Citotossicità prolungata dopo CAR-T in una paziente fortemente pretrattata con chemioterapia

Eugenio Galli1

1Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs, Dipartimento di Scienze di Laboratorio ed Ematologiche, Roma.

Pervenuto il 13 settembre 2024. Accettato il 18 ottobre 2024.

Riassunto. A una giovane donna di 28 anni viene diagnosticato un linfoma diffuso a grandi cellule B (diffuse large B-cell lymphoma - DLBCL) triplo espressore ad alto rischio (stadio IV, IPI 4, CNS-IPI 5), con localizzazioni linfonodali ed extranodali. La donna veniva sottoposta a una prima linea con R-CHOP, con una discreta risposta ma residua captazione mediastinica. Seguiva una seconda linea basata su derivati del platino con progetto trapiantologico, ottenendo una stabilità di malattia: la paziente veniva quindi considerata refrattaria e veniva iniziata a terapia in terza linea con cellule T del recettore chimerico dell’antigene (chimeric antigen receptor T-cells - CAR-T) (ricevendo ulteriore chemioterapia come terapia di bridge). La terapia CAR-T veniva ben tollerata ma veniva complicata da una citopenia persistente tardiva di grado 4 per oltre 2 anni dal trattamento, con risposta completa e persistente del linfoma. L’esposizione ripetuta a chemioterapia può predisporre a sviluppare tossicità acute e croniche, tra cui le citopenie dopo CAR-T. Se trattata nel 2024, la paziente sarebbe stata valutata per accesso precoce a terapia CAR-T, permettendo di ridurre il rischio di tossicità con risultati attesi migliori in termini di sopravvivenza libera da eventi rispetto alla terapia convenzionale.

Parole chiave. Accesso precoce, CAR-T, citopenia, tossicità.

Prolonged cytopenia following third-line CAR-T therapy in a heavily chemotherapy-pretreated patient.

Summary. A 28-year-old woman was diagnosed with high-risk triple-expressor diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL) (stage IV, IPI 4, CNS-IPI 5), with lymph node and extranodal involvement. The patient underwent first-line R-CHOP treatment, achieving a partial response with residual mediastinal uptake. A second-line platinum-based therapy with a transplant plan followed, resulting in stable disease; thus, she was considered refractory and started third-line therapy with CAR-T cells, receiving additional chemotherapy as bridging therapy. CAR-T treatment was well tolerated but complicated by late, persistent grade 4 cytopenia for over 2 years post-treatment, with complete and lasting lymphoma remission. Repeated chemotherapy exposure may predispose to acute and chronic toxicities, including cytopenia after CAR-T. If evaluated in 2024, the patient would have been considered for early access to CAR-T therapy, potentially reducing toxicity risks and improving event-free survival compared to conventional therapy.

Key words. CAR-T, cytotoxicity, early access, toxicities.

Introduzione

La terapia a cellule T del recettore chimerico dell’antigene (chimeric antigen receptor T-cells - CAR-T) ha radicalmente cambiato l’algoritmo terapeutico di molte neoplasie ematologiche aggressive derivate dalle cellule B, come i linfomi aggressivi B, le leucemie linfoblastiche acute B e il mieloma multiplo.

In particolare, dal 2017 in poi, evidenze sperimentali sempre più consolidate hanno definito il ruolo di terapie con CAR-T di seconda generazione dirette contro l’antigene CD19 nei linfomi diffusi a grandi cellule B (diffuse large B-cell lymphoma - DLBCL), inizialmente approvate con indicazione dalla terza linea e quindi, in seguito ai trial ZUMA-7 (axicabtagene-ciloleucel) e TRANSFORM (lisocabtagene-maraleucel), in seconda linea1,2.

L’accesso al farmaco axicabtagene-ciloleucel è a oggi indicato per pazienti con DLBCL refrattari o recidivati entro 12 mesi, e sono in corso in Italia strutturazioni di reti multicentriche per favorire un accesso uniforme alla terapia.

Caso clinico

Viene qui descritto il caso di una giovane donna di 25 anni affetta da DLBCL triplo espressore (BCL2+, BCL6+ e MYC+), di stadio avanzato (stadio IVB), con indici prognostici di alto rischio (IPI 4, CNS-IPI 5). Alla diagnosi, esordita con dolori addominali e sindrome della vena cava superiore, la presentazione del linfoma interessava multiple sedi linfonodali sovra e sottodiaframmatiche, e multiple localizzazioni extranodali a livello osseo, renale, epatico e polmonare.

La paziente veniva trattata in prima linea con 6 cicli di chemio-immunoterapia secondo schema R-CHOP, ricevendo al contempo profilassi al sistema nervoso centrale con somministrazioni di metotrexato intratecale.

Alla valutazione Pet-TC di fine terapia, la paziente presentava una buona risposta sulle sedi extranodali di malattia e sulla maggior parte delle sedi linfonodali, con una residua captazione superiore al fondo epatico a livello prevascolare paramediano di sinistra, circostante la cava superiore e l’atrio destro. In considerazione dell’aggressività biologica e dell’alto rischio prognostico, la risposta veniva collegialmente considerata insufficiente (malattia refrattaria) e la paziente veniva candidata a terapia di salvataggio con chemioterapia con antracicline, carboplatino e citarabina, con proposta di eventuale trapianto autologo in caso di risposta completa. La paziente riceveva un totale di 2 cicli di terapia di salvataggio.

Alla rivalutazione dopo la terapia di salvataggio, la Pet-TC evidenziava una riduzione dimensionale di alcuni linfonodi con aumentata attività metabolica di una precedente localizzazione polmonare. Definita la refrattarietà, la paziente veniva quindi candidata a terapia CAR-T in terza linea. Una volta eseguita con successo la linfocitoaferesi, veniva proposta una ulteriore chemioterapia di bridge basata su etoposide, citarabina e alchilanti, ottenendo una stabilità dimensionale dei reperti patologici.

Completata la fase di manifattura, la paziente veniva ricoverata per infusione di terapia CAR-T.

Al momento dell’ospedalizzazione, la paziente presentava conte ematiche nei limiti, a eccezione di una neutropenia di grado 2. La terapia CAR-T veniva globalmente ben tollerata, senza insorgenza di neurotossicità, e con lo sviluppo di una sindrome da rilascio citochinico (CRS) di grado 2 per cui si rendeva necessaria la somministrazione di una dose di tocilizumab.

Durante la degenza, la paziente sviluppava una piastrinopenia di grado 1 (nadir 79x10^3/microL), una anemia di grado 3 (nadir 8,2 g/dL) e una neutropenia di grado 4 (nadir 90/microL). Da un punto di vista sierologico, durante la CRS si evidenziava un fenomeno infiammatorio con elevazione di proteina C reattiva (zenit 155 mg/mL), IL-6 (zenit 55,6 ng/L), ferritina (zenit 402 ng/mL).

La paziente veniva dimessa in undicesima giornata con conte ematiche discrete (anemia G2, trombocitopenia G1, neutropenia G2).

Alle rivalutazioni Pet-TC di malattia eseguite a 1, 3 e 6 mesi dopo la terapia CAR-T, e successivamente durante il follow-up clinico e radiologico semestrale, veniva riscontrata una graduale riduzione dimensionale e metabolica del residuo linfomatoso mediastinico, fino a completa negativizzazione: la paziente presenta attualmente una sopravvivenza libera da progressione di 41 mesi.

Contemporaneamente, dopo un iniziale recupero, a partire dal giorno 30 si assisteva a un decremento delle conte ematiche su sangue periferico, con uno sviluppo di importanti citopenie trilineari perduranti nei successivi mesi. Tali citopenie hanno raggiunto un nadir di 48x10^3 PLTs/microL a 2 mesi dalle CAR-T e 140 polimorfonucleati neutrofili/microL a 3 mesi dalle CAR-T, con una emoglobina mai inferiore a 10 g/dL. Dopo una iniziale osservazione e l’esclusione delle principali cause virali (CMV, Parvovirus, EBV) e carenziali, la paziente veniva sottoposta ad ago aspirato midollare a 3 mesi dalle CAR-T. L’esame evidenziava un midollo ipoplasico, senza evidenza di displasia, né di emofagocitosi attiva. La paziente non sviluppava sindrome emorragica né infezioni rilevanti. Dopo una osservazione di alcuni mesi, con citopenie mai risolte, si assisteva infine a una risoluzione spontanea delle medesime soltanto a 36 mesi dall’infusione delle CAR-T (figura 1).




Discussione

La citopenia dopo le CAR-T ha una tipica incidenza bifasica ed è ormai conoscenza assoldata nell’ambito delle terapie cellulari3,4. Dal punto di vista di nomenclatura, sono stati fatti alcuni sforzi per omologare la classificazione di questo fenomeno, fino al raggiungimento di un consenso che ha identificato la tossicità ematologica associata a trattamento con immunoterapia cellulare (ICAHT). Per rispecchiare la bifasicità del fenomeno, l’ICAHT viene suddivisa in una fase precoce, entro i 30 giorni, e una tardiva. La peculiarità dell’ICAHT è il fatto di considerare esclusivamente la neutropenia come rappresentativa di tutte le citopenie, e pertanto come unico determinante della gravità (da 0 a 4). Riclassificata a posteriori, si può dire che la nostra paziente abbia ha sofferto di una ICAHT precoce e tardiva entrambe di grado 4.

La patogenesi dell’ICAHT non è completamente definita, ma coinvolge certamente il fenomeno iperinfiammatorio che accompagna la fase acuta del trattamento con CAR-T. Tale fenomeno può danneggiare la nicchia ematopoietica e generare un recupero ematologico difettoso. Le interleuchine 1 e 6, il TNF e l’interferon-gamma sono coinvolti in questi meccanismi5. La gestione delle ICAHT dipende certamente dalla severità e si concentra soprattutto su terapie di supporto, fattori di crescita (EPO, GCSF), ed eccezionalmente può contemplare boost di cellule staminali o steroidi a basso dosaggio6-9.

Al fine di identificare i pazienti a rischio di sviluppare ICAHT, alcuni gruppi si sono concentrati nell’identificarne i fattori prognostici predittivi. Fra tutti, i maggiori fattori implicati riguardano il numero di trattamenti pregressi, una funzione ematologica già compromessa al momento dell’infusione di CAR-T e un substrato infiammatorio preesistente. Questi ultimi due generi di fattori sono stati inclusi in uno score (CAR-HEMATOTOX) in grado di predire con buona accuratezza lo sviluppo di citopenie dopo CAR-T3,10-12.

Valutata a posteriori, la paziente oggetto della descrizione avrebbe avuto un punteggio CAR-HEMATOTOX di 2. Secondo lo studio originale, i pazienti con uno score uguale o maggiore a 2 presentano neutropenia profonda e prolungata nel 47% dei casi. Un CAR-HEMATOTOX elevato si è rivelato anche predittivo di un maggior rischio infettivo dopo CAR-T13.

L’accumulo di chemioterapie precedenti mette a rischio di ritardato recupero ematologico, e può essere risparmiato oggi con un accesso precoce alla terapia CAR-T. Inoltre, il programma polichemioterapico può dare tossicità quali alopecia, mucosite e sterilità, che possono essere particolarmente difficili da tollerare per giovani pazienti. Con la disponibilità delle indicazioni odierne, la paziente sarebbe stata valutata per terapia CAR-T già al fallimento della prima linea: infatti i dati dei trial registrativi mostrano migliore sopravvivenza libera da eventi e sopravvivenza generale per questi pazienti1.

Risparmiare linee di trattamento può essere vantaggioso da molti punti di vista. Un ulteriore possibile vantaggio del risparmio di agenti chemioterapici potrebbe essere, in teoria, un minore rischio di neoplasie mieloidi secondarie tra pazienti trattati con CAR-T, vista la minore esposizione in seconda linea vs terza. Su questo aspetto non sono a oggi disponibili dati clinici.

Conclusioni

L’efficacia delle terapie con CAR-T è attualmente ben assodata, ed esse rappresentano lo standard terapeutico di seconda linea per pazienti affetti da linfomi diffusi a grandi cellule B refrattari o in recidiva precoce che soddisfino i criteri di eleggibilità. Un’ottimizzazione dei fattori di rischio e una valutazione precoce della risposta ottenuta in prima linea può permettere l’accesso precoce a terapia CAR-T, riducendo verosimilmente il rischio di citopenie e infezioni successive e migliorando la sicurezza e la qualità di vita del paziente.

Conflitto di interessi: l’autore ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: questo lavoro è stato realizzato con un contributo non vincolante di Gilead.

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