Linfoma diffuso a grandi cellule in terza linea (e oltre)

Alessandro Broccoli1,2, Pier Luigi Zinzani1,2

1Irccs Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli”, Bologna; 2Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche, Università di Bologna.

Pervenuto il 7 gennaio 2025. Non sottoposto a revisione critica esterna alla redazione della rivista.

Introduzione

La prima serie di quattro casi clinici sul linfoma diffuso a grandi cellule pubblicata sul numero di gennaio di Recenti Progressi in Medicina prende in esame l’utilizzo della terapia con cellule T a recettore chimerico (chimeric antigen receptor T-cells - CAR-T) in pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule (compresi i casi di linfoma trasformato da pregresso linfoma indolente) come trattamento di salvataggio a partire dalla terza linea. Questa rappresenta la prima indicazione per la quale i CAR-T sono entrati in commercio sul territorio nazionale. Come noto, è attualmente possibile avviare a trattamento con CAR-T anche i pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule come primo salvataggio, posto che la malattia ematologica abbia dimostrato una condizione di refrattarietà alla prima linea immunochemioterapica o si sia ripresentata entro il volgere di 12 mesi.

Allo stato attuale, sono disponibili in commercio tre costrutti CAR-T funzionali al trattamento dei pazienti con linfoma a grandi cellule B, refrattario o recidivante, utilizzabili a partire dalla terza linea: axicabtagene ciloleucel (axi-cel), tisagenlecleucel (tisa-cel), lisocabtagene maraleucel (liso-cel). La scelta del miglior costrutto cellulare non può basarsi su criteri univocamente determinati, considerata la mancanza di studi clinici che permettano un confronto diretto tra prodotti differenti. Peraltro, sebbene sia necessario interpretare con molta cautela i risultati degli studi clinici in termini comparativi, data la differenza sia nelle caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati sia nei criteri adoperati per identificare la severità degli eventi avversi, sulla base di studi retrospettivi di pratica clinica quotidiana1-3 sembra emergere un più favorevole profilo di tossicità di tisa-cel rispetto ad axi-cel e liso-cel, a fronte peraltro di una mortalità non correlata a progressione non significativamente differente (tabella 1).




Per questo motivo, è ragionevole ipotizzare l’utilizzo di tisa-cel o liso-cel in pazienti che presentano un contesto clinico in termini di comorbilità maggiormente impegnativo, riservando axi-cel ai pazienti privi di significative e importanti patologie concomitanti, in considerazione del dato di efficacia inteso come percentuale di risposta completa metabolica, supportato dai dati di durata della risposta e progressione libera da malattia che sono veramente importanti, tenendo conto della tipologia di questi pazienti. Sulla base di tale osservazione, è possibile concludere che l’età del paziente, come parametro a sé stante, non rappresenta un significativo limite all’utilizzo della terapia CAR-T, e che pazienti più anziani con comorbilità possono essere comunque considerati valutabili per un programma terapeutico di questo tipo. Rimane peraltro valido il concetto che, in pazienti severamente debilitati e con funzioni d’organo particolarmente compromesse (­performance status >2; clearance della creatinina <30 mL/min; depressione della funzione contrattile del miocardio con frazione di eiezione <40%; ipertansaminasemia >5 volte il limite superiore o iperbilirubinemia >3 volte il limite superiore), il percorso CAR-T risulti di fatto controindicato.

Questioni aperte

Rimangono attualmente aperte diverse problematiche inerenti alla gestione dei pazienti candidabili a terapia CAR-T, che fanno riferimento a:

un’adeguata selezione del paziente pre-trattamento, in termini di indicazioni, valutazione delle comorbilità, del performance status e dei potenziali fattori di rischio che possano correlare con un peggiore risultato al termine del percorso (taglia di malattia, stato di malattia al trattamento, contesto iperinfiammatorio di accompagnamento);

l’impostazione di una terapia di controllo della taglia di malattia, prima della linfocitoaferesi (holding therapy) o come “ponte” in attesa della reinfusione (bridging therapy), che all’efficacia assommi una tossicità contenuta (tale cioè da non pregiudicare la successiva reinfusione) e non abbia un impatto negativo sulla possibilità di addivenire a un’adeguata raccolta dei linfociti autologhi necessari all’ingegnerizzazione;

il corretto controllo delle tempistiche di trattamento, considerata l’obbligatoria e necessaria attesa tra il momento della linfocitoaferesi e l’inizio della terapia linfodepletante pre-infusione dettata dalle tempistiche di manifattura del prodotto cellulare;

l’ottimizzazione del supporto terapeutico del paziente in citopenia post-reinfusione nel corso del ricovero (complicanze precoci, quali la sindrome da rilascio di citochine, la tossicità neurologica, le infezioni intercorrenti), nell’immediato post-ricovero (al persistere della citopenia) e nel lungo termine a recupero avvenuto.

Casi clinici

I casi clinici che vengono presentati hanno lo scopo di mettere in luce, dal punto di vista pratico, alcune delle problematiche che sono state più sopra ricordate, con finalità squisitamente gestionali in quanto propongono utili chiavi di lettura allo scopo di risolvere il problema clinico in questione4-7.

1. Interpretazione e identificazione della pseudo-progressione di malattia4. La pseudo-progressione è una complicanza probabilmente sottostimata del trattamento con CAR-T, potenzialmente sovrapponibile – in termini di presentazione obiettiva, radiologica e funzionale – a una vera e propria progressione di malattia, per questo motivo possibile fonte di modifiche non necessarie al percorso globale di trattamento del paziente. A tale scopo, giova ricordare la presenza di criteri di risposta formulati ad hoc, che aiutano nell’interpretazione e nella risoluzione dei dubbi che possono emergere in presenza di un aumento di dimensioni o captazione in Pet a carico di sedi di malattia (o sedi diverse da quelle precedentemente interessate) come conseguenza di un processo infiammatorio sostenuto dall’azione delle cellule CAR-T stesse8.

2. Riconoscimento e gestione della citopenia post-terapia5. Trattasi di una delle tossicità maggiormente caratteristiche, in grado di svilupparsi sia nel breve sia nel lungo termine, fortemente associata all’aumentato rischio infettivo e alla morbilità in genere. L’esperienza maturata sul campo ha permesso di mettere in evidenza parametri utili alla profilazione del rischio di citopenia, formalizzando in maniera specifica un punteggio di rischio dedicato, il modello CAR-HEMATOTOX9. Giova ricordare che questo modello non è predittivo dell’incidenza di sindrome da rilascio di citochine o di tossicità neurologica; tuttavia, punteggi più alti si associano a peggiori esiti al trattamento CAR-T e a più prolungate ospedalizzazioni.

3. Adeguata impostazione delle terapie “ponte6. Hanno lo scopo di sfruttare la massima efficacia – in tempi il più possibile ridotti – nei confronti di malattie in rapida espansione, a fronte del contenimento degli eventi avversi ematologici ed extraematologici. Nella fattispecie, verrà discusso l’utilizzo di un trattamento con rituximab e polatuzumab vedotin (± bendamustina), una combinazione di per sé approvata nel paziente con linfoma a grandi cellule a partire dalla seconda linea. La possibile omissione della bendamustina non riduce le chances di efficacia del trattamento nel suo complesso, permettendo tuttavia di contenere l’impatto tossico, la citopenia conseguente e l’incidenza di infezioni10.

4. Ottimizzazione dei tempi di trattamento e adeguato confronto tra i centri ematologici a cui afferisce il paziente7. Trattasi di un aspetto di fondamentale importanza, specialmente in relazione al fatto che – in ragione delle indicazioni al trattamento con cellule CAR-T – nella maggior parte dei casi ci si trova a fronteggiare malattie aggressive, in rapida espansione, clinicamente sintomatiche e difficili da controllare. In tal senso, risulta essenziale, come già ricordato, utilizzare in maniera opportuna sia i trattamenti pre-linfocitoaferesi, sia le terapie “ponte”, mantenendo un costante contatto – se non altro sul piano informativo – tra il centro a cui inizialmente afferisce il paziente (il più delle volte incaricato dell’impostazione ed erogazione della terapia holding e bridging) e il centro hub in cui verrà effettivamente portato avanti il resto del programma.

Conflitto di interessi: gli autori hanno percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: l’open access del documento è stato reso possibile grazie al contributo non condizionante di Gilead.

Bibliografia

1. Kwon M, Iacoboni G, Reguera JL, et al. Axicabtagene ciloleucel compared to tisagenlecleucel for the treatment of aggressive B-cell lymphoma. Haematologica 2023; 108: 110-21.

2. Bachy E, Le Gouill S, Di Blasi R, et al. A real-world comparison of tisagenlecleucel and axicabtagene ciloleucel CAR T cells in relapsed or refractory diffuse large B cell lymphoma. Nat Med 2022; 28: 2145-54.

3. Riedell PA, Hwang WT, Nastoupil LJ, et al. Patterns of use, outcomes, and resource utilization among recipients of commercial axicabtagene ciloleucel and tisagenlecleucel for relapsed/refractory aggressive B cell lymphomas. Transplant Cell Ther 2022; 28: 669-76.

4. Cutini I. La pseudoprogressione post CAR-T: amico o nemico? Recenti Prog Med 2025; 116: e4-e7.

5. Galli E. Citotossicità prolungata dopo CAR-T in una paziente fortemente pretrattata con chemioterapia. Recenti Prog Med 2025; 116: e8-e11.

6. Ghiggi C. La terapia CAR-T nel paziente anziano con linfoma B diffuso a grandi cellule ricaduto/refrattario. Caso clinico dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova. Recenti Prog Med 2025; 116: e12-e14.

7. Tisi MC. Paziente affetto da linfoma B diffuso a grandi cellule: un buon esempio di network nella cura. Recenti Prog Med 2025; 116: e15-e19.

8. Cheson BD, Ansell S, Schwartz L, et al. Refinement of the Lugano Classification lymphoma response criteria in the era of immunomodulatory therapy. Blood 2016; 128: 2489-96.

9. Rejeski K, Perez A, Sesques P, et al. CAR-HEMATOTOX: a model for CAR T-cell-related hematologic toxicity in relapsed/refractory large B-cell lymphoma. Blood 2021; 138: 2499-513.

10. Argnani L, Broccoli A, Pellegrini C, et al. Real-world outcomes of relapsed/refractory diffuse large B-cell lymphoma treated with polatuzumab vedotin-based therapy. Hemasphere 2022; 6: e798.