Identificazione della malattia celiaca in pazienti con disturbi gastrointestinali

La malattia celiaca (MC) si presenta con un’ampia varietà di sintomi addominali del tutto aspecifici e di variabile intensità che ne rendono spesso difficile la diagnosi; pertanto molti pazienti non vengono tempestivamente riconosciuti con evidenti ripercussioni sulla prognosi.
Come noto, la diagnosi di MC si basa in primis sulla biopsia intestinale; tuttavia molti pazienti con sintomi addominali non hanno una MC. Da qui la necessità, da un lato, di evitare esami non necessari, e, dall’altro, di disporre di esami non invasivi per un efficace screening.



In una recente rassegna critica ci si è proposto di valutare il rendimento di prove diagnostiche non invasive, disponibili nella pratica medica di primo livello, da utilizzare in soggetti con MC silente (van der Windt DAWM, Jellema P, Mulder CJ, et al. Diagnostic testing for celiac disease among patients with abdominal symptoms. A systematic review. JAMA 2010; 303: 1738).
Sono stati esaminati i risultati di 16 studi interessanti complessivamente 6085 pazienti con un’ampia varietà di sintomi addominali ed è stata rilevata un’altrettanto ampia variabilità del valore diagnostico dei sintomi gastrointestinali nell’identificazione della MC.
La valutazione delle prove sierologiche ha mostrato un soddisfacente rendimento della misura degli anticorpi IgA-anti-transglutaminasi tessutale (IgA-tTG) e degli anticorpi IgA antiendomisio (EmA), mentre è stata osservata un’ampia variabilità nella sensibilità e nella specificità di anticorpi IgG antigliadina (IgG-AGA), anticorpi IgA antigliadina (IgA-AGA) e anticorpi IgG-anti-tranglutaminasi tessutale (IgG-tTG).
È stato osservato che, nei pazienti che si presentano al medico di famiglia con sintomi gastrointestinali, la prevalenza della MC varia dal 2 al 4% (Catassi C, Kryszak D, Louis-Jacques O, et al. Detection of celiac disease in primary care. Am J Gastroenterol 2007; 102: 1454). Senonché gli autori rilevano che disturbi gastrointestinali di vario genere e varia gravità sono frequenti nella cosiddetta “primary care”, cosicché, in queste circostanze, uno screening di tutti i pazienti non è ritenuto né efficiente, né necessario, mentre, come indicato da vari studi, oltre ai pazienti con anamnesi famigliare positiva per MC, quelli con sintomi addominali di lunga durata o refrattari a terapie sono più frequentemente sottoposti a screening. Gli autori si domandano allora quali criteri diagnostici debbano essere seguíti e rispondono che, in primis, i sintomi gastrointestinali, da soli, non sono sufficientemente indicativi. IgA-tTG e Ema mostrano un buon rendimento diagnostico, ma nessuno, da solo, è sufficiente a identificare pazienti con MC, anche se, riconoscono, Ema può mostrare un migliore rendimento, sebbene abbia rivelato una minore sensibilità e sia dipendente dall’operatore e soggetto ad ampie variazioni interpretative. Per questi motivi gli autori danno la preferenza all’IgA-tTG, test più semplice, automatizzato, attendibile, che è spesso consigliato come prima prova, seguíto da Ema per la conferma diagnostica e per decidere la biopsia intestinale.
Il rendimento di queste prove può cambiare qualora si tenga conto del rapporto di probabilità di IgA-tTG e di Ema calcolati isolatamente, poiché questo può cambiare quando adoperati sequenzialmente. Viene inoltre richiamata l’attenzione sulla netta dipendenza del rendimento diagnostico di queste prove dalla prevalenza della MC e dal suo spettro clinico. Si ritiene che siano necessari ulteriori studi randomizzati per confrontare differenti strategie diagnostiche e valutarne l’effetto  sulle decisioni terapeutiche e sul conseguente decorso della malattia, in rapporto al quadro clinico, alla qualità di vita dei pazienti ed alle conseguenze di risultati falsamente positivi o falsamente negativi.