Luciano Gattinoni:
medico, scienziato, innovatore, maestro




Il professor Luciano Gattinoni è deceduto il 2 dicembre 2024 in Germania, all’età di 79 anni.

Lì, presso l’Università di Göttingen, egli lavorava dal 2016 come guest professor dopo aver ricoperto i ruoli di professore ordinario di Anestesia e Rianimazione alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Milano dal 1990, poi di direttore del Dipartimento di Fisiopatologia e Trapiantologia della stessa università dal 2012 al 2014.

Tra i suoi incarichi figurano la presidenza (1988-1990) della Società Europea di Medicina Intensiva (ESICM) e quella (2006-2009) della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI). Numerosi i suoi riconoscimenti scientifici internazionali (Lifetime Achievement Awards da istituzioni europee e americane), oltre al titolo di Commendatore della Repubblica ricevuto nel 1992.

Il professor Gattinoni è stato però, prima di tutto, un medico ricercatore di rara intelligenza scientifica.

Le sue ricerche – i cui risultati sono stati pubblicati in più di 600 articoli su riviste di prestigio internazionale – hanno fornito ai medici intensivisti, negli ultimi trenta anni, nuovi approcci teorici alla comprensione dei meccanismi patogenetici dell’insufficienza respiratoria. I concetti di “baby lung”, “atelettasia da compressione”, reclutamento alveolare e uso della posizione prona, stress e strain, baro- e volotrauma derivati dai suoi studi basati sull’analisi quantitativa tramite CT-scan, hanno letteralmente rivoluzionato le strategie di ventilazione meccanica in corso di distress respiratorio dell’adulto (ARDS), contribuendo a ridurre sensibilmente la mortalità, prima elevatissima, correlata a questa sindrome. La rimozione della CO2 con tecnica extracorporea (ECMO) – un altro suo ambito di ricerca – assieme alla ventilazione meccanica con il paziente posizione prona, ha permesso di salvare molte vite durante la pandemia da SARS-CoV-2.

Tutto questo, e molto altro ancora di cui il professor Gattinoni si è occupato nella sua carriera di ricercatore, ha profondamente modificato la cultura medica e, per conseguenza, la pratica clinica nelle Unità di Cure Intensive, rendendolo un riferimento culturale per tutti i professionisti sanitari che ovunque nel mondo in quei reparti operano.

Mitchell Levy, direttore della Divisione di medicina respiratoria e intensiva alla Brown University, di lui ebbe a dire: «Quando Luciano parla in una sessione congressuale tutti si fermano ad ascoltare perché sanno che impareranno qualcosa».

Luciano Gattinoni era però anche un maestro, convinto dell’importanza dell’insegnamento e della necessità di far crescere le nuove generazioni di medici responsabilizzandole.

Nella sua relazione inaugurale al LXI congresso nazionale SIAARTI del 2007, affermò: «Le nostre società scientifiche presentano un problema non indifferente rappresentato dall’età media di chi occupa i posti direttivi, incluso chi scrive; a questi posti noi siamo arrivati già vecchi, più come premio alla carriera che come speranze di cambiamento e di progresso. Questo processo va interrotto. Nelle società scientifiche europee i posti direttivi sono generalmente occupati dalla generazione fra i 35 e 45 anni. Non è questione di esperienza, ma di energia e di capacità di dedicarsi, tipico delle età più giovani. Io credo che si debba fare uno sforzo complessivo di ringiovanimento».

In linea con questa attenzione alle nuove generazioni di medici, nel suo soggiorno all’Università di Göttingen aveva fondato “la Colonia”, un gruppo di ricerca formato in prevalenza da giovani ricercatori italiani e tedeschi.

Luciano Gattinoni non amava però solo la scienza; era interessato a ogni attività intellettuale, alla letteratura, all’arte e alla musica che coltivava con tre suoi compagni di scuola del liceo classico Carducci di Milano con i quali aveva fondato il gruppo “Mnogaja Leta Quartet” (il Quartetto degli Anni Felici), in cui suonava il pianoforte e il clavicembalo, e con cui ha pubblicato, in 57 anni di percorso musicale, numerosi LP e CD di musica popolare milanese, blues, gospel e spiritual.

Luciano Gattinoni era dunque un uomo di grande intelletto ma anche di grande umanità.

Ho avuto personalmente l’occasione di conoscerlo quando era presidente della SIAARTI e io coordinatore del gruppo di studio di bioetica della stessa società.

Mi telefonò la mattina in cui si seppe che il dott. Mario Riccio aveva accompagnato Piergiorgio Welby assecondandone la volontà di concludere la sua vita.

Ero al lavoro, un infermiere mi venne a chiamare per dirmi che mi voleva al telefono il prof. Gattinoni.

Si rivolse a me come se ci fossimo conosciuti da tempo.

– Ciao, sono Luciano Gattinoni, hai saputo di Mario Riccio e Piergiorgio Welby? Cosa pensi sia meglio fare?

– Credo sia necessario un comunicato. Mario è uno di noi anche se non lo conosco personalmente, risposi.

– Neanche io, però è vero che è un anestesista-rianimatore, disse lui.

– Come società scientifica non possiamo tacere, aggiunsi.

– Scrivi allora, non più di dieci righe, poi mandamele.

Il giorno dopo il comunicato era ufficiale. E così, in tempo reale e senza indugi, SIAARTI entrò pubblicamente nella questione del fine vita.

Da allora ci sentimmo altre volte.

Pur essendo un vero “mostro sacro” aveva l’umiltà di chiedere quando sapeva di non sapere (soleva dire: “ofelé fa el to mesté”, “pasticcere fa il tuo mestiere” in dialetto milanese) e il tono sincero e onesto che usava ponendo le domande faceva capire che avrebbe tenuto in considerazione la risposta.

Quando nel 2009 il “caso Englaro” esplose sui media mi chiamò per informarsi sugli stati vegetativi.

Gli esposi il mio punto di vista che era fondato, gli dissi, su una serie di articoli di cui uno in particolare, pubblicato sul NEJM, riportava i conclusivi risultati di una consensus conference sul tema e glielo inviai. Aggiunsi che come società scientifica, in un periodo di forti tensioni ideali, avevamo il compito di tenere tutti i colleghi uniti e che l’unico modo per farlo era di fondare le nostre posizioni sulle evidenze scientifiche.

Non mancò di esprimere il suo apprezzamento per il taglio che avevo dato alla questione evitando le argomentazioni ideologiche. E io sentii che ero in dialogo prima di tutto con un gentiluomo realmente interessato al tema, non certo agli equilibrismi del potere.

Aveva questo modo signorile di intendere il lavoro intellettuale rendendone allo stesso tempo la nobiltà e l’utilità. E sentivi che per lui il confronto era tra pari.

Con Luciano Gattinoni non muore solo una figura di ricercatore che continuerà a illuminare il cammino faticoso e a volte doloroso, come il Covid ha insegnato, della nostra disciplina, ma anche un esponente di spicco di tutta la medicina italiana.

Le condoglianze di tutta la rivista Recenti Progressi in Medicina, dell’editore Luca De Fiore e mie personali vanno ai familiari del professor Luciano Gattinoni, ai suoi colleghi giovani e meno giovani, a tutti coloro che hanno avuto la buona sorte di incontrarlo.

La sua perdita è profondamente sentita, ma non meno lo è quella della compagna Federica Romitti, che con lui lavorava nel Gruppo di ricerca “la Colonia” e che è andata via insieme a lui nello stesso giorno.

Roma, 4 dicembre 2024.

Giuseppe R. Gristina

medico anestesista-rianimatore