La tirbanibulina nel trattamento delle cheratosi attiniche:
descrizione di un caso con valutazione strumentale e follow-up a lungo termine

Francesco Lacarrubba1, Anna Elisa Verzì1, Stefano Dimarco1, Ivano Luppino1, Federica dall’Oglio1, Giuseppe Micali1

1Clinica Dermatologica, Università di Catania.

Pervenuto il 30 luglio 2024. Accettato il 4 settembre 2024.

Riassunto. Viene presentato il caso clinico di un paziente di 72 anni con cheratosi attiniche (CA) del cuoio capelluto confermate dalla line-field confocal optical coherence tomography (LC-OCT), una nuova metodica non invasiva di imaging della cute. Il paziente veniva trattato con tirbanibulina unguento 1% una volta al giorno per 5 giorni consecutivi e, dopo 8 giorni, si osservava un lieve stato infiammatorio a carattere eritemato-desquamativo diffuso all’area trattata e associato a modesta sintomatologia pruriginosa. L’LC-OCT mostrava la presenza di cellule intraepidermiche “a bersaglio”, corrispondenti a cheratinociti apoptotici. Dopo 2 mesi, si notava la quasi totale scomparsa delle CA, confermata dall’LC-OCT. Contestualmente si apprezzava un notevole miglioramento del fotoinvecchiamento. A un follow-up effettuato dopo 12 mesi, non si evidenziavano recidiva e/o comparsa di nuove CA. In conclusione, il caso clinico riportato è emblematico dell’efficacia e della tollerabilità a breve e lungo termine della tirbanibulina nel trattamento delle CA, come già riportato in letteratura, e dell’utilità delle metodiche di imaging non invasivo, nel caso specifico l’LC-OCT, nel monitoraggio terapeutico.

Parole chiave. Apoptosi, campo di cancerizzazione, cheratosi attinica, LC-OCT, tirbanibulina.

Tirbanibulin in the treatment of actinic keratoses: description of a case with instrumental evaluation and long-term follow-up.

Summary. A 72-year-old man presented with actinic keratosis (AK) of the scalp confirmed by line-field confocal optical coherence tomography (LC-OCT) a novel non-invasive skin imaging technique. Patient was treated with Tirbanibulin 1% ointment once a day for 5 consecutive days and, after 8 days from baseline, mild erythema and desquamation was observed on the treated area, associated with mild pruritus. At the same time-point, L’LC-OCT revealed the presence of intraepidermal “targeted-like” cells, corresponding to apoptotic keratinocytes. After 2 months, clinical and instrumental examination showed the almost total disappearance of the AK. At the same time-point, a strong improvement of photoaging was noted at the level of the treated area. At 1-year follow-up, no relapse and/or new AK were observed. In conclusion, the reported case is emblematic of the short and long-term efficacy and safety of tirbanibulin in the treatment of AK, as already reported in the literature, as well as of the usefulness of non-invasive imaging technique such as LC-OCT in the therapeutic monitoring.

Key words. Actinic keratosis, apoptosis, field cancerization, LC-OCT, tirbanibulin.

Introduzione

Le cheratosi attiniche (CA), dette anche “cheratosi solari”, sono proliferazioni intraepidermiche di cheratinociti atipici che si sviluppano generalmente su una cute soggetta a esposizione solare cronica. Tradizionalmente rappresentano i più importanti precursori del carcinoma squamocellulare (CSC), sebbene secondo alcuni autori rappresenterebbero già la forma iniziale di tale tumore (CSC in situ). È importante sottolineare come le aree di epidermide circostanti le CA visibili sono spesso caratterizzate dalla presenza subclinica di cloni cellulari di cheratinociti atipici con alterazioni genetiche dovute all’azione mutagena dei raggi UV, il cosiddetto “campo di cancerizzazione”. Tale concetto è alla base del frequente riscontro di CA multiple e delle possibili recidive, e suggerisce l’importanza di estendere il trattamento non soltanto alle lesioni clinicamente visibili ma anche alla cute adiacente apparentemente sana.

La tirbanibulina è una nuova molecola sintetica che, in formulazione in unguento all’1%, è indicata per il trattamento topico delle CA non ipertrofiche del viso e del cuoio capelluto. La tirbanibulina è dotata di potente azione antitumorale e antiproliferativa, capace di indurre l’apoptosi (morte cellulare programmata) dei cheratinociti attraverso l’inibizione della polimerizzazione della tubulina e l’arresto del ciclo cellulare nella fase G2/M1. Inoltre, favorisce in via indiretta l’interruzione del segnale della Src chinasi intracellulare (coinvolta nell’angiogenesi e up-regolata nelle CA e nel CSC), e induce l’espressione del gene oncosoppressore p53 (il “guardiano” del genoma)1.

La line-field confocal optical coherence tomography (LC-OCT) è una nuova metodica diagnostica non invasiva che fornisce immagini della cute a elevata risoluzione in sezione verticale, orizzontale e 3D. Studi clinici hanno mostrato l’utilità di tale metodica nella diagnosi e nel follow-up di svariate malattie cutanee di natura infiammatoria, infettiva e neoplastica, incluse le CA2-4.

Viene presentato il caso clinico di un paziente con CA trattato con tirbanibulina unguento 1% e valutato a breve e lungo termine mediante esame clinico ed LC-OCT.

Caso clinico

Un uomo di 72 anni con storia di CA al cuoio capelluto precedentemente trattate mediante terapia fotodinamica giungeva alla nostra osservazione per la presenza di nuove lesioni. L’esame obiettivo locale mostrava la presenza alla regione occipitale di 8 CA scarsamente cheratosiche associate a segni di fotoinvecchiamento (figura 1A).




Veniva effettuato esame delle lesioni mediante LC-OCT, che confermava la diagnosi evidenziando le tipiche alterazioni: iperparacheratosi (aumento di spessore dello strato corneo con presenza di cheratinociti provvisti di nucleo), acantosi (aumento di spessore dell’intera epidermide), disordine architettonico dell’epidermide con variabilità di forma e dimensioni dei cheratinociti, e giunzione dermo-epidermica preservata (segno di non invasione dermica) (figura 1B). Considerati la tipologia, il numero e la localizzazione delle CA, il paziente veniva trattato con tirbanibulina 1% unguento, applicato, come da indicazioni ufficiali, una volta al giorno per 5 giorni consecutivi su un’area di circa 25 cm2. Al primo controllo, effettuato all’ottavo giorno dall’inizio del trattamento, il paziente mostrava, come atteso, la presenza di un lieve stato eritemato-desquamativo diffuso a tutta l’area trattata, associato a lieve sintomatologia pruriginosa (figura 2A).




L’LC-OCT delle lesioni trattate mostrava la presenza di cellule intraepidermiche “a bersaglio”, con area centrale scura e anello periferico iperriflettente, corrispondenti ai cheratinociti apoptotici. Erano inoltre presenti piccoli elementi intraepidermici iperriflettenti (cellule infiammatorie) (figura 2B). Il paziente veniva quindi rivalutato dopo 2 mesi, quando si notava una risoluzione clinica completa di 7 CA e un notevole miglioramento della rimanente (in termini di riduzione delle dimensioni e del grado di eritema); contestualmente si apprezzava un marcato miglioramento del fotoinvecchiamento a livello della zona trattata (figura 3A). Allo stesso time-point l’LC-OCT evidenziava, a livello delle CA regredite clinicamente, una normale architettura dell’epidermide con pattern classico a nido d’ape (figura 3B).




Al paziente veniva quindi consigliato di effettuare una regolare fotoprotezione e di eseguire follow-up periodici. All’ultimo follow-up, effettuato dopo circa 1 anno, non si evidenziava recidiva e/o comparsa di nuove CA a livello dell’area trattata (figura 4).




Discussione e conclusioni

Le CA sono lesioni estremamente comuni, soprattutto nei soggetti anziani, di sesso maschile, di razza bianca e fototipo chiaro (I-II di Fitzpatrick). Insorgono generalmente in aree cutanee fotoesposte (cuoio capelluto, viso, avambracci, mani), poiché l’esposizione solare cronica, attraverso un effetto mutageno dei raggi ultravioletti sul DNA dei cheratinociti basali, rappresenta il fattore eziopatogenetico principale. Clinicamente, le CA appaiono generalmente come macchie eritematose di dimensioni variabili e a superficie più o meno cheratosica, anche se esistono forme pigmentate. Le lesioni sono più spesso multiple, potendo confluire in placche. La prognosi delle CA è variabile: la trasformazione in CSC invasivo varia dallo 0,025 al 20% dei casi in base a vari fattori, quali la gravità e durata del danno fotoindotto, il numero di lesioni, il coinvolgimento follicolare (a livello istologico), ed eventuali condizioni di immunosoppressione.

L’utilizzo di schermi solari a elevata protezione, soprattutto nei soggetti ad alto rischio, è fondamentale per la prevenzione delle CA. Poiché non è possibile prevedere quale lesione potrà progredire a CSC invasivo, è opinione comune che tutte le CA debbano essere trattate. Sono disponibili numerosi trattamenti, e la scelta dipende da svariati fattori legati al paziente (età, comorbilità, compliance, etc.), al tipo di CA (singole, multiple, ipercheratosiche, etc.), e alla terapia stessa (indicazioni, efficacia, effetti collaterali, disponibilità, costi, etc.), Tradizionalmente esistono trattamenti “diretti alla lesione” e trattamenti “diretti al campo di cancerizzazione”. I primi sono generalmente utilizzati per CA singole, e sono rappresentati da crioterapia, diatermocoagulazione e curetage, e laserterapia. Per il trattamento di lesioni multiple, specialmente se insorgenti su una cute fotodanneggiata (“campo di cancerizzazione”), vengono invece generalmente utilizzate la terapia fotodinamica e le terapie mediche topiche5. Tra queste ultime, il 5-fluorouracile in varie concentrazioni, l’imiquimod al 3,75% e al 5%, il diclofenac al 3% in acido ialuronico e la tirbanibulina all’1% hanno dimostrato di essere efficaci in studi randomizzati con percentuali di successo variabili6-8.

In particolare, l’efficacia e la tollerabilità della tirbanibulina nel trattamento delle CA sono state dimostrate in 2 studi identici, randomizzati di fase 3, in cui sono stati registrati una clearance completa nel 49% dei pazienti e una riduzione totale del 76-82% delle CA9. In uno studio italiano in real life su 228 CA in 38 pazienti, sono state ottenute la clearance completa del 51% delle lesioni e la clearance parziale (riduzione >75%) del 73%10. Secondo le più recenti linee guida dell’American Academy of Dermatology (AAD) e dell’European Academy of Dermatology and Venereology (EADV), la tirbanibulina rappresenta un trattamento di prima linea per le CA con un elevato livello di raccomandazione6-8. Rispetto ad altre terapie topiche a elevata efficacia quali il 5-fluorouracile e l’imiquimod, la tirbanibulina possiede una più elevata tollerabilità, essendo gravata da reazioni locali più lievi, grazie alla sua capacità di indurre l’apoptosi dei cheratinociti, con minore rilascio di citochine proinfiammatorie1,11. Interessante notare come, nel nostro paziente, l’LC-OCT sia stata in grado di evidenziare “in vivo” la presenza delle cellule apoptotiche durante il trattamento, come anche dimostrato da precedenti studi supportati da esame istologico4,12. Un altro importante vantaggio legato all’utilizzo della tirbanibulina è la breve durata della terapia (soltanto 5 giorni consecutivi), con un’ottima compliance dei pazienti e, ovviamente, ridottissime possibilità di interruzione del trattamento11. Sebbene un attuale limite sia dettato dall’area massima di applicazione limitata (25 cm2), sono in corso studi per valutare l’efficacia e la tollerabilità nel trattamento di aree più ampie (fino a 100 cm2)13.

L’efficacia a lungo termine della tirbanibulina nelle CA è stata valutata negli stessi studi registrativi di fase 3: i pazienti che dopo 57 giorni dal trattamento mostravano una completa scomparsa di tutte le lesioni, venivano mantenuti in follow-up per valutare l’insorgenza di lesioni nell’area di applicazione9. Dopo 1 anno, su 174 pazienti la clearance completa è stata mantenuta nel 27% dei casi9, mentre 124 pazienti hanno sviluppato una o più lesioni. In particolare, 72 pazienti hanno avuto una recidiva e in 52 sono comparse nuove CA (diverse da quelle presenti al baseline). Dati di efficacia a lungo termine in real life provengono invece da un recente studio condotto su 10 pazienti: tutti i pazienti trattati hanno avuto una completa risoluzione clinica e strumentale (mediante microscopia laser confocale) dopo 30 giorni dal trattamento, e a un follow-up di almeno 8 mesi, non sono state registrate recidive14.

Interessante anche notare come, dopo 2 mesi, il trattamento con tirbanibulina abbia determinato nel nostro paziente, oltre alla riduzione del numero di CA, anche un notevole miglioramento del fotoinvecchiamento a livello della zona trattata. Tale risultato è in linea con quanto riportato in uno studio su 7 pazienti trattati con tirbanibulina 1%, in cui, oltre a una riduzione del numero delle CA, è stato riscontrato un marcato miglioramento del fotoinvecchiamento, valutato tramite utilizzo di una Global Aestethic Improvment Scale, in termini di “skin texture”, “skin lightening” e riduzione delle lentigo solari15.

In conclusione, il caso clinico riportato è emblematico dell’efficacia e della tollerabilità della tirbanibulina nel trattamento delle CA e dell’utilità delle metodiche di imaging non invasivo, nel caso specifico l’LC-OCT, nel monitoraggio terapeutico.

Conflitto di interessi: l’autore ha percepito diritti d’autore da parte de Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico-scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Almirall.

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