Terapia di successo con cellule CAR-T in un paziente con MCL refrattario con malattia rapidamente progressiva: un caso clinico

Mirko Farina1, Alessandro Re2

1Unità Trapianto di Midollo Osseo per Adulti; Programma di ricerca in ematologia e terapie cellulari, Dipartimento di Scienze cliniche e sperimentali, Università di Brescia, Asst Spedali Civili di Brescia; 2Unità operativa di ematologia, Asst Spedali Civili di Brescia.

Pervenuto il 27 novembre 2024. Accettato il 10 dicembre 2024.

Riassunto. Il linfoma mantellare è una neoplasia ematologica rara e aggressiva, caratterizzata da frequenti recidive e una prognosi sfavorevole. Recentemente, l’approvazione della terapia con cellule CAR-T ha cambiato il panorama di trattamento nei pazienti recidivati/refrattari. Presentiamo il caso di un paziente di 52 anni affetto da linfoma mantellare, che ha manifestato plurime recidive di malattia. In particolare, il paziente ha mostrato una progressione rapida e severa dopo trattamento con inibitore di BTK in seconda linea di terapia, ed è pertanto stato valutato per il programma con cellule CAR-T. Dal caso descritto emerge l’importanza di una gestione multidisciplinare del paziente, con un’efficiente collaborazione che ha permesso di ottimizzare i tempi necessari per la verifica dell’idoneità al trattamento, la programmazione dell’aferesi, la terapia bridge e l’infusione delle cellule CAR-T (brexu-cel). Il trattamento con CAR-T è stato ben tollerato, anche se ha mostrato l’insorgenza di una complicanza cardiovascolare rara come la bradicardia, e, successivamente, una trombosi venosa profonda. Grazie anche alla collaborazione con i colleghi cardiologi, le complicanze sono state affrontate rapidamente e si sono risolte senza reliquati. Il paziente, post-terapia con cellule CAR-T, ha ottenuto una risposta completa, che si mantiene dopo 15 mesi di follow-up.

Parole chiave. CAR-T, linfoma mantellare.

Successful CAR-T cell therapy in a refractory mcl patient with rapidly progressive disease: a case report.

Summary. Mantle cell lymphoma is a rare and aggressive hematologic malignancy characterized by frequent relapses and poor prognosis. Recently, the approval of CAR-T cell therapy has transformed the treatment landscape for relapsed/refractory patients. We report the case of a 52-year-old patient with mantle cell lymphoma who experienced multiple disease relapses. Specifically, the patient showed a rapid and severe progression after treatment with BTK inhibitors in the second line of therapy and was subsequently evaluated for a CAR-T cell therapy program. This case highlights the importance of a multidisciplinary approach, with efficient collaboration optimizing timelines for treatment eligibility, leukapheresis planning, bridge therapy, and CAR-T cell infusion (brexu-cel). The CAR-T treatment was well tolerated, although it was associated with a rare cardiovascular complication, sinus bradycardia, and subsequently, a deep vein thrombosis. Thanks to close collaboration with cardiology specialists, these complications were resolved without sequelae. Post CAR-T cell therapy, the patient achieved complete remission, sustained at 15 months of follow-up.

Key words. CAR-T cell therapy, mantle cell lymphoma.

Introduzione

Il linfoma non Hodgkin mantellare (mantle cell lymphoma - MCL) rappresenta meno del 10% di tutti i linfomi non Hodgkin. Il suo decorso clinico è caratterizzato da frequenti recidive e viene considerato come una malattia incurabile fin dalla sua prima descrizione. Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (Allo-SCT) ha rappresentato per lungo tempo l’unica soluzione in grado di garantire remissioni prolungate e potenzialmente la guarigione, anche dopo l’introduzione degli inibitori della tirosina chinasi di Bruton (BTK). Nonostante la potenziale efficacia dell’Allo-SCT, la sua applicazione è circoscritta a pazienti entro certi limiti di età, che abbiano a disposizione un donatore adeguato, e con malattia già ben controllata e non attiva prima dell’inizio della procedura. Inoltre, l’Allo-SCT è gravato da ben nota tossicità, tra cui la Graft Versus Host Disease (GVHD), sia acuta che cronica, e ha una mortalità correlata al trattamento non trascurabile, variabile tra il 10-25% nelle varie casistiche riportate1. L’utilizzo dell’immunoterapia sta rivoluzionando la terapia del MCL, in particolare nel setting del paziente recidivato-refrattario, in quanto può essere utilizzata a qualsiasi età, non richiede la ricerca di un donatore compatibile e offre una possibilità di cura anche in pazienti con malattia attiva. In particolare, l’utilizzo delle cellule T a recettore chimerico (chimeric antigen receptor T-cells - CAR-T)2 si sta imponendo come terapia applicabile a tutti i pazienti, indipendentemente da età e stato della malattia, che non provoca GVHD e che ha una mortalità non associata a recidiva relativamente ridotta, offrendo una possibilità di guarigione a lungo termine. Follow-up più lunghi ci diranno se, e in quale quota di pazienti, la terapia con CAR-T potrà portare a guarigione2.

Riportiamo il caso di un paziente recidivato dopo un programma immunochemioterapico intensivo comprendente trapianto di cellule staminali autologhe (autologous stem cell transplant - ASCT) e in progressione dopo pochi mesi dall’inizio di un inibitore di BTK. Questo paziente ha richiesto terapia urgente per il controllo della malattia in attesa di essere avviato a terapia con CAR-T per la rapida progressione di malattia. La risposta a CAR-T è stata pronta, completa ed è mantenuta nel tempo.

Caso clinico

Un uomo di 52 anni, con anamnesi patologica remota non significativa e sierologia negativa per HIV, HCV e HBV, ha ricevuto, a settembre 2017, una diagnosi di MCL, variante classica, in assoluto benessere e con crasi ematica normale. Il paziente è venuto all’attenzione del nostro Centro per il riscontro di piccole adenopatie (<1,5 cm) polistazionali e modesto interessamento midollare (15%) di cellule CD19+, CD5+, CD23+, SOX1 +, ciclina D1 +, con KI-67 del 10%. Il paziente presentava uno Stadio IVA e un indice MIPI (Mantle Cell Lymphoma International Prognostic Index) a basso rischio ed è stato seguito, in benessere, con la sola osservazione, fino a marzo 2020, quando è stata documentata una progressione di malattia. Infatti, si è riscontrato un aumento in numero e dimensioni delle adenopatie (diametro >7 cm a livello laterocervicale), intensamente FDG-Pet positive, e una infiltrazione midollare del 75% (Ki-67 5%), con la comparsa di un clone B CD5+ CD23+ nel sangue periferico. Il paziente è stato trattato con R-CHOP/R-DHAP alternati e successivo ASCT dopo condizionamento con regime BEAM (carmustina, etoposide, cytarabine, melphalan), all’interno del Protocollo europeo “Triangle” (NCT02858258)3. Ha ottenuto così una prima remissione completa4. Non ci sono state tossicità rilevanti; da segnalare solamente una riattivazione del virus HHV-6 con rash cutaneo diffuso al momento del ASCT (trattato con successo con ganciclovir endovena).

A inizio settembre 2022, 23 mesi dopo il trapianto autologo, il paziente ha sviluppato una marcata leucocitosi (fino a 100.000/mmc leucociti) con linfocitosi, piastrinopenia e anemia severe, che hanno richiesto supporto trasfusionale piastrinico e con emazie. Inoltre, il paziente ha presentato la ricomparsa di linfonodi superficiali e profondi fino a 3 cm di diametro. La biopsia osteomidollare ha mostrato un infiltrato massivo da parte del MCL (95% della cellularità midollare) con istologia pleomorfa, KI-67 pari all’80% e analisi mutazionale somatica del gene TP53 negativa. La latticodeidrogenasi (LDH) era pari a 314 U/L (VN <225 U/L), e la creatinina aumentata fino a 1,6 mg/dl (clearance creatinina pari a 55 ml/min).

Il paziente è stato pertanto avviato a terapia con ibrutinib, con normalizzazione della crasi ematica e di LDH dopo circa due mesi di terapia (novembre 2022). Una valutazione midollare ha mostrato la persistenza di malattia a livello midollare sia pure con percentuale di infiltrazione ridotta (50%), ma ad aprile 2023 (a circa 6 mesi da inizio dell’ibrutinib), il paziente ha sviluppato nuovamente alterazioni della crasi ematica rapidamente ingravescenti, con iperleucocitosi (fino a 160.000 leucociti/mcL), anemia, piastrinopenia severe e LDH elevato (245 U/L). Il paziente presentava inoltre un peggioramento dei valori della funzione renale (creatinina 1,74 mg/dl). Si è reso, pertanto, necessario il ricovero ospedaliero per malessere e condizioni generali in rapido decadimento. A questo punto erano ricomparse adenopatie superficiali fino a 5 cm e una splenomegalia palpabile. Il MIPI risultava a rischio intermedio.

Al momento della recidiva post-terapia con ibrutinib è stato immediatamente informato il CAR-T team, per valutare prontamente la candidabilità e idoneità del paziente a tale trattamento innovativo. Data l’aggressività della recidiva e le condizioni del paziente, in attesa di eventuale linfocitoaferesi, il paziente è stato avviato in urgenza, durante il periodo di ricovero, a terapia “holding” con R-BAC5, che ha tollerato discretamente. Si sono rese necessarie trasfusioni di concentrati piastrinici e di emazie, e il trattamento è stato complicato da diarrea di grado 1 e rash cutaneo di grado 1.

Durante il ricovero per la terapia holding, il paziente è stato valutato congiuntamente dal medico trapiantologo ed ematologo, al fine di valutarne la candidabilità e idoneità a programma con cellule CAR-T. Il caso è quindi stato discusso alle riunioni del CAR-T team, che comprende tutti gli specialisti coinvolti in questo tipo di trattamento. Fra le varie figure, sono presenti anche i medici del servizio aferesi e i colleghi del laboratorio di processazione cellulare, per la possibilità di coordinarsi prontamente su una possibile data di linfocitoaferesi. Confermata la candidabilità a trattamento con cellule CAR-T secondo le indicazioni Aifa (paziente recidivato/refrattario ad almeno due linee di terapia, di cui una contenta inibitori di BTK), si è proceduto a confermare l’idoneità del paziente al trattamento mediante gli accertamenti laboratoristici e strumentali richiesti secondo indicazioni Aifa. Durante il ricovero il paziente ha avuto un progressivo miglioramento del performance status e un buon recupero emopoietico, con assenza di linfociti B circolanti. Il paziente, completati gli esami di idoneità, è stato rivalutato dal medico trapiantologo in congiunta con il medico del servizio aferesi; questi hanno, collegialmente, rilasciato l’idoneità al trattamento e si è quindi proceduto a effettuare l’ordine del prodotto tramite la farmacia ospedaliera.

Si è proceduto con la linfocitoaferesi in data 9 giugno 2023, cercando di ridurre il più possibile i tempi di attesa per la procedura. All’interno dello studio Bio CAR-T BS (NCT05366569 ClinicalTrials.gov6), è stata valutata la fitness linfocitaria del paziente al momento dell’aferesi, sia a livello del sangue periferico sia sul prodotto aferetico. Il paziente presentava una buona quota di linfociti naïve CD8+ (24,1%) e CD4+ (7,8%), con un basso livello di linfociti CD4+ e CD8+ terminalmente differenziati (5,7% e 20,8%, rispettivamente), che vengono generalmente considerati più “esausti”.

Il paziente è stato successivamente avviato a terapia bridge con un secondo ciclo R-BAC, in attesa del rientro del prodotto di manufacturing. Tale ciclo è stato effettuato al 75% della dose visto il quadro clinico del paziente (neutropenia precedente grado 4). Al termine della terapia bridge, il paziente mostrava una risposta parziale della malattia alla Tac di rivalutazione.

Si è proceduto quindi al ricovero presso l’Unità di Trapianto di Midollo Osseo per Adulti per la reinfusione delle cellule CAR-T (brexu-cel), previa linfodeplezione con ciclofosfamide e fludarabina. All’ingresso in degenza, il paziente presentava un buon performance status (KPS 90%) ed è stato valutato dallo specialista neurologo per individuare eventuali fattori di rischio di neurotossicità. L’elettroencefalogramma non mostrava alterazioni significative.

In giornata +1 il paziente ha presentato febbre in assenza di ipotensione o ipossia (CRS grado 1)7. Le emocolture e gli indici di flogosi erano negativi, così come la radiografia e la tomografia computerizzata del torace. È stato trattato con terapia antibiotica empirica ad ampio spettro con piperacillina-tazobactam per ridurre il rischio di complicanze infettive8. Visto il persistere della febbre, con associata ipotensione responsiva a riempimento volemico (CRS grado 2), ha iniziato terapia con anti-recettore dell’IL-6, tocilizumab (4 dosi totali) e profilassi della neurotossicità con levetiracetam. Visto il persistere della CRS di grado 2, ha iniziato terapia con steroide (desametasone 10 mg ogni 6 ore) con rapido miglioramento del quadro. Non si è registrata neurotossicità e l’ICE (immune effector cell-associated encephalopathy) si è mantenuto 10/10 durante tutto il ricovero.

Il paziente presentava, al momento dell’infusione, un CAR-HEMATOTOX9 di basso grado. Nei primi 30 giorni ha mostrato una citopenia non significativa (early ICATH Low10), che ha necessitato di una sola somministrazione di fattore stimolante le colonie granulocitarie (GCSF).

In quinta giornata dall’infusione delle cellule CAR-T, a distanza di 24h dall’introduzione dello steroide, il paziente ha sviluppato una bradicardia sinusale spiccata (34 battiti per minuto), in assenza di altri sintomi cardiologici. L’ecocardiografia transtoracica era nella norma. È stato posizionato un Holter Ecg, che confermava il quadro di bradicardia sinusale con una frequenza media di 45 battiti per minuto (bpm) e il riscontro di alcuni battiti giunzionali con intervallo RR massimo di 3,2 secondi e sporadici battiti ectopici sopra-ventricolari (BESV). Secondo indicazione specialistica cardiologica si impostava terapia con teofillina (200 mg/die). A 48 ore dall’inizio della terapia con teofillina è stato ripetuto un Holter Ecg, che mostrava ritmo sinusale con rarissimi BESV, in assenza di pause, con frequenza cardiaca media di 52 bpm. Successivamente si è riscontrato un rientro dei valori di frequenza cardiaca nella norma e si è proceduto, quindi, a sospensione della terapia con teofillina a distanza di 2 mesi. Il paziente veniva dimesso in giornata +15 e iniziava il follow-up ambulatoriale. Alla valutazione a +30 giorni, si è osservata una risposta completa metabolica e radiologica.

A distanza di 2 mesi post-terapia con cellule CAR-T si segnala la comparsa di trombosi venosa profonda a livello dell’arto superiore destro in corrispondenza di un accesso vascolare a lunga permanenza, trattata con eparina a basso peso molecolare e successivamente con anticoagulante edoxaban. Non si sono osservate ulteriori complicanze nel tempo e il paziente permane in risposta completa a 15 mesi dall’infusione di cellule CAR-T (figura 1).




Discussione

Il caso descritto conferma la rapida progressione e aggressività clinica che può presentare il MCL in recidiva. In particolare, sottolinea con chiarezza l’importanza cruciale della collaborazione multidisciplinare al momento della progressione di malattia dopo la seconda linea di trattamento, al fine di poter programmare al meglio la possibilità di utilizzare le cellule CAR-T (brexu-cel), che hanno cambiato il paradigma di trattamento di questi pazienti2. L’aggressività clinica è sottolineata anche dal fatto che si è reso necessario ricoverare il paziente al momento della progressione in considerazione dello stato clinico. L’attivazione immediata del CAR-T team e la stretta collaborazione fra medico ematologo e trapiantologo ha permesso una pronta valutazione del paziente già in fase precoce post-ripresa di malattia. Inoltre, la discussione del caso durante i meeting multidisciplinari, che hanno coinvolto, tra gli altri, medici del servizio aferesi e personale del laboratorio di processazione cellulare, ha garantito una gestione armonizzata e l’ottimizzazione dei tempi di valutazione idoneità e programmazione della linfocitoaferesi. Questo approccio ha consentito di evitare che la progressione della malattia precludesse l’accesso alla terapia CAR-T, dimostrando come un sistema ben integrato possa massimizzare le opportunità di trattamento anche in situazioni di urgenza.

L’utilizzo di una terapia bridge con R-BAC, concordata anch’essa all’interno delle discussioni del CAR-T team, si è dimostrato importante nel contenere l’aggressività della malattia e nel migliorare il performance status del paziente prima dell’infusione delle cellule CAR-T. La rapidità nel procedere a linfocitoaferesi ha permesso di raccogliere i linfociti subito dopo un primo ciclo di terapia holding contenente bendamustina, che si è reso necessario per le condizioni critiche del paziente, senza che però quest’ultima andasse a peggiorare significativamente la fitness linfocitaria della linfocitoaferesi, come documentato dall’analisi delle sottopopolazioni di linfociti T. Viceversa, se non si fosse prontamente attivato tutto il CAR-T team, si sarebbe potuto assistere a un allungamento dei tempi di intervento, magari con la necessità di ripetere un secondo ciclo della terapia holding, che avrebbe potuto peggiorare la qualità del prodotto raccolto11.

La scelta della terapia bridge con R-BAC, ampiamente documentata in letteratura per la gestione dei pazienti con MCL recidivati/refrattari5, seppure a dosaggio ridotto vista la neutropenia di grado 4 ha permesso di ottenere una ottima risposta parziale, prima del trattamento con CAR-T, sottolineando l’importanza di un approccio personalizzato, che possa bilanciare l’efficacia terapeutica con la tollerabilità alla terapia.

L’outcome favorevole ottenuto con l’infusione di brexu-cel in questo paziente evidenzia il potenziale delle CAR-T come terapia salvavita nei pazienti con MCL recidivato/refrattario, anche in condizioni di malattia estremamente avanzata. La rapida risposta completa osservata, mantenuta a 15 mesi dall’infusione, supporta ulteriormente l’efficacia di questa strategia.

Dal punto di vista della tossicità, il caso ha permesso di evidenziare sia eventi avversi comuni associati alla terapia CAR-T, come la sindrome da rilascio di citochine, sia complicanze meno frequenti, come la bradicardia sinusale. Generalmente, la cardiotossicità da CAR-T si associa maggiormente a tachiaritmie, piuttosto che a bradicardie, descritte in meno dell’1% dei casi12. Non è escludibile, peraltro, che la bradicardia possa essere stata influenzata anche dal trattamento steroideo concomitante. È da notare, però, come in questo caso l’alterazione della frequenza cardiaca sia stata significativa, al punto da necessitare di un trattamento farmacologico. Questo sottolinea l’importanza di un monitoraggio continuo delle possibili complicanze cardiologiche, che, seppur rare, posso essere severe per i pazienti sottoposti a CAR-T. Infine, nel lungo periodo, il paziente ha sviluppato una trombosi venosa profonda. Anche questa complicanza è segnalata fra gli eventi avversi cardiovascolari dopo trattamento con CAR-T, con una frequenza fra 1,5% e 2%12. Da sottolineare, inoltre, che il paziente, pur avendo sviluppato due diverse complicanze cardiovascolari nel follow-up post-CAR-T, non aveva alcun fattore di rischio per patologia cardiovascolare pre-trattamento.

Conclusioni

La rapida identificazione della recidiva/progressione di malattia e la tempestiva valutazione del paziente da parte del CAR-T team sono stati elementi determinanti per il successo del percorso terapeutico. La stretta comunicazione tra i diversi specialisti ha permesso di coordinare le fasi diagnostiche, la pianificazione dell’aferesi linfocitaria e l’approccio terapeutico “bridge” senza ritardi significativi, nonostante la complessità del quadro clinico. In un contesto in cui il tempo è un fattore critico, come nella gestione dei pazienti con linfoma recidivante/refrattario, un dialogo tempestivo e ben strutturato si è dimostrato essere una componente essenziale per il successo terapeutico e per il miglioramento della qualità delle cure fornite.

Conflitto di interessi: gli autori hanno percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico.

Acknowledgements: questo lavoro è stato realizzato con un contributo non vincolante di Gilead.

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