In questo numero

Un milione e ottocento nuovi articoli ogni anno pubblicati sulle circa 25 mila riviste medico-scientifiche internazionali. Parecchi di loro vanno ad aggiungersi agli oltre 344 mila resoconti di studi controllati randomizzati indicizzati su Med Line al giugno 2013. Un’enorme mole di dati, gran parte dei quali si rivela di scarsa utilità o, anche nei casi di riviste di assoluto prestigio, di relativa affidabilità, essendo anche le informazioni proposte negli articoli più frequentemente citati a forte rischio di smentita. Uno dei limiti maggiori è la cosiddetta “validità esterna” del trial che – condizionando la cosiddetta “effectiveness” dell’intervento sanitario oggetto di studio – limita la trasferibilità delle conclusioni della ricerca al mondo reale: l’assistenza quotidiana alla persona malata. È un problema molto ben spiegato da diversi tra gli autori dei lavori raccolti in questo numero di Recenti Progressi in Medicina, dedicato ad una serie di esperienze che hanno dato visibilità e prestigio alla ricerca clinica e sanitaria del nostro Paese.

Supportare l’attività di ricerca clinica con dei Registri di patologia o di dispositivi medici è un esercizio prezioso per la salute dei cittadini. Infatti, soprattutto in un’epoca di fast-track publication e di generalizzata “urgenza” di introdurre [potenziali] innovazioni, è una misura protettiva perché – prima ancora sulla efficacia – vigila sulla sicurezza dei medicinali e dei device. Ma è un esercizio molto utile anche per i clinici: restituisce al medico, al farmacista e all’infermiere un ruolo importante nell’attività di ricerca. Non dobbiamo dimenticare, a questo proposito, che la produzione di letteratura scientifica è purtroppo nelle mani di una percentuale ridotta di ricercatori e clinici: poco più di 8 milioni di persone nel mondo che, delle informazioni medico-scientifiche, finiscono con l’essere autori e lettori.

Curare registri sarebbe rientrato perfettamente in quello che George Perec definiva “l’inventario del quotidiano”. “Quel che ci parla è sempre l’avvenimento, l’insolito, lo straordinario: articoli in prima pagina su cinque colonne, titoli a lettere cubitali”. Così si apre il brano che chiude questo fascicolo della rivista nello spazio “Medicina e Letteratura”. “I giornali parlano di tutto, tranne che del giornaliero. I giornali mi annoiano, non mi insegnano niente; quello che raccontano non mi riguarda, non mi interroga né tanto meno risponde alle domande che mi pongo o che vorrei porre”.

Interrogare l’abituale: serve, eccome se serve.