Sacituzumab govitecan nel trattamento delle pazienti pluritrattate affette da tumore della mammella triplo negativo metastatico

Marta Perachino1,2,3, Matteo Lambertini1,2

1UO Clinica di Oncologia medica, Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Genova; 2Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche (DiMI), Scuola di Medicina e Chirurgia, Università di Genova; 3Medical Oncology Service, Vall d’Hebron University Hospital and Vall d’Hebron Institute of Oncology, Barcellona, Spagna.

Pervenuto su invito il 3 novembre 2024. Non sottoposto a revisione critica esterna alla redazione della rivista.

Introduzione

Il tumore mammario è il tipo di neoplasia più frequente nelle donne, rappresentando circa il 30% dei casi di cancro e costituendo la seconda causa di morte oncologica dopo il tumore ai polmoni1. Circa il 15-20% dei tumori della mammella presenta un fenotipo triplo negativo, ossia privo di recettori ormonali (<1%) e del recettore HER22,3. Questo tipo di tumore è stato a lungo difficile da trattare a causa delle limitate opzioni terapeutiche e del comportamento clinico più aggressivo.

Di recente, tuttavia, ci sono stati importanti progressi grazie all’introduzione dell’immunoterapia e degli anticorpi farmaco coniugati (ADC), efficaci sia nei tumori localizzati sia in quelli metastatici. Tra questi, il sacituzumab govitecan (SG), un ADC che unisce un anticorpo anti-Trop-2 al payload SN-38, è stato il primo ADC approvato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) nel 2022 per il trattamento del tumore mammario avanzato o metastatico, indicato per le pazienti che abbiano già ricevuto almeno due linee di terapia sistemica (di cui una per la malattia metastatica). L’approvazione si è basata sui risultati dello studio ASCENT4. Nello studio, che ha coinvolto 529 pazienti, SG ha mostrato un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS; hazard ratio - HR 0,41, intervallo di confidenza al 95%, 0,33-0,52; PFS mediana di 4,8 vs 1,7 mesi) e della sopravvivenza globale (OS; HR 0,51, IC 95%, 0,42-0,63; OS mediana di 11,8 vs 6,9 mesi) rispetto alla chemioterapia convenzionale5. Questi benefici erano evidenti in tutti i sottogruppi, compresi quelli che includevano le pazienti più anziane e pretrattate, le pazienti con metastasi epatiche e quelle che avevano ricevuto una precedente immunoterapia. Nelle pazienti che hanno ricevuto una terapia con SG, si è osservata una bassa incidenza di interruzioni correlate a eventi avversi (AE); gli AE clinicamente rilevanti, in particolare neutropenia e diarrea, sono stati gestiti secondo le linee guida consolidate.

In questo numero parleremo dell’impiego di SG per il trattamento delle pazienti pluritrattate con tumore mammario triplo negativo (TNBC) metastatico.

Un recente studio osservazionale retrospettivo ha incluso pazienti adulte con TNBC metastatico che hanno ricevuto SG in seconda linea e nelle linee successive, per valutarne efficacia e tollerabilità6. L’età mediana delle pazienti incluse era di 60 anni, il 40% delle pazienti aveva 65 anni o più e il 17% aveva un performance status ECOG ≥2. Inoltre, la popolazione era più eterogenea dal punto di vista razziale rispetto a quanto solitamente osservato negli studi clinici registrativi per il tumore della mammella. In questo studio, infatti, il 26% delle pazienti era di colore, una popolazione spesso sottorappresentata negli studi clinici, nonostante il fatto che l’incidenza del TNBC sia circa doppia nelle donne di colore (21%) rispetto alle donne bianche (10%) negli Stati Uniti7. Nello studio registrativo, l’età mediana era inferiore (54 anni), l’80% delle partecipanti era costituito da donne bianche e il 12% di colore, e solo pazienti con un ECOG performance status ≤1 erano eleggibili4. Le caratteristiche delle pazienti incluse in questo studio real-word rispecchiano quelle di altre pazienti inserite in studi analoghi in Italia, Francia e Germania, tendendo ad avere un performance status più basso e una maggiore frequenza di metastasi viscerali e del sistema nervoso centrale rispetto a quelle arruolate negli studi clinici8-10. Nonostante le diverse caratteristiche delle pazienti inserite negli studi “real-world” rispetto a quelle dello studio registrativo, il profilo di efficacia del farmaco si è confermato anche in questa popolazione di pazienti.

Per quanto riguarda la tossicità negli studi “real-world”, questa è stata gestita prevalentemente attraverso riduzioni di dose (26% delle pazienti nello studio americano)6 mentre per la neutropenia è stato impiegato il G-CSF. Gli altri AE di interesse osservati nello studio registrativo (diarrea e alopecia, ad esempio) si sono generalmente verificati in una percentuale inferiore di pazienti nello studio “real-world” americano, il che probabilmente riflette la nota sotto-segnalazione degli AE in questo tipo di studi, in particolare quelli retrospettivi.

Casi clinici

In questo numero, vengono presentati tre casi clinici che evidenziano il profilo di efficacia di SG in pazienti affette da TNBC pluritrattato.

Il primo caso (Arrivas Bajardi)11 riguarda la storia clinica di una paziente diagnosticata all’età di 53 anni con un tumore mammario bifocale con estensione linfonodale ascellare omolaterale e istotipo triplo negativo, Ki67 30%. La paziente veniva candidata dapprima a chemioterapia neoadiuvante secondo schema epirubicina-ciclofosfamide trisettimanali seguiti da paclitaxel per 12 cicli. Nel corso del trattamento, la paziente presentava tossicità midollare con frequenti neutropenie di grado 2 e grado 3. Successivamente, la paziente veniva sottoposta a intervento chirurgico di quadrantectomia e sampling ascellare. L’esame istologico rivelò la presenza di residuo di carcinoma non special type plurifocale (12 mm + 5 mm) G2, negatività per i recettori ormonali, Ki67 15% HER2 0, stadio patologico pT1c pN1a (1/4). La paziente veniva quindi avviata a dissezione ascellare con esito istologico di multipli focolai di localizzazione neoplastica in almeno 5 linfonodi. A fronte della negatività per la presenza di sindromi ereditarie e mancato raggiungimento della risposta patologica completa, è stata proposta una terapia post-neoadiuvante con capecitabina per 6 cicli. A gennaio 2023, la paziente presentò una recidiva locale di malattia a livello cutaneo, che veniva asportata con biopsia escissionale, rivelando un’infiltrazione dermo-epidermica di carcinoma, fenotipo triplo negativo Ki67 35%. Non presentando la paziente localizzazioni di malattia a distanza, è stata eseguita solo la radioterapia loco-regionale in sede linfonodale ascellare, senza trattamento sistemico. Dopo un intervallo libero da malattia di 4 mesi, comparivano nuove localizzazioni di malattia in sede cutanea pericicatriziale, asportate anch’esse con biopsia escissionale e conferma del fenotipo triplo negativo, PD-L1 con metodo Ventana <1%. La paziente veniva sottoposta a elettrochemioterapia con bleomicina e avvio di terapia sistemica secondo schema carboplatino AUC 5 + gemcitabina 1,8 q21. Tuttavia, 5 mesi dopo, si è osservata un’ulteriore progressione a livello cutaneo, per cui si decideva di avviare terapia con SG. La paziente ha tollerato discretamente il trattamento; i principali AE sono stati nausea, che ha richiesto adeguamento della premedicazione antiemetica, tossicità gastrointestinale e tossicità midollare (con neutropenia febbrile), che ha richiesto il ricovero ospedaliero. Con una riduzione di dose al primo livello, la paziente ha potuto proseguire il trattamento ottenendo una buona risposta clinica.

Il secondo caso (Iezzi)12 è relativo a una paziente di 66 anni, diagnosticata con tumore mammario non speciale G3, istotipo Luminal-B like, operata upfront con stadiazione patologica pT1c pN0, ER 80% PgR 50% Ki67 40% HER2 2+ FISH non amplificata. Tuttavia, la stadiazione post-chirurgica dimostrava la presenza di secondarismi epatici sincroni, per cui la paziente avviava una prima linea sistemica con paclitaxel in associazione a bevacizumab, ottenendo una risposta parziale. Successivamente, a causa di ototossicità, la paziente ha proseguito un trattamento di mantenimento con bevacizumab associato a letrozolo. Al momento della progressione epatica di malattia, la paziente è stata sottoposta a nuova bio­psia che ha rivelato una differenziazione della malattia verso un fenotipo triplo-negativo. È stata quindi consigliata capecitabina, proseguita per circa 3 anni (durante tale periodo la paziente è anche stata sottoposta a intervento di epatectomia). A seguito di nuova progressione epatica, la paziente ha quindi ricevuto ulteriori linee di terapia con nab-paclitaxel, poi antraciclina, gemcitabina, e infine eribulina. Ad agosto 2022, a seguito dell’approvazione da parte degli enti regolatori, veniva prescritto SG, con il quale la paziente ha potuto ottenere una risposta parziale di malattia già a partire dal terzo ciclo e successiva risposta metabolica completa. La paziente ha proseguito il trattamento per 19 cicli totali con leuco-neutropenia (risolta con impiego di G-CSF), alopecia, calo del visus e disgeusia tra le principali tossicità.

L’ultimo caso (Morritti)13 è relativo a una giovane paziente di 40 anni, indice di massa corporea (BMI) 40, con diagnosi di TNBC localmente avanzato, trattato con chemioterapia neoadiuvante secondo schema epirubicina-ciclofosfamide per 4 cicli seguiti da paclitaxel settimanale per 12 cicli. Al termine del trattamento, la rivalutazione strumentale dimostrava progressione locale con infiltrazione delle strutture della parete toracica. La paziente veniva sottoposta a test genetico che è risultato negativo per varianti patogenetiche ai geni BRCA 1 e 2 e valutata per l’espressione di PD-L1 sul tumore primario, risultato negativo secondo il metodo Ventana. Veniva quindi avviata chemioterapia con carboplatino e gemcitabina di prima linea. In seguito a nuova progressione locale e a distanza per localizzazioni epatiche e polmonari, la paziente è stata sottoposta a chirurgia radicale con mastectomia ed esito istologico di carcinoma duttale infiltrante G3, infiltrante il derma cutaneo e muscolare ypT3 ypN1 ER 0% PgR 0% Ki67 90% HER2 negativo. Successivamente eseguiva radioterapia e trattamento sistemico con capecitabina. Dopo un’iniziale risposta, la paziente progrediva ulteriormente in sede locale, per cui veniva candidata a terapia con SG, al dosaggio adeguato per il suo BMI. La paziente ha discretamente tollerato il trattamento se non per un episodio di neutropenia G4 ed episodi di diarrea G1, ottenendo una risposta parziale di malattia.

Conclusioni

I casi clinici hanno mostrato come anche pazienti pluritrattate e meno selezionate rispetto a quelle normalmente incluse negli studi clinici possano giovarsi del trattamento con SG.

Conflitto di interessi: MP non riporta alcun conflitto d’interessi. ML riporta advisory role per Roche, Lilly, Novartis, AstraZeneca, Pfizer, Seagen, Gilead, MSD, Menarini ed Exact Sciences; speaker honoraria da Roche, Lilly, Novartis, Pfizer, Sandoz, Libbs, Daiichi Sankyo, Knight, Menarini e Takeda; travel grant da Gilead, Daiichi Sankyo e Roche; research support (al suo Istituto) da Gilead; ha inoltre percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Gilead.

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