Recensioni.

“Curarsi con l’intelligenza artificiale”

di Domenico Ribatti




Il termine intelligenza artificiale (IA) definisce una branca dell’informatica impegnata nella progettazione di software capaci di fornire prestazioni che a un osservatore comune sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana. Negli ultimi anni l’IA sta determinando una vera e propria rivoluzione in campo medico-sanitario. Ce ne dà conto Daniele Caligiore, ricercatore del Cnr, in un saggio intitolato “Curarsi con l’intelligenza artificiale” pubblicato da Il Mulino. La IA può assistere il medico nella prevenzione e nel classificare e stratificare le condizioni del paziente (riducendo l’incertezza diagnostica); nel comprendere perché e come i pazienti sviluppano le malattie (riducendo l’incertezza fisiopatologica); nel considerare quale trattamento sarà più appropriato per loro (riducendo l’incertezza terapeutica); nel prevedere se si riprenderanno con o senza un trattamento specifico (riducendo l’incertezza prognostica e incremento della predizione della insorgenza o evoluzione delle patologie). Nella pratica clinica il suo impiego spazia dalla valutazione di radiografie, risonanze o Tac con il rilevamento precoce delle condizioni morbose, fino alla previsione degli esiti di malattia attraverso l’analisi delle cartelle cliniche elettroniche. Dopo aver istruito una macchina a interpretare le immagini ottenute tramite radiografie, ecografie, Tac, elettrocardiogrammi (Ecg) e gli esami provenienti dall’analisi di campioni biologici o istologici, è possibile identificare, con un buon grado di affidabilità, le diverse condizioni morbose. Basandosi sulle personali caratteristiche di ciascun paziente l’IA sviluppa anche piani di trattamento personalizzati e i suoi algoritmi possono ridurre l’errore umano, migliorando l’accuratezza diagnostica. Ne derivano iter sanitari migliori, più rapidi ed efficienti in grado di fornire cure ottimali ai diversi pazienti. L’impiego dell’IA nei trials clinici utilizza algoritmi di apprendimento automatico con cui si può prevedere il tasso di successo dei nuovi composti evitando sperimentazioni laboriose, lunghe e dispendiose. In sintesi, l’integrazione completa dell’IA nei sistemi sanitari promette di aumentare l’efficienza operativa e ridurre i costi, migliorare la capacità diagnostica, scoprire nuovi bersagli terapeutici e consentire trattamenti sempre più personalizzati. Negli ultimi anni, la ricerca medica ha compiuto passi avanti, in particolare nella direzione della cosiddetta “medicina di precisione”, che tiene conto delle caratteristiche molecolari del singolo paziente per poter offrire la migliore soluzione possibile. Questo concetto è valido lungo tutto il percorso di cura, dalla diagnosi fino alla scelta del trattamento e alla gestione degli effetti collaterali, e l’utilizzo dell’IA potrà sostenere e migliorare tale approccio. 

La medicina digitale non deve sostituire la medicina tradizionale, ma affiancarla, grazie ai nuovi canali comunicativi e alle nuove tecnologie. Sarà utile in quanto complementare per il medico, che potrà delegare alle macchine le operazioni sui dati e avere più tempo per prendere in carico i bisogni assistenziali dei pazienti. Ad oggi, si ritiene impossibile per i sistemi di IA avere responsabilità legale e, dunque, la responsabilità ricadrebbe comunque sul medico indipendentemente dal processo decisionale che lo ha condotto alla diagnosi.

“100 volte Scalfari”

di Stefano Cagliano




In apparenza, una storia italiana dei decenni scorsi “vista” da Eugenio Scalfari attraverso persone che raccontano la propria esperienza con lui. O perché hanno lavorato per lui, o hanno collaborato con la Repubblica o perché l’hanno conosciuto. Così, bussando alle porte di “Cominciò tutto così” o di “Gli anni di piombo” o di “Scuola di giornalismo”, attraverso questi titoli o altri analoghi, si possono raccogliere gli articoli sull’argomento. C’è un buco nero nel libro, però. Le 269 pagine hanno solo un riferimento vago a Tangentopoli e a Claudio Cavazza, scomparso quest’ultimo nel 2011, creatore dell’industria farmaceutica Sigma-Tau, di cui a pagina 109 non si ricorda bene chi fosse. Negli anni Ottanta-Novanta, il signore «possedeva circa il 5 per cento dell’Espresso, una quota che si rivelò cruciale per il controllo del Gruppo, del quale faceva parte il quotidiano la Repubblica»1. Ovvero, prima di Mani Pulite, un farmaco di nome carnitina, con risultati curativi modesti, si sarebbe rivelato un successo commerciale per la Sigma-Tau e avrebbe fatto sentire i suoi effetti “promozionali” anche in altri luoghi, dove di curativo c’era ben poco. Le cose cambiarono solo alla fine di un’inchiesta, quando Cavazza fu condannato a un anno e sei mesi, a risarcire sei miliardi di lire, ma alla fine patteggiò. E allora perché di tutto questo non c’è traccia nelle 269 pagine di 100 volte Scalfari, anche se si parla di scuola di giornalismo?

Bibliografia

1. Claudio Cavazza, che salvò Repubblica da Berlusconi. Blitzquotidiano 2011; 9 giugno.