Efficacia e tollerabilità di sacituzumab govitecan nella paziente anziana con carcinoma mammario avanzato triplo negativo

Martina Nunzi1

1SC Oncologia Medica e Traslazionale, Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni.

Pervenuto il 3 maggio 2024. Accettato il 10 maggio 2024.

Riassunto. Il carcinoma mammario triplo negativo (TNBC), pur rappresentando una minoranza di tutti i casi di carcinoma mammario, costituisce un importante problema per la sua aggressività biologica e la conseguente prognosi sfavorevole delle pazienti che ne sono affette. Fino a pochi anni fa, l’unica strategia terapeutica utilizzabile era la chemioterapia. Ultimamente nuovi approcci terapeutici hanno favorito un miglioramento della storia naturale di tale malattia. Tra questi si segnala l’anticorpo monoclonale farmaco coniugato sacituzumab govitecan, che ha dimostrato di raddoppiare la sopravvivenza delle pazienti in esame. L’uso di tale farmaco è associato a effetti collaterali non trascurabili, la cui gestione deve essere attenta e sollecita, in particolar modo nel caso di pazienti anziane, per loro natura maggiormente a rischio di tossicità relate alle terapie antineoplastiche, ma alle quali non deve essere preclusa a priori la possibilità di terapie nuove ed efficaci. Il presente lavoro descrive il caso clinico di una paziente anziana affetta da TNBC in fase avanzata.

Parole chiave. Carcinoma mammario triplo negativo metastatico, paziente anziana, sacituzumab govitecan.

Effectiveness and tolerability of sacituzumab govitecan in elderly patient with advanced triple negative breast cancer.

Summary. The triple-negative breast carcinoma (TNBC), despite representing a minority of all breast carcinoma cases, poses a significant problem due to its biological aggressiveness and the resulting unfavorable prognosis for affected patients. Until recently, the only therapeutic strategy available was chemotherapy. However, new therapeutic approaches have recently led to an improvement in the natural history of this disease. Among these, the monoclonal antibody-drug conjugate sacituzumab govitecan has been shown to double the survival of the patients under examination. The use of this drug is associated with non-negligible side effects, the management of which must be careful and prompt, especially in the case of elderly patients, who are inherently at higher risk of toxicity related to anticancer therapies but should not be denied the possibility of new and effective treatments. This study will describe the clinical case of an elderly patient with advanced TNBC.

Key words. Elderly patient, metastatic triple-negative breast cancer, sacituzumab govitecan.

Introduzione

Il carcinoma mammario triplo negativo (TNBC) è il sottotipo caratterizzato istopatologicamente dall’assenza dell’espressione dei recettori per l’estrogeno e per il progesterone e dalla negatività dell’espressione di HER2. Tale sottotipo rappresenta circa il 15% della totalità dei carcinomi della mammella ed è associato a peggiori outcome di sopravvivenza se comparato agli altri sottotipi di carcinoma della mammella, sia a causa di una maggiore aggressività biologica intrinseca sia per l’assenza di facili target terapeutici1. È inoltre il sottotipo più comunemente associato alla presenza di mutazioni ereditarie del gene BRCA1. La storia naturale di un TNBC si caratterizza pertanto per un’alta probabilità di recidive precoci (picco di recidiva a 3 anni dalla diagnosi) a distanza (circa il 25% dei casi operati), che coinvolgono tipicamente il polmone e l’encefalo. La sopravvivenza media in caso di TNBC in fase metastatica non è molto variata negli ultimi 20 anni e risulta nettamente inferiore a quella riscontrata per gli altri sottotipi, attestandosi a circa 10-13 mesi2.

Dietro alla definizione di TNBC si cela in realtà un gruppo molto eterogeneo di malattie la cui classificazione molecolare inizia solo negli ultimi anni a mostrarci significative peculiarità cui associare potenziali target terapeutici. Se, fino a qualche anno fa, l’unica strategia terapeutica a disposizione per il trattamento di tale forma di carcinoma mammario risultava quella chemioterapica, al momento attuale il paradigma terapeutico si è ampliato, con la possibilità di utilizzo di nuove strategie terapeutiche (per esempio, l’immunoterapia) e nuovi farmaci. Tra questi ultimi, degna di menzione è la categoria degli anticorpi farmaco coniugati (antibody drug conjugate - ADC). In particolare, il sacituzumab govitecan (SG) ha dimostrato di raddoppiare la sopravvivenza delle pazienti con TNBC metastatico pre-trattate3. Tale nuova classe farmacologica, se da una parte si è dimostrata una vera rivoluzione nella terapia del carcinoma mammario, dall’altra non è scevra di effetti collaterali che possono essere anche severi e meritevoli di particolare attenzione. Attenzione che deve essere massima nei confronti delle pazienti anziane, dato che l’età, se anche non controindica di per sé l’effettuazione di un trattamento, è sicuramente un fattore indipendente di rischio per la comparsa degli eventi avversi a esso legati. Nel presente lavoro viene descritto il caso clinico di una paziente di 78 anni, affetta da TNBC trattata con sacituzumab govitecan, con particolare riferimento all’efficacia riscontrata e alla gestione delle tossicità che si sono presentate.

Caso clinico

Storia clinica precedente a sacituzumab govitecan

Al momento della diagnosi di neoplasia la donna aveva 73 anni. Ex forte fumatrice (dichiarate 15 sigarette al giorno per 40 anni, fino a 4 anni prima), la paziente negava familiarità per malattie neoplastiche. In anamnesi patologica remota veniva segnalata la diagnosi di infarto acuto del miocardio 4 anni prima, per cui era stata effettuata una procedura di angioplastica coronarica percutanea transluminale; venivano altresì segnalati ipertensione arteriosa, dislipidemia, un intervento di appendicectomia in età giovanile e di plastica per ernia inguinale 7 anni prima. La paziente assumeva a domicilio: clopidogrel, ramipril, pantoprazolo e rosuvastatina. Nel mese di settembre 2016 la paziente veniva sottoposta a quadrantectomia sx e biopsia di 2 linfonodi sentinella, con conseguente diagnosi di carcinoma duttale infiltrante G2, stadio pT1cN0i+ (sn), R0. La caratterizzazione biopatologica deponeva per un carcinoma sottotipo triplo negativo, con espressione dei recettori estrogenici e progestinici pari a 0%, espressione di HER2 negativa (1+) e Ki67 30%. Stante l’assenza di localizzazioni a distanza di malattia agli esami di stadiazione, la paziente veniva avviata a chemioterapia adiuvante senza antracicline (in considerazione della storia cardiologica), consistente in cicli trisettimanali di docetaxel 75 mg/mq e ciclofosfamide 600 mg/mq, con supporto di G-CSF in profilassi primaria della neutropenia febbrile, dal mese di ottobre 2016 al mese di gennaio 2017. Venivano somministrati 5 dei 6 cicli di chemioterapia preventivati, a causa della precoce comparsa e del peggioramento di parestesie chemio-indotte agli arti inferiori. Non era segnalata la comparsa di ulteriori effetti collaterali. La paziente veniva in seguito sottoposta a radioterapia precauzionale sulla mammella sinistra, per un totale di 42. 4 Gy in 21 sedute, nel mese di marzo 2017. Si intraprendevano controlli clinico-laboratoristico-strumentali periodici, risultati negativi per recidiva di malattia fino al gennaio 2021 quando, a 78 anni di età della paziente, una PET/TC evidenziava iperaccumuli patologici al livello delle seguenti sedi: due linfonodi, in sede giugulare sinistra e al livello della catena mammaria interna omolaterale, tessuto localizzato in sede parasternale sinistra, area ipodensa al VI segmento epatico e infine addensamento osteostrutturale al livello della IV costa di sinistra. Un’agobiopsia della lesione epatica effettuata a febbraio 2021 confermava la presenza di metastasi di carcinoma GATA 3 +, sottotipo triplo negativo (espressione dei recettori estrogenici e progestinici pari a 0%, espressione di HER2 0, Ki67 40%), con espressione di PDL-1 negativa (<1%). Veniva inoltre eseguito test genetico per ricerca di varianti patogenetiche di BRCA 1 e 2, risultato negativo. La paziente, in buone condizioni generali, con PS 0, punteggio 16 alla scala di valutazione geriatrica G8, intraprendeva chemioterapia di prima linea metastatica con cicli settimanali di paclitaxel 80 mg/mq e carboplatino AUC 2, effettuata dai primi di marzo 2021 ai primi di giugno 2021, per un totale di 6 cicli complessivi, ottenendo una brillante risposta già dalla prima rivalutazione di malattia, fino a una remissione completa metabolica. La chemioterapia, somministrata fin dall’inizio a dose ridotta in considerazione dell’età (70-80% della dose totale), è stata discretamente tollerata, a eccezione di episodi di neutropenia G3 afebbrile, che non hanno richiesto l’utilizzo di G-CSF, ma solo un rinvio del ciclo di terapia di qualche giorno, e alcuni episodi di diarrea G1. La paziente veniva riavviata a follow-up fino a gennaio 2022, quando si evidenziava nuova ripresa di malattia in sede linfonodale, epatica multipla e ossea. Era pertanto intrapresa chemioterapia di seconda linea con eribulina, alla dose di 1,23 mg/mq g1-8 ogni 21; tale terapia, intrapresa a dose piena, è stata ridotta del 20% per comparsa di mucosite G2. Dopo una brillante risposta alla prima rivalutazione strumentale di malattia (remissione metabolica completa su tutte le sedi), si è dovuto interrompere la terapia ad agosto 2022, per ripresa di malattia ipercaptante alla PET/TC, al livello del fegato, dell’omero dx e di linfonodi sovraclaveari a destra.

Scelta di sacituzumab govitecan

Ad agosto 2022 pertanto ci si trovava nella situazione di valutare una terza linea di terapia per una paziente di 79 anni, PS 0, con TNBC. Da circa un mese, in Italia era stato approvato l’utilizzo di SG, un ADC costituito da un anticorpo IgG kappa rivolto contro l’antigene di superficie antitrofoblastico 2 (Trop-2), coniugato, tramite un linker idrolizzabile, a SN-38 (metabolita attivo dell’inibitore della topoisomerasi I irinotecano) (figura 1)4.




L’approvazione è stata possibile in virtù dei risultati positivi derivati dallo studio clinico ASCENT3. Si tratta di uno studio di fase III randomizzato in aperto, che ha arruolato 468 pazienti affette da TNBC in precedenza trattate per la malattia avanzata con almeno due linee di terapia, contenenti taxani. Sono state arruolate anche 61 pazienti con metastasi encefaliche giudicate stabili nelle quattro settimane precedenti l’arruolamento, anche se tale gruppo non è stato considerato nell’analisi primaria dello studio. Le pazienti sono state randomizzate 1:1 a ricevere o SG al dosaggio di 10 mg/kg g 1-8 ogni 21 o una monochemioterapia a scelta dello sperimentatore (eribulina, vinorebina, capecitabina o gemcitabina). L’end-point primario dello studio è la sopravvivenza mediana libera da progressione (mPFS); tra gli end-point secondari, la sopravvivenza globale mediana (mOS). Alla prima analisi, con un follow-up mediano di 17,7 mesi, la mPFS è risultata significativamente superiore nel gruppo delle pazienti trattate con SG rispetto al gruppo di controllo, attestandosi rispettivamente a 5,6 mesi vs 1,7 mesi (HR 0,41, p>0,0001). La durata media del trattamento con SG è stata di 4,4 mesi. Anche la mOS è stata significativamente superiore, 12,1 mesi vs 6,7 mesi (HR 0,48; p>0,0001). Il vantaggio di SG si è mantenuto anche quando sono state considerate le pazienti con localizzazione encefalica di malattia. Per quanto riguarda la tollerabilità di SG, gli eventi avversi G ≥3 più comuni sono stati la neutropenia (52% vs 32% nel braccio di controllo), la diarrea (10% vs <1%), la leucopenia (10% vs 5%), l’anemia (8% vs 5%) e la neutropenia febbrile (6% vs 2%). L’alopecia si è avuta nel 46% delle pazienti e la nausea/vomito di qualsiasi grado nel 57%. Simili sono state nei due bracci le percentuali di riduzione di dose e di interruzione del trattamento causata da eventi avversi (5%). Sono stati inoltre pubblicati i dati relativi all’analisi della qualità di vita (HRQoL) in 429 pazienti partecipanti allo studio ASCENT5. È stato dimostrato che le pazienti trattate con SG hanno sperimentato un miglioramento significativamente superiore dei parametri globali di qualità di vita nel corso del trattamento rispetto alle pazienti nel braccio di controllo, in tutti e cinque i domini principali (global health status, physical functioning, role functioning, fatigue, pain). Come per altri farmaci, anche per il SG sono state prodotte delle precise e utili raccomandazioni per la gestione dei più frequenti effetti collaterali4.

Sulla base di tali dati, della recentissima rimborsabilità in Italia e delle condizioni della paziente, in ottimo PS e con un punteggio di 16 alla scheda di valutazione geriatrica G8, e dopo aver escluso la presenza in omozigosi di varianti alleliche di UGT1A1 che potevano esporre la paziente a rischio di aumentata tossicità4, si decideva di avviare terapia di terza linea con SG, intrapresa dai primi di ottobre 2022, a un dosaggio prudenzialmente ridotto al 70% della dose totale. Nonostante ciò, dopo la prima somministrazione, la paziente veniva ricoverata in ospedale a seguito dell’insorgenza di sintomatologia gastrointestinale caratterizzata da nausea G2, un episodio di emesi, dolori addominali G2, diarrea G2; veniva riscontrata, al momento del ricovero, neutropenia G2/3 (neutrofili pari a 1000/mmc). La paziente veniva pertanto trattata con fattori di crescita granulocitari, antibioticoterapia di copertura e terapia antiemetica e antidiarroica e si assisteva a rapida risoluzione del quadro, con una durata del ricovero di 5 giorni. Veniva pertanto ripresa terapia con SG, con ulteriore minima riduzione di dose e utilizzo di fattore di crescita granulocitario in profilassi secondaria, associato a terapia steroidea a domicilio nei giorni successivi alla infusione. A seguito di tali aggiustamenti terapeutici, si sperimentava un’ottima tollerabilità al trattamento. Già dalla prima rivalutazione di malattia, effettuata dopo 3 cicli, si assisteva a una risposta parziale alla terapia su fegato e omero destro, con risposta completa al livello dei linfonodi sovraclaveari. La tollerabilità alla terapia, le condizioni generali della paziente e la risposta strumentale ottenuta (fino alla remissione metabolica completa) sono migliorate con il passare dei cicli, tanto da permettere la somministrazione della terapia senza la profilassi con il fattore di crescita granulocitario. Solo dopo 6 mesi di terapia, ad aprile 2023, per la ricomparsa di tossicità gastrointestinale G2, si riduceva progressivamente il dosaggio della terapia fino a un 50% della dose totale. Nonostante ciò, la paziente rimaneva in risposta strumentale fino a ottobre 2023, quando, dopo 12 mesi di terapia, veniva accertata progressione epatica di malattia.

Storia clinica successiva a sacituzumab govitecan

A fine ottobre 2023 veniva avviata terapia di quarta linea con capecitabina e vinorelbina a dosaggio ridotto (rispettivamente 1500 mg/mq/die x 14 giorni e 40 mg/mq giorni 1-8 ogni 21). Tale terapia era ben tollerata e, a una prima rivalutazione PET/TC di malattia di fine gennaio 2024, si assisteva a un’iniziale risposta di malattia al livello epatico. A metà febbraio 2024 la paziente, che aveva effettuato un totale di 5 cicli di chemioterapia, veniva ricoverata per sintomatologia ascrivibile a ictus ischemico (TC encefalo con assenza di localizzazioni metastatiche) che veniva prontamente trattato con fibrinolisi con regressione della sintomatologia disartrica. Ai primi di marzo 2024, a una RM cerebrale, veniva purtroppo posta diagnosi di diffusione leptomeningea di malattia. La paziente, che nel frattempo aveva subito un iniziale deterioramento delle condizioni neurologiche e generali, veniva assegnata a Best Supportive Care Domiciliare, fino al suo decesso, avvenuto a metà marzo.

Discussione

Il carcinoma mammario è la prima neoplasia come incidenza e come causa di morte nelle donne con età superiore a 70 anni e la probabilità di diagnosticare tale neoplasia aumenta con l’età6. Ne consegue che tutti gli oncologi dovrebbero avere esperienza nel campo dell’oncologia geriatrica. La paziente anziana pone non pochi problemi nella valutazione della migliore strategia terapeutica antineoplastica. Se l’età di per sé non dovrebbe essere una controindicazione all’effettuazione di un trattamento antineoplastico, è indubbio che ci sono varie condizioni legate all’età che possono renderla difficoltosa. A fronte di una naturale ridotta funzione di organi e apparati, intrinseca all’invecchiamento stesso, e che pone a rischio la paziente di un aumento di effetti tossici dovuti alla terapia, aumenta inoltre la probabilità di comorbilità e di conseguenti polifarmacoterapie. Le comorbilità possono influire nella decisione terapeutica in svariati modi: possono modificare l’andamento della neoplasia, possono interagire con il trattamento antineoplastico impattando sullo stato funzionale della paziente, possono rendere troppo rischiosa l’effettuazione del trattamento stesso o inficiarne comunque l’outcome e possono influire sull’aspettativa di vita, indipendentemente dal cancro.

Le polifamacoterapie espongono la paziente a rischio di interazioni con le terapie antineoplastiche e conseguente aumento di effetti tossici6. Nella gestione della paziente anziana, soprattutto in presenza di una neoplasia in stadio avanzato, diventa pertanto ancora più difficile acquisire un giusto atteggiamento tra un possibile overtreatment, che mette la paziente a rischio di ricevere trattamenti inutili e dannosi, e un undertreatment, che potrebbe metterla a rischio di non ricevere trattamenti potenzialmente utili. Chiave di una corretta gestione della strategia terapeutica diventa pertanto la valutazione multidimensionale geriatrica, che permette di discriminare tra una paziente anziana “fit” e una fragile. Diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo di un qualsiasi tipo di valutazione geriatrica è in grado di modificare la strategia terapeutica iniziale nel 28-40% dei casi, facendo optare nel 66% dei casi per terapie meno intensive, potenziando interventi complementari riguardanti lo stato nutrizionale, la gestione della polifarmacoterapia e del contorno sociale della paziente, e, infine facilitando il completamento della terapia e la riduzione delle tossicità7.

Un altro problema aperto in questo ambito è la pressoché sistematica esclusione delle pazienti anziane dai trial clinici. Ciò vale anche per lo studio ASCENT, in cui le pazienti con età superiore a 65 anni rappresentano il 20% del totale delle pazienti, percentuale che si riduce all’1,5% se si considerano le pazienti con più di 75 anni (solo 7 nel braccio di SG)7. Anche quando arruolate negli studi, le pazienti anziane risultano altamente selezionate, perché comunque più giovani e “più sane” rispetto alla reale popolazione, non rappresentando quindi totalmente la categoria.

Tornando al caso clinico oggetto di questo lavoro, la storia naturale ha avuto un andamento più che positivo, arrivando a triplicare il previsto outcome di sopravvivenza; ciò per una buona sensibilità dimostrata a tutte e quattro le linee di terapia effettuate e per una gestione terapeutica facilitata dall’ottimo performance status della paziente. In particolare, la prestazione ottenuta da SG, grazie anche all’attenta gestione della tossicità, che pure si è presentata, è stata ottimale, con un raddoppio della sopravvivenza libera da progressione rispetto a quella indicata dalla letteratura. La scelta di intraprendere il trattamento a dose ridotta, seppur non consigliata dalle linee guida di oncologia geriatrica, sembrerebbe non aver inficiato l’efficacia della terapia. È peraltro noto, da analisi delle pazienti trattate con SG nell’ambito dello studio ASCENT, che la riduzione della dose non ha comportato una riduzione della mPFS8. La scelta di utilizzare SG nella paziente in esame è stata infine avvalorata dai dati di efficacia e di tossicità riguardanti la popolazione delle pazienti con età superiore ai 65 anni arruolate nello studio ASCENT, che, pur numericamente inferiori, non hanno mostrato variazioni significative rispetto alla popolazione delle pazienti più giovani9. La tabella 1 mostra in dettaglio tali dati.




Conclusioni

Il caso clinico preso in esame risulta essere un esempio emblematico di come l’avvento dei nuovi farmaci, in questo caso l’anticorpo monoclonale farmaco coniugato SG, abbia iniziato a cambiare la storia naturale del TNBC in fase avanzata. Seppur non scevra da effetti collaterali, la cui gestione è affidata a precise linee guida, tale strategia terapeutica non deve essere negata alla paziente anziana, a patto che si effettui in precedenza una valutazione geriatrica e si opti per una gestione attenta e sollecita delle tossicità emergenti durante il trattamento.

Conflitto di interessi: l’autrice ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Gilead.

Bibliografia

1. Greco S, Fabbri N, Spaggiari R, et al.; Update on classic and novel approaches in metastatic triple-negative breast cancer treatment: a comprehensive review. Biomedicines 2023; 11: 1772.

2. Anders CK, Abramson V, Tan T, Dent R. The evolution of triple-negative breast cancer: from biology to novel therapeutics. 2016 ASCO Educational Book. asco.org/edbook: 34.

3. Bardia A, Hurvitz SA, Tolaney SM, et al. Sacituzumab govitecan in metastatic triple-negative breast cancer. N Engl J Med 2021; 384: 1529-41.

4. Spring LM, Nakajiama E, Hutchinson J, et al. Sacituzumab govitecan for metastatic triple-negative breast cancer: clinical overview and management of potential toxicities. Oncologist 2021; 26: 827-34.

5. Loibl S, Loirat D, Tolaney SM, et al. Health-related quality of life in the phase III ASCENT trial of sacituzumab govitecan versus standard chemotherapy in metastatic triple-negative breast cancer. European J Cancer 2023; 178: 23-33.

6. Linee Guida Tumori dell’Anziano. Associazione Italiana di Oncologia Medica. 2022.

7. Brain GC E. Optimizing oncologic care in older patients. Presentation at ESMO Congress 2023.

8. Kalinsky K, Oliveira M, Traina TA, et al. Outcomes in patients (pts) aged ≥65 years in the phase 3 ASCENT study of sacituzumab govitecan (SG) in metastatic triple-negative breast cancer (mTNBC). J Clin Oncol 2021; 39 (suppl 15): 1011a.

9. Rugo HS, Tolaney SM, Loirat D, et al. Impact of UGT1A1 status on the safety profile of sacituzumab govitecan in the phase 3 ASCENT study in patients with metastatic triple-negative breast cancer. Cancer Res 2021; 81: PS11-09a.