Chiang TH, Chiu HM, et al.; Collaborators of Taiwan Community-based Integrated Screening Group. Screening for Helicobacter pylori to Prevent Gastric Cancer: a pragmatic randomized clinical trial. JAMA 2024 Sep 30.

2. Camargo MC. Fecal Immunochemical Test and Helicobacter pylori Stool Antigen Co-Testing: a potential approach for gastric cancer screening. JAMA 2024 Sep 30.

In collaborazione con Gastroinfo

Dagli studi falsificati al sistema delle citazioni:
su Science le distorsioni del publishing

Nelle ultime settimane su Science sono stati pubblicati due articoli sul publishing scientifico. Il primo, a firma di Charles Piller, riguarda la falsificazione di articoli1. Questa volta è toccato al neuroscienziato Eliezer Masliah. Secondo Science sono almeno 132 le sue pubblicazioni con evidenti manipolazioni, soprattutto fotografie al microscopio riutilizzate per validare esperimenti diversi e immagini modificate con Photoshop. Secondo Andrea Capocci, giornalista del Manifesto che ha ripreso l’inchiesta di Science, il caso di Masliah è diverso «perché non si tratta di un ricercatore come tanti: è ritenuto tra i massimi esperti al mondo di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer e ha diretto per molti anni la divisione di neuroscienze dell’Istituto nazionale statunitense sull’invecchiamento, dove gestiva un budget annuale da 2,6 miliardi di dollari. Con una dotazione così elevata è possibile non solo svolgere ricerche ma anche influenzare quelle degli altri indirizzando i finanziamenti solo in alcune direzioni». E continua: «Centinaia di manipolazioni (più quelle che non sono state scoperte) fanno pensare a qualcosa di più di un errore o di una mela marcia in laboratorio: la vicenda suggerisce che sulla frode scientifica sia possibile fondare un’intera carriera di alto livello, aggirando i controlli che dai tempi di Galileo vanno sotto il nome di metodo scientifico»2.

Punta i riflettori sulle distorsioni del mondo del publishing e della ricerca anche un altro articolo uscito su Science a fine settembre3, che riprende due studi appena usciti sul sistema delle citazioni in Cina, che hanno mostrato come i ricercatori cinesi citino per lo più articoli di loro colleghi che lavorano in Cina. I ricercatori della prima analisi, condotta in Giappone, hanno scoperto che il 62% delle citazioni del 10% dei paper più citati in Cina proveniva dall’interno del Paese, alterando così il ranking citazionale. Gli Stati Uniti hanno il secondo più alto tasso di quello che il giornalista chiama “home bias”, pari al 24%. Segue con il 13% l’Italia e con il 6% il Canada. Ma, restando in tema di citazioni, l’articolo sottolinea che ci sono anche altri trucchi usati da chi pubblica per fare i propri interessi: per esempio il “citation staking”, ovvero non citare lavori di gruppi di ricerca “concorrenti”, per non favorirli nell’ideale classifica dei ricercatori più noti. Dati che sono confermati dalla seconda analisi, condotta all’Università di Monaco. Dunque i conteggi delle citazioni sono ulteriormente distorti da frodi, plagio e riviste open access di bassa qualità e stanno «veramente distorcendo le misure che abbiamo utilizzato per decenni per valutare l’output e l’impatto [della ricerca]». Tali informazioni non sono importanti solo per i diritti di vanteria, nota. Possono anche influenzare l’avanzamento di carriera, la capacità di attrarre collaboratori e studenti e le priorità di finanziamento nazionali. Valutare accuratamente le citazioni, afferma, «è una delle sfide nel settore in questo momento».




Bibliografia

1. Piller C. Picture imperfect. Scores of papers by Eliezer Masliah, prominent neuroscientist and top NIH official, fall under suspicion. Science 2024; Sep 26.

2. Capocci A. Pubblicazioni e ricerche neuro-degenerate. Il Manifesto 2024; 27 settembre.

3. Normile D. China’s scientists often cite work from their own nation. Is that skewing global research rankings? Science 2024; Sep 25.

Shock cardiogeno:
nessun beneficio dall’uso routinario del supporto al circolo con VA-ECMO

L’uso di routine del supporto al circolo mediante ossigenazione extracorporea a membrana veno-arteriosa (VA-ECMO) in pazienti con shock cardiogeno correlato a infarto miocardico sottoposti a rivascolarizzazione pianificata non migliora la sopravvivenza a un anno.

Sono stati pubblicati sullo European Heart Journal i risultati del trial ECLS-SHOCK1, i quali confermano quelli emersi in precedenti studi e meta-analisi che avevano valutato l’efficacia di questo approccio su periodi più brevi. Lo studio ECLS-SHOCK ha arruolato 420 pazienti con infarto miocardico complicato da shock cardiogeno, assegnati in modo casuale a ricevere VA-ECMO o le cure mediche standard. L’endpoint primario dello studio era la mortalità per tutte le cause a un anno. Al termine dello studio la mortalità per tutte le cause è risultata del 55% nel gruppo VA-ECMO e del 55,8% nel gruppo di controllo (OR 0,91; IC 95%, 0,60-1,37; p=0,062). I tassi di altri eventi avversi, come sanguinamento maggiore, ictus e complicanze vascolari periferiche, sono risultati simili tra i due gruppi.

In conclusione, i risultati dello studio suggeriscono che l’uso di routine del supporto al circolo mediante VA-ECMO non migliora la sopravvivenza né riduce gli eventi avversi nei pazienti con shock cardiogeno correlato a infarto miocardico. Tuttavia, la VA-ECMO potrebbe ancora rappresentare una valida opzione di trattamento per alcuni pazienti selezionati, come quelli che non rispondono alla terapia medica convenzionale.

Bibliografia

1. Desch S, Zeymer U, Akin I, et al. Routine extracorporeal life support in infarct-related cardiogenic shock: 1-year results of the ECLS-SHOCK trial. Eur Heart J 2024 Sep 2: ehae610.

In collaborazione con Cardioinfo

Ictus lieve e TIA: qual è la durata ottimale della DAPT?

Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Neurology fa luce sulla durata ottimale della doppia terapia antipiastrinica (DAPT) dopo un ictus ischemico lieve o un attacco ischemico transitorio (TIA) ad alto rischio1. La ricerca, un’analisi secondaria dello studio INSPIRES2, ha rilevato che la DAPT con clopidogrel e aspirina, iniziata entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, ha ridotto significativamente il rischio di eventi ischemici maggiori nella prima settimana, con un beneficio in leggera diminuzione nella seconda e terza settimana. Tuttavia, il rischio di eventi ischemici maggiori è aumentato durante la quinta settimana suggerendo un potenziale effetto rimbalzo dopo l’interruzione della DAPT. Lo studio ha anche rilevato un rischio numericamente più elevato di sanguinamento da moderato a grave nel gruppo DAPT durante le prime tre settimane, sebbene il rischio complessivo sia rimasto basso. Nonostante ciò, i ricercatori hanno concluso che il beneficio clinico netto della DAPT è stato favorevole, soprattutto nella prima settimana, e si è mantenuto per tutto il periodo di trattamento di 21 giorni.

Questi risultati hanno implicazioni significative per la pratica clinica, supportando l’attuale raccomandazione delle linee guida di 21 giorni di DAPT con clopidogrel e aspirina per i pazienti con ictus minore o TIA ad alto rischio. Lo studio fornisce ulteriori prove che questo regime, iniziato entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, offre un equilibrio favorevole tra la riduzione del rischio ischemico e le complicanze emorragiche.

Lo studio INSPIRES, condotto in Cina, ha coinvolto 6.100 pazienti con ictus ischemico acuto e TIA. L’analisi primaria dello studio aveva dimostrato l’efficacia della DAPT nel ridurre il rischio di ictus successivo, ma aveva anche sollevato preoccupazioni sul potenziale aumento del rischio di sanguinamento. Questa analisi secondaria mirava ad affrontare queste preoccupazioni valutando la durata del beneficio e del rischio associati alla DAPT.

Gli autori riconoscono alcuni limiti dello studio, tra cui la natura esplorativa dell’analisi e la dimensione limitata del campione in ciascun intervallo di tempo stratificato. Inoltre, i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte le popolazioni, poiché lo studio ha coinvolto esclusivamente pazienti cinesi. Nel complesso, questa ricerca fornisce importanti indicazioni cliniche sull’uso della DAPT nell’ictus ischemico lieve o nel TIA ad alto rischio. I risultati supportano il regime di 21 giorni come strategia efficace e sicura, soprattutto se avviata entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi. Lo studio evidenzia anche la necessità di ulteriori ricerche per convalidare questi risultati in diverse popolazioni e per indagare il potenziale fenomeno di rimbalzo osservato dopo l’interruzione della DAPT.

Bibliografia

1. Guan L, Han S, Johnston SC, et al. Duration of benefit and risk of dual antiplatelet therapy up to 72 hours after mild ischemic stroke and transient ischemic attack. Neurology 2024; 103: e209845.

2. Gao Y, Chen W, Pan Y, et al. Dual antiplatelet treatment up to 72 hours after ischemic stroke. N Engl J Med 2023; 389: 2413-24.

In collaborazione con Neuroinfo