Recensioni.

“Il valore dei farmaci”

di Stefano Cagliano




Nell’improbabile condizione che sappiate poco dell’autore, Giuseppe Traversa, basta leggere quel numero (purtroppo) conclusivo di Informazione sui Farmaci del 2018. Lì, insieme a persone apprezzate sul piano internazionale come Joan-Ramon Laport, Bernard Bégaud, Gianni Tognoni e Daniela Zanfi, le due ultime erano liete di presentare «[…] un contributo (e siamo particolarmente contenti della presenza del suo autore [Traversa] su questo numero) [corsivo mio] sui prezzi dei farmaci»1. Quello però era un numero che segnava la fine di una rivista innovativa nel panorama italiano. Oggi una fortuna nuova per noi viene ancora da lui, da Giuseppe Traversa, e dal suo libro, Il valore dei farmaci. Come riporta giustamente Bernard Bégaud, dell’Università di Bordeaux, nelle pagine di praise, «è evidente che una delle principali sfide che la nostra democrazia sanitaria deve affrontare è il prezzo dei farmaci, che determina la democraticità e la sostenibilità della loro disponibilità».

Le prime righe dell’Introduzione lasciano intendere subito che intenzioni abbia l’autore. «È possibile – scrive – rendere sostenibile la spesa farmaceutica in presenza di continue scoperte e commercializzazioni di nuove terapie il cui costo è arrivato a superare anche il milione di euro per paziente […]?». Sì, spiega subito dopo, «l’idea […] è che sia possibile garantire accesso e sostenibilità, nonostante le preavisioni pessimistiche degli ultimi decenni» (p. xix). Ma Traversa prosegue che sui farmaci ci siamo fatti delle illusioni. «[…] La spesa sanitaria in Italia non è diventata via via meno sostenibile. Anche se l’attuale livello di spesa SSN […] avrebbe bisogno di un incremento […] siamo comunque ben distanti da ipotesi di crescita incontrollata» (p. xxi). Il contrario di quanto abbiamo visto negli Stati Uniti. Questi sono numeri di una realtà delle cose. «Nel 2022 […] le spese sanitarie erano la causa principale di indebitamento personale: circa 100 milioni di cittadini americani avevano debiti legati all’assistenza sanitaria e di questi il 17% era costretto a dichiarare bancarotta personale o perdere la propria abitazione» (p. xxi).

Il primo capitolo – La valutazione del place in therapy – affronta il ruolo del farmaco in generale. Ne esistono “tipi” diversi e si va dagli equivalenti e biosimilari, a quelli con un valore aggiunto e altri profondamente innovativi.

Il secondo – Contesti paradigmatici di negoziazione del prezzo dei farmaci – affronta un problema centrale, quanto si muove attorno al prezzo. Un capitolo impegnativo, ma sicuramente degno di sorprese. «In assenza di negoziazione, le aziende farmaceutiche possono permettersi prezzi più elevati anche senza valore aggiunto, in quanto manca un requisito essenziale del funzionamento di mercato: un’informazione accurata e trasparente del valore relativo dei singoli prodotti» (p. 84).

Nel terzo capitolo – Negoziazione del prezzo e rimborso: il ruolo dei managed entry agreement (MEA) – Traversa spiega gli strumenti che aziende farmaceutiche e servizi sanitari usano per affrontare e gestire l’incerto che il mercato presenta al momento dell’immissione di farmaci nuovi.

Le ragioni del quarto capitolo – Farmaci a carico del cittadino (fascia C) e acquisti SSN – sono riassunte bene nella Presentazione di Patrizia Popoli, già presidente della Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa e sono due. «La prima […] è che in alcuni casi la classificazione in C consegue ad una valutazione negativa del profilo benefico/rischio relativo del farmaco o a un mancato accordo negoziale. La seconda è che un farmaco classificato in C per essere stato in qualche modo “scartato” in base alla valutazione tecnico-scientifica non dovrebbe poi essere acquistato dal SSN […]» (p. xiii).

Il quinto capitolo – Quale ruolo per real world data e real world data evidence – è un’avventura intellettuale, utile per capire dove tentano di portarci alcuni settori della medicina. Quelli per i quali sembra abbiano qualcosa da dire e da dimostrare persone come Giuseppe Traversa. «Si proverà a spiegare quali attese siano ragionevoli e quali eccessive o mal riposte – scrive –, prendendo anche spunto da applicazioni ai casi delle malattie rare e dello sviluppo di farmaci nell’ambito della cosiddetta oncologia mutazionale» (p. xxvi).

Nel sesto – Strumenti e azioni di contesto a sostegno dell’accesso e della sostenibilità – Traversa esordisce dicendo che «dal 2004 è presente anche in Italia un’Agenzia indipendente, l’AIFA, al cui interno hanno operato commissioni di esperti indipendenti […]» (p. 155). Ma aggiunge che per quanto «scontato, è bene ribadire il ruolo centrale della competenza tecnica e dell’indipendenza […]» (p. 155). Premessa utile perché nel capitolo si parlerà di licenze, di tetti di spesa, del matrimonio difficile tra brevetti e concorrenza e di altro ancora.

Anche l’ultimo capitolo – Opzioni alternative per la ricerca e lo sviluppo dei farmaci e per la definizione del prezzo – è interessante e propone modelli alternativi d’intervento nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci. Modelli che non utilizzati (ancora) in Italia e che potrebbero avere sviluppo. Un esempio? Il modello DNDi ovvero Drugs for neglected diseases initiative – di cui purtroppo si sente parlare poco, «è un’organizzazione non profit creata nel 2003 con l’obiettivo di scoprire, sviluppare e rendere disponibili farmaci efficaci, sicuri e sostenibili per la cura di malattie che colpiscono in particolare le persone dei Paesi a basso reddito» (p. 187). Tra i fondatori di questo modello ci sono anche Medici senza Frontiere, l’Istituto Pasteur, l’Oms: l’Italia brilla per la sua assenza. Un’assenza culturale e non solo politica, purtroppo.

Bibliografia

1. Tognoni G, Zanfi D. IsF: 1977-2018. Informazione sui Farmaci 2018; (4).

“Farmaci. Luci e ombre”

di Domenico Ribatti




Il nome di Silvio Garattini è indissolubilmente legato a quello dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, fondato a Milano nel 1961 per volontà di Mario Negri, gioielliere e filantropo milanese, e su iniziativa di Garattini, fondatore e direttore fino al giugno 2018, da quando riveste il ruolo di presidente. L’Istituto dalla sua fondazione non brevetta le proprie scoperte, preferendo metterle gratuitamente a disposizione della comunità scientifica e dei pazienti e ha formato generazioni di ricercatori di primo livello. Garattini è stato un pioniere della farmacologia, spinto da un’autentica vocazione per la conoscenza scientifica ed è conosciuto per la sua indiscussa autorevolezza e imparzialità. Egli ha sempre preso posizione contro l’eccessivo numero di farmaci in commercio e sostenuto che metà dei farmaci che troviamo sugli scaffali delle farmacie sono perfettamente inutili.

Di questo ed altro Garattini rende conto nel suo ultimo saggio pubblicato dal “Mulino” e intitolato “Farmaci. Luci e ombre”. Una grande maggioranza di farmaci non è strettamente necessaria, è in esuberanza rispetto a quello che esiste sul mercato. Tra i farmaci di scarsa provata efficacia si annoverano gli epatoprotettori, i farmaci per la memoria, i cerebro-attivi, gli integratori alimentari (per i quali spendiamo cinque miliardi di euro l’anno) e dimagranti, dei quali tutti noi continuiamo a fare largo uso. E la comune mentalità farmacocentrica conduce all’abuso di tranquillanti ed antidepressivi che provocano dipendenza e, se interrotti non gradualmente, gravi effetti collaterali.

Dietro questa ridondanza ci sono le pressioni dell’industria, delle associazioni dei malati che spesso sono spinte dalle aziende, e le aspettative dei pazienti. Molti farmaci esistono in tante versioni, il principio attivo è lo stesso, ma hanno prezzi differenti, favorendo la vulgata che il farmaco più costoso sia quello più efficace.

Non vanno dimenticati gli effetti iatrogeni provocati da un uso improprio dei farmaci. Si è assistito ad un aumento delle reazioni avverse a farmaci, soprattutto nei Paesi ad economia industriale avanzata, principalmente come conseguenza del loro crescente consumo. Le case farmaceutiche sono diventate dei colossi economici mondiali, che fanno affari nei settori più diversi, dalla chimica alla nutrizione, dai prodotti di bellezza ai prodotti per l’agricoltura. Si combattono tra di loro su brevetti, licenze, fette di mercato e hanno come unico e principale obiettivo quello di realizzare profitti astronomici. È stata rilevata la tendenza da parte del marketing farmaceutico a spingere verso una medicalizzazione farmacologica situazioni che non sono considerate patologiche. L’obiettivo è quello di creare nuovi mercati attraverso complesse e articolate campagne di comunicazione.

Quali sono le nuove frontiere della farmacologia? I farmaci biologici, che richiedono l’impiego di cellule e l’assemblaggio di proteine e di molecole di grandi dimensioni, gli anticorpi monoclonali, i vaccini a mRNA, l’uso dell’intelligenza artificiale che consente lo screening di milioni di molecole per identificare le sostanze con più specificità e selettività.

L’alternativa a un abuso dei farmaci? Garattini da sempre l’ha indicata in un equilibrato stile di vita, che egli stesso persegue. Mangiare poco, evitare il fumo e l’abuso di alcol, fare lunghe passeggiate, mantenere in costante esercizio il cervello, niente di più.