Sacituzumab govitecan nel trattamento delle pazienti con tumore mammario avanzato o metastatico non triplo negativo all’esordio

Marta Perachino1,2,3, Matteo Lambertini1,2

1UO Clinica di Oncologia medica, Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Genova; 2Departimento di Medicina interna e specialità mediche (DiMI), Scuola di Medicina e chirurgia, Università di Genova; 3Medical oncology service, Vall d’Hebron University Hospital and Vall d’Hebron Institute of Oncology, Barcellona, Spagna.

Pervenuto su invito il 6 ottobre 2024. Non sottoposto a revisione critica esterna alla redazione della rivista.

Introduzione

Il tumore mammario rappresenta la più frequente neoplasia nelle donne, nonché la seconda causa di morte dopo il tumore polmonare1. Tra tutti i casi di tumore mammario, circa il 15-20% è caratterizzato da una biologia triplo-negativa, ovvero dalla mancata espressione dei recettori ormonali (<1%) e del recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER2)2,3. Tale caratteristica ha per lungo tempo reso la sua gestione clinica più complessa, con strategie terapeutiche limitate in assenza di bersagli specifici, e con conseguente prognosi peggiore.

Tuttavia, recentemente la gestione dei tumori triplo negativi metastatici ha compiuto dei significativi progressi grazie all’introduzione nell’algoritmo terapeutico dell’immunoterapia e degli anticorpi farmaco coniugati (ADC). In particolare, sacituzumab govitecan (SG) è stato il primo ADC approvato nel 2022 dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per il trattamento del tumore mammario triplo-negativo avanzato o metastatico precedentemente pretrattato con almeno due linee di terapia sistemica (di cui almeno una per la malattia metastatica).

L’approvazione è avvenuta sulla base dei risultati dello studio ASCENT4, che ha randomizzato 529 pazienti a ricevere SG (n=267; al dosaggio di 10 mg/kg gg1,8 q21) o terapia a scelta dello sperimentatore (n=262; eribulina, vinorelbina, capecitabina o gemcitabina). SG ha migliorato in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival - PFS, hazard ratio - HR, 0,41, 95% CI, 0,33-0,52; PFS mediana 4,8 vs 1,7 mesi) e la sopravvivenza globale (overall survival - OS; HR, 0,51, 95% CI, 0,42-0,63; OS mediana 11,8 vs 6,9 mesi) rispetto alla terapia a scelta dello sperimentatore, sancendo così il suo ingresso nell’armamentario terapeutico del tumore mammario triplo negativo5.

Sebbene la maggior parte dei tumori mammari (>80%) riceva inizialmente una diagnosi di malattia recettori ormonali-positivi e/o HER2-positiva, è possibile assistere a una discordanza di espressione di tali recettori tra la malattia primaria, la recidiva e le diverse progressioni della malattia avanzata.

Vari studi hanno mostrato l’instabilità dello stato recettoriale ormonale durante la progressione tumorale; questo fenomeno presenta rilevanti ripercussioni cliniche e terapeutiche. Infatti, se i parametri biologici sui quali si basano le scelte terapeutiche cambiano durante la progressione del tumore, l’analisi delle lesioni metastatiche mediante biopsia può fornire importanti e nuove informazioni sulla biologia delle metastasi con conseguente possibilità di modificare la strategia terapeutica migliorando la gestione delle pazienti con malattia metastatica.

Uno studio su 1.010 pazienti, attraverso multipli prelievi bioptici nel corso della progressione di malattia, ha dimostrato una variazione nel 32,4% e del 40,7% dei pazienti dell’espressione dei recettori per estrogeni (ER) e progesterone (PR) rispettivamente, alla prima progressione rispetto al tumore primitivo6. Inoltre, lo stesso studio ha dimostrato una differenza statisticamente significativa nella sopravvivenza globale in relazione allo stato ER e PR intraindividuale nel tumore primario e nella recidiva: è stato osservato come le pazienti con tumori primari ER-positivi che sono virati verso una ER-negatività presentavano un significativo aumento del rischio di morte (HR 1,48; 95% CI, 1,08-2,05) rispetto alle donne con tumori ER-positivi stabili.

I cambiamenti da positivo a negativo nello stato recettoriale si verificano più frequentemente rispetto a quelli da negativo a positivo, con chiare implicazioni sulle decisioni e sugli esiti clinici6,7. Infatti, la perdita dell’espressione di ER, PR o HER2 tra il tumore primario e la recidiva è associato a una peggiore OS6,8.

Sono state proposte diverse spiegazioni alla base del cambiamento nell’espressione dei biomarcatori tra tumore mammario primario e sedi metastatiche: errori pre-analitici e analitici, eterogeneità intratumorale e pressione selettiva dei trattamenti precedenti. In primo luogo, soprattutto per quanto concerne la positività di HER2, la sua espressione sembra essere non uniforme in alcuni tumori della mammella a causa della coesistenza di più sottopopolazioni di cellule tumorali nella stessa area tumorale o in aree diverse di un singolo tumore, portando così a risultati discrepanti in immunoistochimica, a seconda della regione analizzata9. In secondo luogo, per quanto riguarda i recettori ormonali, i trattamenti sistemici potrebbero essere responsabili di variazioni come meccanismo di resistenza alla terapia10. Tale fenomeno è stato descritto in particolare come conseguenza dell’esposizione a inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti 4 e 6 (CDK 4/6i)11.

La stessa dinamicità è stata osservata rispetto alle variazioni di HER2 tra tumore primario e metastasi, con successive implicazioni sulle possibilità terapeutiche (HER2-low vs HER2 negativo vs HER2 positivo)12. Analogamente, è stata anche descritta la perdita di espressione di PD-1/PD-L1 dai tumori primari ai siti metastatici13.

Riconoscendone l’impatto sulla prognosi, la conferma bioptica del sottotipo di tumore mammario metastatico è prevista e fortemente consigliata nelle più importanti linee guida nazionali e internazionali14.

Un criterio di inclusione delle pazienti per accedere allo studio ASCENT era la presenza di tumore mammario avanzato/metastatico triplo negativo al momento dell’ingresso nello studio; alcune pazienti arruolate avevano una diagnosi iniziale differente, con un sottotipo recettori ormonali-positivi. Questo dato può essere giustificato dal fatto che la popolazione inclusa era fortemente pretrattata con una mediana di 5 regimi antitumorali precedenti in qualsiasi contesto di trattamento per il tumore mammario (rispetto a una mediana di 4 regimi precedenti osservati per le pazienti con malattia triplo negativa all’esordio)4.

È stata condotta una sottoanalisi di sopravvivenza sulle pazienti incluse nello studio ASCENT che non presentavano una diagnosi di malattia triplo negativa all’esordio15. Il beneficio della terapia con SG è stato confermato anche in questo sottogruppo, risultando sovrapponibile a quello osservato nell’analisi primaria sulla popolazione globale. I principali risultati di efficacia con l’uso di SG rispetto alla terapia a scelta dell’investigatore per questo sottogruppo sono stati una PFS mediana di 4,6 rispetto a 2,3 mesi, una OS mediana di 12,4 rispetto a 6,7 mesi e un ORR del 31% rispetto al 4%. Le risposte sono state inoltre più durature con SG rispetto al braccio di controllo, con una durata della risposta mediana di 5,6 mesi rispetto a 3,5 mesi. Le pazienti senza fenotipo triplo negativo alla diagnosi pretrattate con inibitori di CDK4/6 e trattate nel braccio con SG hanno presentato un tasso di risposte obiettive numericamente inferiore (21%) rispetto a quelle che non li avevano ricevuti (31%) e rispetto alla popolazione globale dell’analisi primaria di ASCENT (35%); tuttavia, il tasso di risposte obiettive si è mantenuto comunque numericamente più elevato rispetto al braccio di controllo (21% vs 5%)15.

Casi clinici

In questo numero, vengono presentati tre casi clinici in pazienti affette da tumore mammario esordito con fenotipo non triplo negativo.

Il primo caso (Cicchiello et al.)16 riporta la storia clinica di una paziente diagnosticata all’età di 53 anni nel 2016 con un tumore mammario recettori ormonali positivi (ER 95%; PgR 95%; HER-2neu (0); Ki67 30%), con stadio pT2 (28 mm) N2 (8/10). La paziente veniva successivamente avviata a chemioterapia adiuvante secondo schema epirubicina e ciclofosfamide per 4 cicli, seguito da paclitaxel settimanale per 12 cicli. La paziente veniva sottoposta in seguito a terapia endocrina e radioterapia adiuvanti. Nel corso della terapia endocrina, per comparsa di algie coxofemorali, la paziente veniva sottoposta ad accertamenti diagnostici che confermavano la presenza di una lesione litica a livello acetabolare sinistro. Alla biopsia, la lesione veniva confermata come localizzazione di tumore mammario, ma con biologia triplo negativa (ER 0; PgR <1%; Ki67 80%; HER2 neu 0, PD-L1 Ventana SP142 <1%). La paziente veniva successivamente avviata a chemioterapia di prima linea con nab-paclitaxel che ha proseguito fino a progressione di malattia a livello osseo. Successivamente, veniva sottoposta terapia di seconda linea secondo schema cisplatino e gemcitabina. Alla successiva progressione ossea, la paziente veniva avviata a terza linea di trattamento con SG, ottenendo una risposta parziale di malattia. Una sede di oligoprogressione ossea a carico di L1 veniva trattata con radioterapia permettendo di ottenere una successiva risposta metabolica completa, tuttora mantenuta. La terapia è stata ottimamente tollerata, con evidenza di eventi avversi minori, prevalentemente di grado 1 (astenia e neutropenia).

Il secondo caso (Fontana, Pantaleo)17 è relativo a una paziente di 51 anni diagnosticata con tumore mammario istotipo duttale infiltrante G3, ER 95%, PgR 85%, MIB-1 70% HER2 0, metastatico ab initio per presenza di lesioni linfonodali ed epatiche. La donna, in premenopausa, veniva candidata a terapia di prima linea con LHRHa mensile, letrozolo e ribociclib, ottenendo una risposta completa a livello epatico ma successiva progressione di malattia in sede mammaria. La paziente è quindi stata sottoposta a intervento chirurgico di mastectomia radicale destra e linfoadenectomia ascellare omolaterale; il report istologico documentava la presenza di carcinoma invasivo NST G3 di 68 mm, 12 linfonodi ascellari con metastasi di carcinoma e 2 pacchetti linfonodali anche essi positivi per metastasi su 20 asportati. La biologia del tumore risultava la seguente: ER 20% PgR 0% MIB-1 35% HER2 1+. La paziente proseguiva la prima linea già intrapresa per ulteriori due mesi, quando veniva riscontrata progressione di malattia polmonare, epatica e linfonodale. Sottoposta a nuova tipizzazione istologica su una lesione epatica, il profilo biologico è risultato triplo-negativo, PD-L1 negativo. Il test genetico non ha rilevato presenza di varianti patogenetiche dei geni BRCA. La paziente veniva pertanto candidata dapprima a una prima linea di chemioterapia con paclitaxel settimanale e successivamente, per progressione lindonodale e ossea, a terapia di seconda linea con capecitabina. Da aprile 2023, per ulteriore progressione linfonodale, si prescriveva terza linea con SG, ottenendo una risposta parziale. Attualmente la paziente sta proseguendo la terapia, dopo irradiazione di una singola sede di oligoprogressione linfonodale, con stabilità di risposta, a fronte di una discreta tolleranza (con necessità di riduzione di dose e supporto con G-CSF per persistente neutropenia G3).

L’ultimo caso (Poggio)18 è relativo a una giovane paziente di 48 anni, diagnosticata con tumore mammario in stadio clinico iniziale cT3N2, con espressione dei recettori ormonali (ER 60%, PgR 30%, Ki67 30%, HER2 0), sottoposta a chemioterapia neoadiuvante secondo schema epirubicina e ciclofosfamide ogni 14 giorni per quattro cicli, seguiti da 12 cicli di paclitaxel settimanale. La paziente veniva in seguito sottoposta a chirurgia con esito istologico di importante residuo di malattia ypT3 (8cm) pN1a (3/8) ER 60% PgR 0% Ki67 5% HER2-1+. In ragione del residuo di malattia e del profilo biologico, la paziente veniva candidata a ormonoterapia e abemaciclib adiuvante, oltre che a radioterapia adiuvante. Tuttavia, dopo 12 mesi e nel corso della terapia endocrina adiuvante, la paziente ha presentato una ricaduta di malattia a livello epatico; la biopsia ha rivelato una biologia triplo negativa, PD-L1 negativa (22C3 e SP142). È stata prescritta prima linea di chemioterapia sistemica con paclitaxel 90 mg/mq 1, 8, 15 ogni 28 giorni bevacizumab. A 9 mesi dall’avvio del trattamento, tuttavia, a fronte di progressione clinica e radiologica, la paziente veniva avviata a trattamento con SG che ha permesso di ottenere una risposta parziale di malattia, con riduzione numerica e dimensionale delle lesioni secondarie epatiche. La tolleranza è stata buona con solo un episodio di neutropenia febbrile che ha richiesto terapia antibiotica e G-CSF.

Conclusioni

SG rappresenta una strategia terapeutica adeguata anche nel trattamento del tumore della mammella metastatico esordito con fenotipo non triplo negativo.

Conflitto di interessi: MP non riporta alcun conflitto d’interessi. ML riporta advisory role per Roche, Lilly, Novartis, AstraZeneca, Pfizer, Seagen, Gilead, MSD, Menarini ed Exact Sciences; speaker honoraria da Roche, Lilly, Novartis, Pfizer, Sandoz, Libbs, Daiichi Sankyo, Knight, Menarini e Takeda; travel grant da Gilead, Daiichi Sankyo e Roche; research support (al suo Istituto) da Gilead; ha inoltre percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Gilead.

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