Tirbanibulina nel grande campo di cancerizzazione:
nuovo approccio per il trattamento sequenziale di aree contigue

Gianluca Nazzaro1,2

1SC Dermatologia, Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano; 2Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti, Università di Milano.

Pervenuto il 26 giugno 2024. Accettato il 4 settembre 2024.

Riassunto. La cheratosi attinica (CA) è una comune displasia cutanea dei cheratinociti che colpisce le sedi fotoesposte di soggetti di età adulta; un’area che presenta alterazioni subcliniche fotoindotte, simili a quelle riscontrate nelle CA, alla periferia di CA clinicamente visibili, è definita campo di cancerizzazione. Il trattamento del campo di cancerizzazione è maggiormente raccomandato rispetto al trattamento mirato alla singola lesione in quanto riesce a gestire il danno subclinico e a prevenire l’insorgenza di un eventuale carcinoma squamocellulare. Tra le terapie rivolte al campo, recentemente è stata introdotta tirbanibulina con meccanismo d’azione innovativo che determina apoptosi cellulare e conseguentemente una scarsa reazione infiammatoria locale. Presentiamo il caso di un paziente di 82 anni, noto per pregresse asportazioni di carcinomi squamocellulari al capo e attualmente affetto da ampio campo di cancerizzazione a livello della cute del naso e del cuoio capelluto cui abbiamo proposto un trattamento sequenziale con tre cicli di tirbanibulina in aree contigue. Il trattamento è stato ben tollerato e ha consentito di ottenere una clearance completa a livello del naso e > 95% a livello del cuoio capelluto, con una netta riduzione dell’Actinic Keratosis Area and Severity Index (AKASI) da 9,4 a 1,4.

Parole chiave. Campo di cancerizzazione, cheratosi attinica, tirbanibulina.

Tirbanibulin in large field of cancerization: new approach for sequential treatment of contiguous areas.

Summary. Actinic keratosis (AK) is a common cutaneous keratinocyte dysplasia characterized by the abnormal proliferation of atypical epidermal keratinocytes; an area that presents photoinduced subclinical changes, similar to those found in AKs, on the periphery of clinically visible AKs is defined as a field of cancerization. Its treatment, rather than a treatment aimed at the single lesion, is more recommended as it manages the subclinical damage and prevents the onset of a possible squamous cell carcinoma. Among the field therapies, tirbanibulin has recently been introduced with an innovative mechanism of action that determines cellular apoptosis and consequently a poor local inflammatory reaction. We present the case of an 82-year-old patient, known for previous removals of squamous cell carcinomas at the vertex and currently suffering from a large field of cancerization in the nose and scalp, to whom we proposed a sequential treatment with three cycles of tirbanibulin in contiguous areas. The treatment was well tolerated and allowed complete clearance to be obtained on the nose and > 95% on the scalp, with a reduction of the Actinic Keratosis Area and Severity Index (AKASI) from 9.4 to 1.4.

Key words. Actinic keratosis, cancerization field, tirbanibulin.

Introduzione

La cheratosi attinica (CA) è una comune displasia cutanea dei cheratinociti caratterizzata dalla proliferazione anomala di cheratinociti epidermici atipici (neoplasia intraepidermica dei cheratinociti)1. Nella classificazione dei tumori della pelle dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è indicata come precursore del carcinoma a cellule squamose dell’epidermide (Scc). La CA è considerata una lesione precancerosa che può eventualmente trasformarsi in Scc invasivo o come Scc in situ (proliferazione intraepidermica di cheratinociti atipici) che può progredire fino a uno stadio invasivo. Questo concetto si basa sul fatto che la CA è citologicamente indistinguibile dall’Scc in situ e presenta una serie di alterazioni molecolari comuni all’Scc2.

Il campo di cancerizzazione è stato definito come un’area che presenta cambiamenti subclinici – istologici e genetici, simili a quelli riscontrati nelle CA – alla periferia di CA clinicamente visibili. Da un punto di vista clinico, il campo di cancerizzazione presenta alterazioni fotoindotte e almeno due dei seguenti segni: teleangectasia, atrofia, anomalie della pigmentazione e superficie ruvida, simile a carta vetrata3.

La ragione più importante per trattare le CA è la prevenzione della trasformazione in Scc invasivo1. Il rischio di progressione varia dallo 0,025% al 20% all’anno ed è significativamente più elevato nei pazienti immunodepressi e trapiantati. Inoltre, se il paziente ha avuto un precedente Scc all’interno del campo di cancerizzazione, il rischio di sviluppare un secondo Scc è del 40,7% a 5 anni4. Poiché attualmente non esiste un modo per prevedere con precisione quale lesione evolverà in Scc, tutte le CA dovrebbero essere trattate5. Il trattamento della CA può essere diretto sulla lesione o sul campo di cancerizzazione, con il vantaggio di trattare CA multiple e alterazioni subcliniche che possono verificarsi all’interno di un campo cronicamente fotodanneggiato.

Fra i trattamenti del campo di cancerizzazione, tirbanibulina 1% unguento è stato recentemente approvato dalla Food and drug administration (Fda), dalla European medicines agency (Ema) e dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per il trattamento topico delle CA non ipercheratosiche, di grado I secondo Olsen, localizzate al viso e al cuoio capelluto su un’area contigua di 25 cm2 con un’applicazione quotidiana per 5 giorni consecutivi. La tirbanibulina è un inibitore della polimerizzazione della tubulina e indirettamente della proteina intracellulare tirosina chinasi Src, la cui attività sembra essere incrementata nella CA e sembra svolgere un ruolo nella progressione verso il Scc6. Al fine di investigare l’efficacia di tirbanibulina nel trattamento della CA, è stato avviato uno studio di fase III su 702 pazienti con CA sul viso e cuoio capelluto, che ha confermato l’efficacia e la sicurezza della tirbanibulina 1% unguento, rispetto al veicolo. I partecipanti hanno applicato il prodotto o il veicolo (con rapporto 1:1), una volta al giorno per 5 giorni consecutivi. Dopo 57 giorni, il tasso di clearance completa (100%) e parziale (≥75%) della CA è stato significativamente più elevato nei pazienti trattati con tirbanibulina (tirbanibulina vs veicolo, tassi di clearance completa: 44%-54% vs 5 %-16%; tassi di clearance parziale: 68%-76% vs 11%-16%)7.

Presentiamo il caso di un paziente di 82 anni affetto da campo di cancerizzazione al vertice e al volto e con pregressa diagnosi di Scc, cui è stato proposto un trattamento sequenziale di più cicli di tirbanibulina per trattare aree contigue.

Descrizione del caso

Un paziente di 82 anni noto per campo di cancerizzazione al cuoio capelluto e al volto si presenta per visita di controllo. In anamnesi ha recentemente asportato due Scc invasivi, localizzati in regione parieto-occipitale con ricostruzione della breccia operatoria mediante lembo di avanzamento in un caso e innesto nel secondo. In epoca pre-Covid, il paziente era stato trattato con diclofenac 3% in 2,5% ialuronato di sodio per 12 settimane e successivamente con due sedute di terapia fotodinamica, l’una con luce rossa e la successiva in daylight.

In anamnesi patologica, inoltre, il paziente risultava essere affetto da cardiopatia ischemica cronica, diabete mellito e ipertrofia prostatica benigna.

Alla visita dermatologica, il campo di cancerizzazione interessava tutta l’area dello scalpo nonché il volto, con CA raggruppate soprattutto alla fronte e al dorso del naso. Le CA presentano diverso grado di ipercheratosi (Olsen I e II). L’Actinic Keratosis Area and Severity Index (AKASI) score era 9,4. Veniva discussa con il paziente la possibilità di una nuova seduta di terapia fotodinamica con luce rossa, che tuttavia veniva rifiutata dal paziente per la scarsa tollerabilità presentata nella sessione precedente. Si proponeva allora terapia con tirbanibulina 1% unguento in maniera sequenziale, trattando aree cutanee di 25 cm2 sia non adiacenti sia contigue. Si programmava quindi un primo trattamento a livello del dorso del naso dove si apprezzavano CA raggruppate eritemato-desquamative e di un’area pressoché rettangolare in sede frontale posteriore (figura 1A, B).




Al controllo clinico dopo 3 settimane, le CA a livello del dorso del naso erano risolte, mentre in regione frontale si apprezzava lieve eritema, in risoluzione, e presenza di desquamazione secondaria al trattamento (figura 2A, B).




Il giudizio del paziente circa efficacia e tollerabilità era molto buono e pertanto si programmava un secondo trattamento con tirbanibulina da applicare su una fascia pressoché quadrata di 25 cm2, localizzata posteriormente a quella già trattata, sul lato sinistro. Al successivo controllo, dopo ulteriori tre settimane, l’area trattata in regione frontale non era più eritematosa né desquamante; inoltre, si apprezzava notevole miglioramento della texture cutanea. L’area trattata, a livello del vertice, risultava ancora poco eritematosa; le CA erano tutte meno cheratosiche (figura 3A, B).




Si programmava un terzo trattamento a livello di un’area pressoché quadrata di 25 cm2, localizzata al vertice, sul lato destro. All’ultimo controllo, tutte le CA del cuoio capelluto clinicamente apprezzabili sembravano risolte; permanevano atrofia, alterazioni della pigmentazione, nonché gli esiti cicatriziali dei pregressi trattamenti (figura 4A, B).




L’AKASI score era 1,4.

Discussione e conclusioni

Il trattamento del campo di cancerizzazione è raccomandato in pazienti affetti da CA multiple, in quanto riesce a trattare il danno subclinico, riduce il rischio di recidive e previene l’eventuale trasformazione in Scc8. Tali trattamenti, tuttavia, non sempre sono accettati dai pazienti a causa della durata del trattamento e degli effetti indesiderati di tipo irritativo. Fra i trattamenti di campo, è stata recentemente introdotta tirbanibulina, la cui efficacia e tollerabilità è stata confermata anche in studi real life9. L’innovativo meccanismo di azione, mediante inibizione della polimerizzazione della tubulina, determina la morte cellulare per apoptosi con conseguente minore reazione infiammatoria locale. In un ampio studio retrospettivo italiano che ha coinvolto 250 pazienti in 15 centri, si è registrata una riduzione statisticamente significativa dell’AKASI e una risposta soddisfacente nell’88,8% dei casi. La molecola è stata studiata anche in pazienti affetti da campo di cancerizzazione con diversi livelli di ipercheratosi (Olsen II e Olsen III) e anche in questi pazienti la risposta è stata soddisfacente (87,5%). Per quanto concerne le reazioni avverse, queste erano frequenti ma ben tollerate e autorisolutive nel 97,2% dei pazienti9.

Dal momento che il principale limite del trattamento con tirbanibulina è la superficie massima di 25 cm2 relativa al campo da trattare, si pone il problema di come gestire ampi campi di cancerizzazione come nel caso del nostro paziente. Abbiamo pertanto proposto un trattamento sequenziale con tre cicli successivi di trattamento di tirbanibulina su campi contigui (cuoio capelluto) e non contigui (dorso del naso), a distanza di tre settimane l’uno dall’altro. I tre trattamenti sono stati ben tollerati e il lievissimo eritema e desquamazione registrati sono stati autorisolutivi. Il risultato ottenuto – clearance completa a livello del dorso del naso e > 95% a livello del cuoio capelluto – si è consolidato dopo circa un mese dal termine dell’ultimo trattamento. Inoltre, abbiamo potuto registrare un miglioramento della texture e del photoaging cutaneo.

Conflitto di interessi: l’autore ha svolto attività di consulenza scientifica per Logofarma. Ha partecipato a Advisory Board per conto di L’Oreal e di Almirall. Ha inoltre percepito diritti d’autore da parte de Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico-scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Almirall.

Bibliografia

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