Terapia immunitaria dell’infezione da Clostridium difficile

Nel corso degli ultimi anni si è verificato un notevole aumento della prevalenza dell’infezione da Clostridium difficile in Nordamerica e in Europa con la comparsa di epidemie associate alla diffusione della tossina ipervirulenta (B1/NAP1/027). Sono inoltre comparse molte forme cliniche non associate a precedente trattamento antibiotico e forme acquisite non in ospedale, ma nella comunità (Kelly CP, La Mont JT. Clostridium difficile – more difficult than ever. N Engl J Med 2008; 359: 1932). La diffusione di questa tossina ha comportato un incremento degli insuccessi della terapia antibiotica e del numero delle ricorrenze.
Nell’intento di contrastare l’attività di questi nuovi ceppi di C.difficile, è stata studiata la possibilità di utilizzare un anticorpo monoclonale umano diretto contro la tossina A (CDA1) e un secondo anticorpo diretto contro la tossina B (CDB1); è noto che mentre la tossina B è essenziale per virulenza, la tossina A può non esserlo (Lyras D, O’Connors JR, Hawarth PM, et al. Toxin B is essential for virulence of Clostridium difficile. Nature 2009; 458: 1176).



Sono stati recentemente presentati i risultati di uno studio in fase 2, multicentrico, randomizzato, a doppio cieco sull’uso di questi due anticorpi nella prevenzione secondaria dell’infezione da C.difficile  (Lowy I, Molrine DC, Leav BA, et al. Treatment with monoclonal antibodies against Clostridium difficile toxin. N Engl J Med 2010; 362: 197). Gli anticorpi sono stati somministrati insieme in un’unica infusione venosa, ciascuno alla dose di 10 mg per kg di peso corporeo, a pazienti con infezione da C.difficile sintomatica, che erano in trattamento con metronidazolo o vancomicina, considerando come punto di riferimento primario una ricorrenza dell’infezione, confermata dal laboratorio, nel corso di 84 giorni dopo la somministrazione degli anticorpi o del placebo. Sono stati studiati 200 pazienti, 101 del gruppo anticorpi e 99 del gruppo placebo.
È stato osservato che la percentuale delle ricorrenze è stata inferiore nel gruppo anticorpi (7% vs 25%). Tra i pazienti nei quali è stato identificato il ceppo B1/NAP1/027 la percentuale delle ricorrenze è stata dell’8% nel gruppo anticorpi e del 32% nel gruppo placebo; le percentuali di ricorrenze nei pazienti che avevano avuto precedentemente più di una ricorrenza sono state rispettivamente 7% vs 38%. Non è stata notata una differenza significativa nella durata media del ricovero ospedaliero iniziale tra i due gruppi, mentre si è verificato un episodio grave in 18 pazienti del gruppo anticorpi contro 28 pazienti del gruppo placebo.
Gli autori ritengono che l’aggiunta di anticorpi monoclonali umani diretti contro le tossine A e B di C.difficile al trattamento con metronidazolo o vancomicina influenzi favorevolmente la storia naturale dell’infezione.
Viene sottolineato che un’unica infusione di anticorpi ha dato luogo a riduzione della percentuale di ricorrenze. È stato peraltro notato che nei confronti dei punti di riferimento secondari (tempo occorrente per la risoluzione della diarrea, numero dei giorni di ricovero per l’episodio iniziale, gravità della diarrea nell’episodio iniziale) i due gruppi di pazienti non hanno mostrato differenze significative.
Gli autori hanno rilevato che, al momento dell’arruolamento nello studio, i pazienti ricoverati erano significativamente più anziani e presentavano un indice di gravità significativamente più elevato rispetto ai pazienti esterni.
È stato segnalato che nei sette pazienti che hanno avuto un ricorrenza nonostante il trattamento con anticorpi, i livelli sierici di anticorpi  anti-tossina non sono stati più bassi di quelli dei pazienti dello stesso gruppo che non hanno avuto ricorrenze. Secondo gli autori ciò può essere dovuto a deficit dei meccanismi immunitari locali o sistemici di questi soggetti e anche al fatto che i livelli sierici di anticorpi neutralizzanti possono non sempre corrispondere ad adeguati livelli nella mucosa intestinale.
Gli autori concludono ritenendo che la somministrazione associata di anticorpi monoclonali umani diretti contro CDA1 e CDB1, in aggiunta agli antibiotici, possa ridurre in maniera significativa le ricorrenze dell’infezione da C.difficile.