In questo numero

Dai 500 milioni di cellulari di 10 anni fa ai tre miliardi di oggi. Dal miliardo di utenti di Facebook ai 1,5 trilioni di messaggi mandati ogni anno sullo stesso social network. Dai 103 miliardi di pagine viste sul sito di Zuckerberg ai 46 milioni di pagine viste su Google in 4 ore. La “rivoluzione informatica” non solo è già avvenuta ma è in fase matura. Medicina e salute giocano un ruolo importante: il 35 per cento degli adulti statunitensi va a caccia di informazioni sanitarie in rete che, in circa la metà dei casi, motivano a rivolgersi al medico. La stessa ricerca della Pew Internet (gennaio 2013) ci dice che il 38 per cento delle volte il clinico conferma la diagnosi già formulata dall’aspirante paziente sulla base delle notizie trovate su web. Rivoluzione, dunque, o – come la chiama Eric Topol – “distruzione creativa” della medicina per effetto dell’integrazione tra informatica e genomica?

La panoramica di Silvia Rocchiccioli et al. lascia intravedere  scenari di protocolli diagnostici personalizzati capaci di guidare verso strategie di terapia e riabilitazione realmente individuali. Altra integrazione è quella tra ospedale e territorio; Vittoria Tibaldi et al. inquadrano in una cornice più ampia, italiana e internazionale, quanto avviato in Regione Piemonte nell’ambito della assistenza domiciliare “telemonitorata”. La telemedicina lascia spazio alla e-care in cui – più che essere controllato da una postazione remota – il paziente partecipa alla gestione delle proprie condizioni di salute. Non tutto funziona ancora alla perfezione, ovviamente; lo vediamo anche dai risultati della revisione sistematica condotta dal Cochrane Metabolic and Endocrine Disorders Group che ha verificato i benefici dei controlli effettuati dal paziente nella gestione del diabete di tipo 2, utilizzando smartphone o computer. Come spiega Eugenio Santoro nel suo Editoriale, un primo, importante risultato sembra davvero a portata di mano: da una gestione paternalistica e unidirezionale della salute/malattia, si sta progressivamente affermando un approccio nuovo, più partecipato da parte del paziente e probabilmente più consapevole da parte del personale sanitario.

Fermo restando, come scrivono Tibaldi et al., che «lo sviluppo della eHealth […] non può prescindere da un’evoluzione generale delle politiche e dei sistemi sanitari e da una “rivoluzione culturale” che, attraverso una puntuale e diffusa informazione di tutti i cittadini […], riesca a creare la consapevolezza delle grandi potenzialità di una sanità tecnologicamente avanzata e innovativa».