Terapia cellulare CAR-T in un paziente affetto da linfoma mantellare recidivato/refrattario

Virginia Naso1, Filippo Canale1, Giorgia Policastro1, Gaetana Porto1, Maria Pellicano1, Massimo Martino1

1Uoc Ctmo Grande Ospedale Metropolitano (Gom) “Bianchi-Melacrino-Morelli”, Reggio Calabria.

Pervenuto il 30 settembre 2024. Accettato il 16 ottobre 2024.

Riassunto. Introduzione. Il linfoma a cellule mantellari (mantle cell lymphoma - MCL) è una delle forme di linfoma non Hodgkin più rare che colpisce soprattutto i soggetti adulti intorno ai 65 anni d’età o più, e si diagnostica quando la malattia ha già raggiunto uno stadio abbastanza avanzato. In parte per questa ragione, ma soprattutto per le caratteristiche stesse di questa rara forma di linfoma, la prognosi è spesso sfavorevole. Nella maggior parte dei casi, la malattia si ripresenta dopo un periodo di remissione raggiunta con la I linea. Nell’ultimo decennio, gli inibitori di BTK sono diventati un pilastro della terapia per i pazienti con linfoma mantellare recidivante/refrattario. Sebbene gli inibitori di BTK abbiano migliorato la prognosi del linfoma mantellare recidivante/refrattario, le opzioni terapeutiche per i pazienti che sperimentano una progressione durante o dopo gli inibitori di BTK rimangono limitate. In questo contesto, lo sviluppo della terapia con cellule CAR-T anti-CD19 rappresenta un importante progresso nel trattamento dei pazienti con MCL chemiorefrattari. Caso clinico. Presentiamo il caso di un uomo di 65 anni con diagnosi di linfoma non Hodgkin mantellare (mantle cell lymphoma international prognostic index - MIPI) a rischio intermedio, anamnesi positiva solo per ipertensione, in progressione di malattia durante la terapia di II linea con ibrutinib intrapreso per recidiva dopo I linea di polichemioterapia e consolidamento con trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSE). Conclusioni. La disponibilità di questa prima terapia cellulare per il linfoma mantellare recidivante o refrattario fornisce un’opzione importante per i pazienti. Al momento le opzioni di trattamento per questi pazienti, la cui malattia progredisce dopo le terapie iniziali, sono pressoché nulle. Esiste quindi una sentita necessità di nuove opzioni terapeutiche. Gli elevati tassi di risposta osservati nello studio registrativo e confermati dai dati di Real life supportano il potenziale di KTE-X19 come terapia efficace per i pazienti affetti da linfoma mantellare recidivato o refrattario, con un profilo di sicurezza gestibile.

Parole chiave. Cellule CAR-T anti-CD19, KTE-X19, linfoma a cellule mantellari, MIPI, ZUMA-2.

CAR-T cell therapy in a patient with relapsed/refractory mantle cell lymphoma.

Summary. Introduction. Mantle cell lymphoma (MCL) is one of the rarest forms of non-Hodgkin’s lymphoma that mainly affects adults around 65 years of age or older, and is diagnosed when the disease has already reached a fairly advanced stage. Partly for this reason, but mainly because of the very characteristics of this rare form of lymphoma, the prognosis is often poor. In most cases, the disease recurs after a period of remission achieved with I-line. In the past decade, BTK inhibitors have become a mainstay of therapy for patients with relapsed/refractory mantle cell lymphoma. Although BTK inhibitors have improved the prognosis of relapsed/refractory mantle cell lymphoma, treatment options for patients who experience progression during or after BTK inhibitors remain limited. In this context, the development of anti-CD19 CAR T-cell therapy represents an important advance in the treatment of patients with chemorefractory MCL. Clinical case. We present the case of a 65-year-old man with diagnosis Mantle cell lymphoma MIPI intermediate risk, positive history only for hypertension, in disease progression during II-line therapy with Ibrutinib undertaken for relapse after of I-line polychemotherapy and consolidation with autologous HSC transplantation. Conclusions. The availability of this first cell therapy for relapsed or refractory mantle cell lymphoma provides an important option for patients. At present, treatment options for these patients, whose disease progresses after initial therapies, are almost nil. Thus, there is a felt need for new treatment options. The high response rates observed in the registrational study and confirmed by real-life data support the potential of KTE-X19 as an effective therapy for patients with relapsed or refractory mantle cell lymphoma, with a manageable safety profile.

Key words. Anti-CD19 CAR T-cell, mantle cell lymphoma, MIPI, KTE-X19, ZUMA-2.

Introduzione

Secondo i dati del Non-Hodgkin Lymphoma Classification Project, il linfoma a cellule mantellari (mantle cell lymphoma - MCL) rappresenta circa il 4% dei linfomi negli Stati Uniti e il 7-9% in Europa. La prevalenza stimata è di circa 1 a 25.000. Questo tipo di linfoma non Hodgkin interessa i linfociti B in una regione dei linfonodi definita “zona mantellare” ed è più comune negli uomini che nelle donne (con un rapporto di circa 3 a 1) e colpisce soprattutto i soggetti adulti intorno ai 65 anni d’età o più, e si appalesa quando la malattia ha già raggiunto uno stadio abbastanza avanzato. In parte per questa ragione, ma soprattutto per le caratteristiche stesse di questa rara forma di linfoma, la prognosi è spesso sfavorevole. Nella maggior parte dei casi dopo la terapia di I linea la malattia si ripresenta dopo un periodo di remissione. La durata della remissione può variare notevolmente da paziente a paziente a seconda dell’età e del tipo di trattamento primario a cui ci si è sottoposti. Nell’ultimo decennio gli inibitori di BTK sono diventati un pilastro della terapia per i pazienti con linfoma mantellare recidivante/refrattario. Sebbene gli inibitori di BTK abbiano migliorato la prognosi del linfoma mantellare recidivante/refrattario, le opzioni terapeutiche per i pazienti che sperimentano una progressione durante o dopo gli inibitori di BTK rimangono limitate. Nei pazienti che interrompono l’inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTKi) a causa della progressione della malattia o dell’intolleranza, la sopravvivenza globale (OS) mediana varia da 2,5 a 14,2 mesi. Questo indica la necessita di terapie sempre più mirate. In questo ambito grande interesse ha suscitato la terapia KTE-X19, una immunoterapia cellulare basata sull’utilizzo di cellule CAR-T. KTE-X19 per il trattamento del linfoma a cellule mantellari recidivante o refrattario ha ricevuto da Aifa l’autorizzazione alla rimborsabilità e si tratta del primo trattamento approvato da Aifa per questo setting di pazienti. Questa terapia può essere utilizzata dopo due o più linee di terapia sistemica, tra cui un BTKi.

Caso clinico

Si descrive di seguito il caso clinico di un uomo di 65 anni con un perfomance status pari a 0, assenza di comorbilità significative note in anamnesi solo ipertensione ben controllata farmacologicamente, che nel mese di agosto 2019 riceve una diagnosi di linfoma non Hodgkin mantellare. La diagnosi veniva posta su biopsia linfonodale con il seguente profilo immunoistochimico CD20+ CD5+ ciclina D1+ SOX 11+ bcl2 +/- CD10- BCL6-. Eseguiva stadiazione tramite studio TC /Pet che documentava una localizzazione linfonodale e colica e biopsia osteomidollare che risultava negativa per compromissione linfomatosa1,2. Il paziente veniva stratificato con rischio intermedio secondo l’indice MIPI (mantle cell lymphoma international prognostic index) (tabella 1) per cui presentava un OS a 5 anni del 63% (figura 1).







Pertanto, dal mese di ottobre 2019 il paziente, secondo le linee guida3,4, avviava trattamento polichemioterapico di I linea (RCHOP/RDHAP) ottenendo risposta completa di malattia, per cui veniva consolidato con alte dosi e infusione di cellule staminali ematopoietiche (CSE) autologhe. Nel mese di luglio 2020 eseguiva condizionamento secondo schema FEAM e in data 10/07/2020 eseguiva infusione di CSE autologhe.

Alla rivalutazione TC-Pet a 3 mesi post-trapianto autologo si documentava remissione di malattia. Per tale motivo il paziente avviava follow-up. Alla TC/Pet di controllo nel mese di maggio 2022 (<24 mesi dal trapianto autologo) si rilevava “comparsa di aree di accumulo del tracciante in corrispondenza di adenopatie sopradiaframmatiche”. Per ripresa di malattia, il paziente a fine giugno 2022 avviava terapia con BTKi. Nel novembre 2022 si assisteva a un’espansione del linfonodo LC per cui eseguiva rivalutazione TC/Pet che confermava progressione di malattia (figura 2); si indirizzava quindi il paziente a percorso CAR-T.




Venivano valutati i criteri di eleggibilità secondo il Registro Aifa e il paziente risultava idoneo al programma terapeutico. In data 12/12/2022 eseguiva raccolta di linfociti autologhi per invio a fresco.

Nonostante la progressione, proseguiva BTKi e steroide come bridge therapy. Come da procedura, prima del ricovero per infusione eseguiva valutazione neurologica, Ramni cerebrale, valutazione anestesiologica, spirometria con DLCO. Il paziente rientrava in un basso rischio al calcolo del CAR-HEMATOTOX (score: 1- Low Risck Group).

A seguire, dal 13/01/2023 al 01/02/2023, il paziente si ricoverava presso il Reparto di degenza ordinaria per eseguire terapia cellulare contenente brexucabtagene autoleucel (brexu-cel). Come da scheda tecnica veniva sottoposto a terapia linfodepletiva secondo schema Flu- CY (fludarabina 30 mg/m2 al giorno e ciclofosfamide 500 mg/m2 al giorno per via endovenosa per 3 giorni) dal 4 al 6 gennaio 2023. In data 19/01/2023 avveniva infusione CAR-T autologhe. Come da procedura interna e da raccomandazione SIE, SIDEM, GITMO circa 30-60 minuti prima dell’infusione del prodotto il paziente eseguiva premedicazione con paracetamolo e antistaminico e stretto monitoraggio dei parametri. Dal giorno dell’infusione fino al giorno +14 il paziente era sottoposto a esami ematochimici con controllo indici infiammatori e dosaggio IL-6, visita con esame obiettivo completo neurologico. Inoltre, per il monitoraggio cognitivo, allo scopo di individuare precocemente effetti avversi neurologici (immune effector cell-associated neurotoxicity syndrome - ICANS), al paziente veniva sottoposto dal personale infermieristico a giorni alterni il Mini-Mental State Examination (MMSE).

Durante la degenza ha presentato le seguenti complicanze: sindrome da rilascio di citochine (CRS) di grado 1 dal giorno dell’infusione fino a +4 post-infusione gestita con solo antipiretici, ICANS di grado 1 dal giorno +6 inizialmente gestita con stretto monitoraggio, a +10 quando per peggioramento della sintomatologia neurologica iniziava terapia con desametasone 10 mg x 4/die con risoluzione del quadro di ICANS in 24 ore. Fibrillazione atriale asintomatica insorta al giorno +7 non cardiovertita da terapia medica (amiodarone), revertita dopo la terapia steroidea avviata per ICANS5.

Alla dimissione il paziente ha eseguito controlli ravvicinati fino al giorno + 30 dall’infusione, non riportando alcun evento avverso. Dal G+30 al G+100 controlli settimanali prima e bimensili poi. Dal G+100 il paziente ha avviato follow-up congiunto con il centro referral. La rivalutazione di malattia veniva eseguita come da procedura con Pet a 3, 6, 9, 12 e 18 mesi post-infusione.

Alla rivalutazione Pet del G+30 dall’infusione confrontata con esame precedente di novembre si documentava la quasi completa scomparsa dei rilievi precedentemente obiettivabili. Si apprezzava infatti solo assai blanda captazione del radioglucosio a carico di qualche residuo linfonodale posto a livello laterocervicale/sovraclaveare sinistra con uptake di captazione nettamente inferiore rispetto al blood pool mediastinico (DS=2).

Nelle successive rivalutazioni fino all’ultima di luglio 2024 (+18 mesi da infusione) scomparsa di captazione compatibile con quadro di remissione di malattia. Pertanto, a oggi, il paziente mantiene una remissione di malattia, una buona qualità di vita perché off therapy da più di 1 anno e prosegue con i controlli.

Discussione

Il linfoma mantellare è un raro linfoma non Hodgkin a cellule B, clinicamente e biologicamente eterogeneo. La stratificazione del rischio al momento della diagnosi è fondamentale. Uno degli indici prognostici più utilizzati è il MIPI, inizialmente ideato nel 2008 da dati di oltre 400 pazienti raccolti dal gruppo GLGS e dagli studi EMCLN. Il punteggio MIPI è calcolato come somma ponderata dei valori pretrattamento di età, ECOG Performance Status, livello di lattato deidrogenasi e conta dei globuli bianchi.

Recentemente una convalida del MIPI è stata eseguita utilizzando una grande coorte di pazienti dell’European Mantle Cell Lymphoma Network arruolata in due studi clinici di prima linea (958 pazienti; età mediana, 65; intervallo di età, 32-87). I tassi di sopravvivenza globale (OS) a cinque anni dei gruppi MIPI a basso, intermedio e alto rischio erano rispettivamente dell’83%, del 63% e del 34%. Da questi dati si evince anche una correlazione fra il MIPI e il tempo al fallimento del trattamento in termini prognostici. Diversi set di dati hanno descritto i tassi di sopravvivenza in base alla durata della remissione del paziente dopo immunochemioterapia di I linea. La progressione della malattia entro 24 mesi ha dimostrato di essere un forte fattore prognostico negativo per la OS, sia nei pazienti più giovani trattati con induzione basata su citarabina ad alto dosaggio, sia nei pazienti più anziani che non sono in grado di ricevere immunochemioterapia standard6,7. Questi dati sono confermati da uno studio recente che analizza 461 pazienti in base al tempo di recidiva dopo induzione intensiva e trapianto autologo di cellule staminali di consolidamento.

Il modello dinamico dei punti di riferimento ha mostrato che il tempo di recidiva è fortemente correlato alla OS. L’impatto della recidiva è stato maggiore nei pazienti la cui malattia è recidivata entro 6 mesi (OS a 5 anni, 45% per malattia recidivata contro 71% per malattia non recidivata; HR=7,68), 12 mesi (35% per malattia recidivata contro 74% per malattia non recidivata; HR=6,68) e 18 mesi (38% per malattia recidivata contro 75% per malattia non recidivata; HR=5,81).

Questi dati suggeriscono che la diagnosi di MCL era associata a una prognosi sfavorevole con una sopravvivenza globale (OS) mediana di 3-5 anni. Tuttavia, negli ultimi anni sono stati ottenuti importanti progressi nel trattamento dei pazienti con MCL, in particolare con lo sviluppo di un’induzione immunochemioterapica che implementa citarabina e anticorpi anti-CD20 e l’aggiunta di una terapia consolidativa ad alto dosaggio con trapianto autologo di cellule staminali (ASCT).

L’implementazione di terapie mirate alla recidiva, incluso l’inibitore BTK, ha ulteriormente migliorato i risultati per i pazienti. Tuttavia, la prognosi a lungo termine è ancora limitata, e per i pazienti con malattia recidivante/refrattaria, in particolare quelli che non rispondono al trattamento con ibrutinib, di solito la prognosi rimane infausta8,9.

In questo contesto trovano grande interesse le nuove terapie cellulari. Lo sviluppo della terapia con cellule CAR-T anti-CD19 rappresenta un importante progresso nel trattamento di questo setting di pazienti. KTE-X1910 è una immunoterapia cellulare basata sull’utilizzo di cellule CAR-T approvata per il trattamento di pazienti adulti con MCL recidivante o refrattario (MCL R/R). Brexu-cel è un medicinale contenente cellule T autologhe geneticamente modificate per esprimere il recettore chimerico per l’antigene (CAR) che riconosce l’antigene CD19, espresso sulla superficie delle cellule B tumorali e normali. A seguito del legame alle cellule target che esprimono l’antigene CD19 da parte delle cellule CAR-T anti-CD19, il dominio co-stimolatore CD28 e il dominio di segnalazione CD3-zeta attivano le cascate di segnalazione a valle, che inducono l’attivazione delle cellule T, la proliferazione, l’acquisizione di funzioni effettrici e la secrezione di citochine e chemochine infiammatorie. Questa serie di eventi induce la morte delle cellule che esprimono l’antigene CD19.

Questa terapia può essere utilizzata dopo due o più linee di terapia sistemica, tra cui un BTKi. KTE-X19 è stato il primo trattamento per il linfoma mantellare recidivante o refrattario ad aver ricevuto da Aifa l’autorizzazione alla rimborsabilità. L’autorizzazione si basa sui dati del trial clinico ZUMA-211, uno studio di fase II a braccio singolo, multicentrico, che ha arruolato 74 pazienti adulti (età ≥18 anni) con MCL con malattia refrattaria o recidivante già trattati in precedenza con un numero di linee di terapia fino a cinque, incluse chemioterapia contenente antraciclina o bendamustina, terapia anticorpale monoclonale anti-CD20 e terapia con inibitori della BTK ibrutinib o acalabrutinib (tabella 2.)




Gli obiettivi dello studio erano quelli di valutare l’efficacia e la sicurezza di KTE-X19 dopo una singola infusione in questa popolazione di pazienti. L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta globale. L’Orr in questo studio veniva definito come il tasso combinato di risposte complete e di risposte parziali valutato da un comitato indipendente di revisione radiologica (Independent Radiology Review Committee). Gli endpoint secondari includevano la durata della risposta, la migliore risposta raggiunta, la sopravvivenza libera da progressione, la sopravvivenza globale, l’incidenza di eventi avversi (tabella 3).




A 3 anni dal trattamento sono stati presentati i dati aggiornati. Dopo un follow-up mediano di 35,6 mesi, il tasso di risposta oggettiva tra tutti i 68 pazienti trattati è stato del 91% (95% CI, 81,8-96,7) con il 68% di risposte complete (95% CI, 55,2-78,5); le mediane per la durata della risposta, la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale sono state rispettivamente di 28,2 mesi (95% CI, 13,5-47,1), 25,8 mesi (95% CI, 9,6-47,6) e 46,6 mesi (95% CI, 24,9-non stimabile). Le risposte sono state durature; la DOR mediana è stata di 28,2 mesi tra i 62 responder (figura 3).




Al momento del cutoff dei dati, il 37% dei pazienti trattati è rimasto in risposta (tutti CR). Tredici pazienti hanno avuto una ricaduta dopo il sesto mese. La DOR mediana è stata di 46,7 mesi tra i pazienti con CR (n=46) e di 2,2 mesi nei pazienti con PR (n=16). Per quanto riguarda il profilo di tossicità tutti i pazienti trattati nello studio hanno avuto almeno un evento avverso di qualsiasi grado, con eventi avversi di grado 3 o superiore che si sono verificati nel 99% dei pazienti. Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati citopenie (nel 94% dei pazienti) e infezioni (nel 32%). Le citopenie di grado 3 o superiore includevano neutropenia (nell’85% dei pazienti), trombocitopenia (51%) e anemia (50%). Un totale del 26% dei pazienti presentava citopenie di grado 3 o superiore più di 90 giorni dopo la somministrazione di KTE-X19, tra cui neutropenia (nel 16% dei pazienti), trombocitopenia (16%) e anemia (12%). La sindrome da rilascio di citochine si è verificata nel 91% dei pazienti, ma la maggior parte dei casi era di grado 1 o 2 (nel 76% dei pazienti), con casi di grado 3 o superiore che si sono verificati nel 15% dei pazienti, nessun paziente è morto a causa della CRS.

Per la gestione della CRS, il 59% di tutti i pazienti trattati ha ricevuto tocilizumab, il 22% ha ricevuto glucocorticoidi e il 16% ha ricevuto vasopressori. L’intervallo corrispondente all’insorgenza della sindrome da rilascio di citochine di grado 3 o superiore è stato di 4 giorni (range, da 1 a 9). Tutti gli eventi si sono risolti entro una mediana di 11 giorni. Per quanto riguarda l’ICANS, il 63% dei pazienti ha avuto eventi neurologici; eventi neurologici di grado 1 o 2 si sono verificati nel 32% dei pazienti ed eventi di grado 3 o superiore nel 31%. Un paziente presentava edema cerebrale di grado 4 e si è completamente ripreso con una terapia multimodale aggressiva, inclusa la ventricolostomia. Per la gestione degli eventi neurologici, il 26% di tutti i pazienti trattati ha ricevuto tocilizumab e il 38% ha ricevuto glucocorticoidi. L’intervallo corrispondente all’insorgenza di un evento neurologico di grado 3 o superiore è stato di 8 giorni (range, da 5 a 24). Anche in questo caso nessun paziente è deceduto a causa di un evento neurologico (tabella 4)10,11.




Conclusioni

Il trattamento di pazienti con linfoma mantellare recidivante o refrattario la cui malattia è resistente alla terapia con inibitori BTK può rappresentare una sfida terapeutica. Studi retrospettivi che valutano la terapia di salvataggio dopo il fallimento della terapia con inibitori BTK in pazienti con linfoma mantellare recidivante o refrattario hanno mostrato bassi tassi di risposta e una sopravvivenza globale mediana da 6 a 10 mesi. Nello studio ZUMA-2, tra i 60 pazienti trattati nel protocollo con linfoma mantellare recidivante o refrattario, KTE-X19 ha determinato una risposta nel 93% dei pazienti e una risposta completa nel 67%; la maggior parte di questi pazienti aveva una malattia refrattaria o recidivante dopo aver ricevuto la terapia con inibitori BTK. Nell’analisi intention-to-treat che ha coinvolto 74 pazienti, l’85% dei pazienti ha avuto una risposta. Questa percentuale di pazienti con una risposta, che include il 59% di quelli con una risposta completa, dopo una singola infusione è promettente in questa popolazione di pazienti. Un totale del 57% di tutti i pazienti nell’analisi primaria di efficacia e il 78% di quelli che hanno avuto una risposta completa continuavano ad avere una risposta dopo un follow-up mediano di 12,3 mesi. La disponibilità di questa prima terapia cellulare per il linfoma mantellare recidivante o refrattario fornisce un’opzione importante per i pazienti. Al momento le opzioni di trattamento per questi pazienti, la cui malattia progredisce dopo le terapie iniziali, sono pressoché nulle. Esiste quindi una sentita necessità di nuove opzioni terapeutiche. Gli elevati tassi di risposta osservati supportano il potenziale di KTE-X19 come terapia efficace per pazienti affetti da linfoma mantellare recidivato o refrattario. Questi risultati sono stati confermati anche da dati di Real life con profili di sicurezza ancora migliori rispetto allo studio clinico.

Conflitto di interessi: VN ha percepito diritti d’autore da Il Pensiero Scientifico Editore – soggetto portatore di interessi commerciali in ambito medico scientifico. Gli altri autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Acknowledgments: questo lavoro è stato realizzato con un contributo non condizionante di Gilead.

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