Libri: recensioni
Fa’ che il cibo sia la tua medicina
e che la medicina il tuo cibo.

Ippocrate
Progressi nella nutrizione
del bambino
L’interesse scientifico sulla nutrizione ha una lunga storia: la Scuola salernitana già ne dettava alcuni principi-base. In epoche successive, circa due secoli fa, Lavoisier richiamò l’interesse dei medici sui processi di ossidazione degli alimenti e Magendie scoprì che le proteine erano necessarie per la sopravvivenza. Nel 1838, Franz Simon si produsse in una dissertazione in latino sulla biochimica del latte umano quale alimento base per la prima infanzia, assunto su cui di discute molto ancor oggi. La storia prosegue con la scoperta di Rubner sul contenuto energetico degli alimenti, con la costruzione del primo calorimetro atto a misurare la spesa energetica. Fin dall’inizio del secolo scorso, la ricerca si incentrò sui micronutrienti, in particolare sulle vitamine, termine coniato da Funk nel 1912, la deficienza delle quali produceva malattie: la Vit C per lo scorbuto (già noto ai naviganti), la Vit A per le patologie oculari, la Vit D per il rachitismo. Si deve arrivare al 1944 per le prime esperienze sulla nutrizione via endovenosa applicata ad un lattante di pochi mesi. Ma in quell’epoca la penicillina convogliò l’interesse verso altre sponde della ricerca, in contemporanea alla enunciazione della teoria dello stress da parte di Selye, che aprì nuovi orizzonti nella terapia di patologie acute e croniche su base immunitaria. Forse anche per questo la nutrizione e i suoi problemi sembrarono passare in secondo ordine, pure nell’area pediatrica; l’attenzione fu incentrata piuttosto sulle patologie infettive e su quelle croniche dei vari organi e apparati o sui vari difetti congeniti, sottovalutando il principio secondo cui la clinica non può prescindere dalla conoscenza di base di causa-effetto degli alimenti.
In seguito è emerso che non si possono trascurare le evidenze dell’epigenetica, che tengono conto dello sviluppo di un organismo e la concomitante formazione di organi e apparati partendo da una cellula indifferenziata. Il che comportò, dunque, recupero d’interesse sulle scienze di base: fisiologia, anatomia, ma in particolare sulla biochimica, con una importante e positiva ricaduta in pediatria clinica.



Tali acquisizioni, oggi, non sono più sufficienti. Già nel feto occorre prestare attenzione ai fini di una precoce diagnosi di malattia, oltre che cercare di identificare soggetti suscettibili a sviluppare malattia in età adulta. Un esempio è la possibile comparsa nell’adulto di affezioni cardiocircolatorie presenti nel neanato prematuro. Non appare superfluo, o fuori tempo, l’antico detto: «
Homo est quod puer est».
Numerose aree della medicina: l’immunologia, la genetica, la chirurgia dei trapianti d’organo hanno avuto un percorso rapido nell’acquisire nuove conoscenze. Da circa vent’anni, nella Facoltà di Medicina di vari atenei, ha guadagnato campo, come specialità, anche la Scienza dell’Alimentazione, prezioso ausilio nel trattare, o nel prevenire, patologie con frequente insorgenza nell’età evolutiva. Ne è esempio tipico e drammatico l’obesità. L’alimentazione, quale applicazione pratica della nutrizione, quindi, al fianco di determinate terapie specifiche: siano esse antibiotiche, chemioterapiche, cardiovascolari, oncologiche, chirurgiche. Ce ne fornisce testimonianza un maneggevole volume della serie “Nestlé Nutrition In stitute Workshop”: Koletzko B, Koletzko S, Ruemmele F (eds). Drivers of innovation in pediatric nutrition. Karger, Basel 2010, pp 228.
Berthold Koletzko sottolinea, nel capitolo introduttivo, che per “innovation” si deve intendere non semplicemente creare, ma anche, e soprattutto, implementare e migliorare nuove strade di pensiero, di ricerca e sviluppo. I capitoli successivi prendono in considerazione il passaggio dall’allattamento al seno a quello con formule e le innovazioni che in queste sono state apportate dall’industria, non solo per più adeguate composizioni quantitative e qualitative di proteine, grassi e carboidrati, ma anche per quelle componenti che, avendo a modello la composizione del latte umano, costituiscono supporto allo sviluppo delle cellule cerebrali e del sistema immunitario.
Una particolare attenzione è rivolta alla malnutrizione, o meglio all’ inadeguata quantità di nutrienti, da cui la maggiore prevalenza di infezioni, specie da HIV, soprattutto nell’Africa sub-sahariana.
A seguire, vengono trattati i progressi nella nutrizione enterale con l’utilizzo di formule lattee speciali. Ed ancora, l’interazione tra patrimonio genetico e i nutrienti di cui è tipico esempio la malattia celiaca, ove un particolare assetto genetico molecolare fa emergere la patologia quando il glutine è presente negli alimenti. Non viene trascurato l’aspetto economico della nutrizione infantile, che vede favorito l’allattamento al seno per più tempo possibile, sempre che sia salvaguardata la crescita e la maturazione dei vari organi e apparati. Si sottolinea, in proposito, l’importanza di alcuni micronutrienti, come il ferro, lo iodio, lo zinco, minerali indispensabili anche al successivo momento del divezzamento. Capitolo di attualità è quello del rapporto tra l’introduzione in eccesso di alcuni alimenti, corresponsabile, fin dai primi mesi di vita, di un percorso verso l’obesità. Durante il mio periodo di insegnamento, tenevo sempre a sottolineare che “l’obesità nasce in culla”, fermo restando che anche in questa patologia può esservi una componente genetica.
Gli aspetti economici, la pubblicità, la bioetica, sono, infine,  oggetto di altrettanti capitoli ben documentati e ben scritti.
Il libro presenta come fondamentale il ruolo del pediatra, né poteva essere altrimenti: al pediatra, infatti, spetta il ruolo di promuovere ed educare la famiglia e i bambini verso la scelta di una alimentazione equilibrata, oltre che verso corretti stili di vita.
Un paio di annotazioni ulteriori mi sembrano opportune.
La prima: negli anni ’70, l’Enciclopedia Medica Francese di Pediatria, che all’epoca era testo di riferimento per la maggior parte dei pediatri, riportava testualmente: «Siamo giunti ad un punto così evoluto della composizione del latte in polvere, che questo eguaglia le proprietà del latte materno».
Seconda annotazione. A prescindere dalla durata dell’allattamento, sia al seno sia con formula, ritengo che la quantità e la qualità dell’alimento che il bambino deve assumere nelle epoche successive non abbia necessariamente a seguire regole rigide ed uniformi. Ogni soggetto, oltre al proprio gusto, ha – infatti – un suo metabolismo: la soggettività del confronto col cibo e la peculiarità degli alimenti disponibili in un territorio rendono impraticabile l’omologazione di un programma nutrizionale. C’è il Nord e il Sud, ci sono tradizioni alimentari diverse, oltre che situazioni climatiche differenti. Se teniamo conto di queste variabili, non possiamo non esprimerci, ormai, se non in termini di “antropologia nutrizionale”; purché sia assicurato un adeguato apporto qualitativo e quantitativo.

Pier Luigi Giorgi
Professore f.r. di Clinica Pediatrica

Libri ricevuti: informazioni

Il tempo di morire. Manuale per il medico di famiglia. Giuliano Bono. Presentazione di Giacomo Milillo. Prefazione di Claudio Cricelli. Pagine XVI + 152. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2010; Euro 16,00. ISBN 978-88-490-0353-6.




Nella realtà quotidiana, medici e pazienti e famiglie vivono la fine dell’esistenza come un evento condiviso, in cui la dimensione medica viene alla lunga sopraffatta e superata dalla vicinanza umana e relazionale. Da sempre la casa del malato è stata aperta al medico curante. Si abbassa la voce, si inizia un percorso fatto di scelte dolorose. Si parla con i congiunti di cosa fare, quale terapia somministrare. Si ragiona di come evitare inutili accanimenti terapeutici. Emergono le opinioni, le culture, i sensi di colpa. Il medico e la famiglia si confrontano sul fine vita.
In questa fase il medico è l’ultimo riferimento, l’ultima guida. Da lui dipende l’evitare inutili sofferenze, e spesso altrettanto inutili cure. Da lui dipende la rassicurazione ed il conforto al morente e alla famiglia. Per arrivarci, tuttavia, ci vuol tempo ed esperienza. Ci vuole tecnica e cuore, cultura, umanità e passione. Dice bene Giuliano Bono: per occuparsi della morte degli altri occorre fare i conti con la propria.
Di tali argomenti si legge nelle pagine di questo molto fruibile manuale per il medico di famiglia. Senza la retorica talvolta presente nel trattare temi che costituiscono l’estremo limite di ogni disciplina umana.

The doctor is in. Capire l’inglese delle riviste scientifiche. Jacqueline M. Costa. Pagine 176. In brossura. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2010; Euro 32,00. ISBN 978-88-490-000328-4.




Dalla Introduzione dell’A.: «
Lo scopo di questa Guida è quello di indicare la strada e i modi concreti di cui si ha bisogno per migliorare le capacità di lettura dell’inglese. Il libro si compone di 20 unità basate su testi estrapolati dalla letteratura scientifica (solitamente riassunti: Abstracts) integrati da un vocabolario ragionato e da esercizi per la comprensione della sintassi e della grammatica. Una “Extra Reading Unit” fornisce un’ulteriore base lessicale e un’aggiuntiva opportunità di lettura.»


A cura di Agnese Fois