Endoscopia digestiva: vie biliari e pancreas

Guido Costamagna1

1UOC, Endoscopia Digestiva Chirurgica, Policlinico Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Endoscopie Digestive, Université de Strasbourg, USIAS, France.

Pervenuto su invito il 12 aprile 2016.

Riassunto. I recenti sviluppi tecnologici nel campo della colangiopancreatografia retrograda endoscopica e della ecoendoscopia hanno aperto nuovi scenari sia per la diagnosi sia per il trattamento delle patologie delle vie biliari e del pancreas. Per esempio, la rimozione di grandi calcoli delle vie biliari è stata resa possibile con la sfinterotomia endoscopica biliare seguita dalla dilatazione pneumatica della papilla. Anche la colangioscopia è evoluta in termini di migliore visualizzazione diretta delle vie biliari, il campionamento bioptico e il trattamento delle litiasi biliari. Le protesi metalliche autoespandibili oggi sono utilizzate per lo più nelle stenosi maligne delle vie biliari, ma negli ultimi anni anche il loro ruolo nelle stenosi benigne è stato ampiamente studiato. La rapida evoluzione nel campo della radiofrequenza ha portato nuovi dispositivi che rendono più sicura l’ablazione e la palliazione dei tumori delle vie biliari. Le protesi biliari metalliche sono utilizzate anche per il drenaggio ecoendoscopico delle necrosi pancreatiche, per la coledocoduodenostomia e la colecistogastrostomia.

Parole chiave. Calcoli biliari, colangiopancreatografia retrograda endoscopica, ecoendoscopia, necrosi pancreatica, protesi metalliche autoespandibili, radiofrequenza, stenosi biliari maligne e benigne.

Digestive endoscopy: biliary tract and pancreas.

Summary. New technological developments in endoscopic retrograde cholangiopancreatography and endoscopic ultrasound, both for diagnosis and treatment of biliary and pancreatic diseases, have opened up new scenarios in the recent years. For instance, removal of large bile duct stones with endoscopic sphincterotomy followed by large balloon dilation has been proven to be a safe and effective technique. Also cholangioscopy evolved in terms of better imaging, tissue acquisition and stones management. Self-expandable metal stents are used mostly for malignant diseases, but their role in benign diseases has also been deeply investigated in the last years. The rapid evolution in the field of radiofrequency brought new devices for safer ablation and palliation of biliary tumours. Self-expandable metal stents are also used for ultrasound-guided drainage of walled off pancreatic necrosis and for choledocoduodenostomy and cholecystogastrostomy.

Key words. Biliary calculi, endoscopic retrograde cholangiopancreatography, endoscopic ultrasound, malignant and benign biliary stenosis, pancreatic necrosis, radiofrequency, self-expandable metal stents.

Introduzione

Il ruolo dell’endoscopia nella diagnosi e trattamento delle patologie bilio-pancreatiche ha acquisito, negli ultimi anni, un ulteriore incremento grazie allo sviluppo e all’affermazione di nuove tecniche e tecnologie sia nell’ambito della colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE) sia in quello dell’ecoendoscopia (EUS). In questo articolo, che non ha nessuna pretesa di essere esaustivo, ne verranno descritte e discusse alcune di quelle che possono avere un impatto sull’attività quotidiana di un servizio di endoscopia digestiva che si occupa di patologia bilio-pancreatica.

CPRE

Dilatazione pneumatica della papilla

Una delle principali indicazioni all’esecuzione di una CPRE terapeutica rimane la calcolosi della via biliare principale (VBP). L’approccio tradizionale consiste nell’esecuzione di una sfinterotomia endoscopica seguita dall’estrazione dei calcoli dalla VBP con cestelli di Dormia o cateteri a palloncino di Fogarty a seconda delle dimensioni e della consistenza dei calcoli stessi. Le principali complicanze della sfinterotomia endoscopica sono rappresentate dalla pancreatite acuta, dall’emorragia e dalla perforazione retroduodenale: le ultime due sono sostanzialmente correlate con l’estensione verso l’alto dell’incisione dell’infundibolo papillare. Il limite più importante all’estrazione dei calcoli della VBP è invece legato alle loro dimensioni, sia assolute che relative al diametro della VBP terminale (disproporzione). Per limitare il rischio di complicanze e per facilitare l’estrazione dei calcoli di grosse dimensioni si è ricorso, sempre più frequentemente negli ultimi anni, all’associazione di una sfinterotomia limitata con un’immediata dilatazione pneumatica della sfinterotomia stessa calibrata sul diametro della VBP (in genere da 10 a 15 mm) (figura 1)1. Numerosi studi2-8 hanno confrontato questo atteggiamento con la metodica classica, associata o meno alla litotrissia meccanica in caso di calcoli di grosse dimensioni, dimostrando la sicurezza e l’efficienza della metodica combinata. L’esecuzione di una sfinterotomia limitata dovrebbe proteggere, almeno parzialmente, dal rischio di pancreatite acuta: in effetti, uno studio comparativo tra sfinterotomia endoscopica e dilatazione pneumatica della papilla per calcolosi della VBP condotto nei primi anni 2000 negli USA era stato sospeso prima del termine per l’elevata incidenza di pancreatite acuta nel gruppo sottoposto a sola dilatazione pneumatica9. Alcuni dettagli tecnici10 sono importanti per limitare i rischi di questa metodica: a) utilizzare palloni ad alta pressione su filo guida, gonfiandoli lentamente e progressivamente fino a ottenere il diametro previsto senza superare il diametro della VBP a monte, per limitare il rischio di perforazione; b) mantenere il pallone gonfio per circa un minuto (alcuni autori raccomandano di prolungare la dilatazione a 2 minuti), al fine di ottenere una dilatazione efficace e limitare il rischio di emorragia comprimendo il tessuto.




L’impiego di questa tecnica ha permesso di limitare il numero di litotrissie meccaniche che, pur generalmente molto efficaci nel frammentare i grossi calcoli e facilitarne l’estrazione, hanno tuttavia alcuni limiti: impossibilità di catturare il calcolo per le dimensioni o per la posizione, rischio di rottura del Dormia durante la litotrissia, incarceramento del Dormia in caso di mancata frammentazione. Nell’algoritmo odierno delle procedure di estrazione litiasica, la dilatazione pneumatica può essere presa in considerazione come seconda manovra, dopo una sfinterotomia anche non completa, in caso di litiasi della VBP di grosse dimensioni o in caso di disproporzione tra le dimensioni dei calcoli e del tratto terminale del coledoco. La dilatazione pneumatica della papilla intatta dovrebbe essere evitata per l’alto rischio di pancreatite acuta: rimane peraltro l’unica opzione in caso di gravi disturbi della coagulazione e in casi particolari, quali alterazioni anatomiche delle prime vie digestive (pregressa resezione gastroduodenale secondo Billroth II, pregresso by-pass gastrico per obesità, ecc.), quando la regione papillare può essere raggiunta solo con strumenti a visione frontale e l’esecuzione di una sfinterotomia può essere inattuabile11,12. Per prevenire l’insorgenza di una pancreatite acuta, in questi casi è stato proposto il posizionamento sistematico di una piccola protesi pancreatica temporanea13.

Colangioscopia

La colangioscopia transpapillare non è una tecnica nuova, essendo stata descritta alla fine degli anni ’7014. Negli ultimi anni, tuttavia, dopo che per molto tempo è rimasta una tecnica di nicchia soprattutto per l’alto costo legato alla fragilità dei colangioscopi a fibre ottiche, la colangioscopia è ritornata di attualità grazie all’avvento di nuove tecnologie, che l’hanno resa più semplice da eseguire e con qualità d’immagine nettamente migliorata. Per molti anni la colangioscopia transpapillare si è basata sul concetto del “mother and baby scope”, che richiede due operatori, uno che manovra il duodenoscopio “mother” e l’altro che manovra il colangioscopio “baby” introdotto nel canale operatore. Con la creazione del sistema chiamato SpyGlass (Boston Scientific, USA), a uso singolo e manovrabile da un solo operatore che controlla sia il duodenoscopio sia il colangioscopio che viene fissato sul manico del duodenoscopio, il concetto di colangioscopia è stato rivoluzionato e ha reso l’esame molto più accessibile15. In pratica, l’operatore può decidere in qualsiasi momento dell’ERCP di eseguire una colangioscopia, senza che questa debba essere stata programmata in partenza (“plug and play”). Il sistema, che nella sua versione iniziale utilizzava un fascio di fibre ottiche per ottenere l’immagine, è stato recentemente realizzato nella versione digitale ottenendo un sensibile miglioramento della qualità dell’immagine e una maggiore manovrabilità degli accessori (pinze da biopsia, fibre laser per litotrissia) grazie a un piccolo incremento del diametro del canale operatore16.

Le principali indicazioni a eseguire una colangioscopia non si sono modificate negli anni17. A scopo diagnostico, l’osservazione diretta della mucosa delle vie biliari viene principalmente utilizzata per la diagnosi differenziale (benigno/maligno) delle stenosi indeterminate e per l’ottenimento di biopsie mirate delle lesioni intraduttali. La principale indicazione terapeutica è invece rappresentata dalla litotrissia intracorporea dei grossi calcoli inestraibili con metodiche tradizionali (figura 2): questa può essere eseguita con sonde da litotrissia elletroidraulica oppure con luce laser (i più utilizzati sono i laser a olmio)18. Altre indicazioni descritte, ma molto più rare, sono le seguenti: inserzione di filo guida sotto visione diretta in caso di stenosi “difficili”, di fibre per terapia fotodinamica, di minisonde ecografiche e di fibre laser per studio della superficie mucosa con microscopia confocale.




Lo stesso strumento può anche essere utilizzato sul versante pancreatico, anche se le indicazioni alla pancreatoscopia sono molto più rare. Di fatto, esse si limitano all’esplorazione del sistema duttale in caso di neoplasia papillare mucosecernente coinvolgente il dotto pancreatico principale (IPMN-Main Duct) per stabilire l’estensione della patologia e ottenerne un campione bioptico in vista di una resezione chirurgica19. Nonostante la facilità d’uso di questi nuovi sistemi, le complicanze registrate (pancreatite e colangite acuta) sono purtroppo ancora superiori rispetto all’ERCP terapeutica non associata alla colangioscopia: per questa ragione, il suo impiego viene a tutt’oggi raccomandato solo in Centri terziari di riferimento20.

Anche la colangioscopia diretta transorale, descritta già negli anni ’7021, ma di fatto rimasta per molti anni inutilizzata, è recentemente riemersa nella pratica clinica grazie alla disponibilità di endoscopi di piccolo calibro22 e allo sviluppo di prototipi dedicati (Olympus, Tokyo, Japan)23. Le indicazioni alla colangioscopia diretta transorale sono essenzialmente le stesse della colangioscopia trans-duodenoscopio. La percentuale di successo è però decisamente inferiore per la difficoltà della tecnica di inserimento dell’endoscopio attraverso la sfinterotomia e di mantenimento dello stesso nella corretta posizione una volta all’interno delle vie biliari. Per contro, la qualità dell’immagine endoscopica è ovviamente nettamente superiore e l’impiego di strumenti dedicati permette anche di utilizzare metodiche di cromoendoscopia virtuale, come il Narrow Band Imaging (NBI), che potrebbero avere un impatto positivo sulle capacità di discriminare le lesioni neoplastiche da quelle infiammatorie.

La colangioscopia rappresenta sicuramente un importante mezzo diagnostico-terapeutico complementare all’ERCP: ma qual è il suo reale impatto sull’outcome dei pazienti con patologia bilio-pancreatica? Per quanto riguarda l’aspetto diagnostico, l’importanza della colangioscopia è senz’altro inversamente proporzionale alla qualità della radiologia impiegata in corso di ERCP. La qualità della radiologia, ma anche la qualità della capacità interpretativa delle immagini radiologiche, non è un aspetto secondario dell’ERCP, bensì parte integrante fondamentale per la corretta diagnosi e terapia: l’utilizzo della colangioscopia può sopperire solo parzialmente a una radiologia non ottimale e, comunque, a costi non indifferenti. Per quel che riguarda l’aspetto terapeutico (calcolosi “difficili”), la principale alternativa alla litotrissia intracorporea sotto visione è rappresentata dalla litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL). Ne consegue che se l’accesso a una ESWL è facile, l’importanza della disponibilità della litotrissia intracorporea verrà diminuita. Peraltro, il vantaggio principale di poter disporre di un colangioscopio e di un sistema di litotrissia intracorporea è quello di poter risolvere il caso durante un’unica procedura. L’importanza pratica della colangioscopia deve quindi oggi essere valutata nel contesto generale dell’organizzazione locale, che può essere molto variabile da caso a caso. Il volume dell’attività di ERCP è ovviamente un’ulteriore discriminante da valutare in questo contesto.

Protesi metalliche autoespandibili nella patologia benigna

Il posizionamento di protesi metalliche autoespandibili è considerato attualmente il trattamento di scelta per la palliazione delle stenosi neoplastiche biliari in pazienti inoperabili o con neoplasie non resecabili chirurgicamente24. Per ovviare alla crescita neoplastica attraverso le maglie metalliche di queste protesi, principale causa di malfunzionamento nei mesi successivi al loro posizionamento, sono state sviluppate dapprima protesi metalliche parzialmente ricoperte da materiale plastico di vario tipo e, più recentemente, anche totalmente ricoperte. Queste ultime, essendo teoricamente sempre rimovibili grazie alla loro copertura che impedisce la crescita di tessuto all’interno delle maglie, sono potenzialmente utilizzabili anche per il trattamento di patologia benigna che non richiede un trattamento protesico definitivo. Le stenosi benigne delle vie biliari suscettibili di trattamento endoscopico sono essenzialmente di tre tipi: le stenosi iatrogene post-operatorie della via biliare principale, le stenosi dell’anastomosi coledoco-coledocica dopo trapianto di fegato ortotopico e le stenosi del coledoco intrapancreatico che si possono manifestare nel corso dell’evoluzione di una pancreatite cronica (figura 3). Pur essendo molto diverse tra di loro per localizzazione, caratteristiche anatomo-patologiche e storia naturale, tutte possono beneficiare di un trattamento endoscopico definitivo mediante posizionamento di protesi a scopo dilatativo. La strategia correntemente adottata e ampiamente validata consiste nel posizionamento di protesi di plastica multiple di grosso calibro (8.5, 10, 11.5 French)25: in genere le protesi vengono lasciate in sede per 3-5 mesi e, alla procedura successiva, il loro numero viene aumentato progressivamente fino a ottenere la scomparsa radiologica della stenosi. Questo trattamento ha di solito la durata di 12 mesi e richiede quindi l’esecuzione di 3-4 ERCP, in media. I risultati, anche a lungo termine, di questa strategia terapeutica sono ottimi26, in particolare per le stenosi iatrogene e post-trapianto di fegato27, con risoluzione della stenosi in più del 90% dei casi. Tuttavia, questa strategia terapeutica è impegnativa, richiede un’ottima compliance da parte del paziente e necessita di plurimi interventi endoscopici, con i relativi costi. Inoltre, i risultati ottenuti in caso di pancreatite cronica non sono ottimali. Un’alternativa alle protesi di plastica multiple può essere rappresentata dalle protesi metalliche autoespandibili completamente ricoperte (fully covered self-expanding metal stents - FC-SEMS) grazie alla loro caratteristica di essere rimovibili. I vantaggi del loro impiego deriverebbero dal calibro della dilatazione ottenibile con una sola protesi (8 o 10 mm) e dal numero di ERCP ridotto a due: una per l’impianto e la seconda per la rimozione a termine trattamento. Diversi studi hanno valutato questa ipotesi, ottenendo risultati molto promettenti: lo studio multicentrico più numeroso28 ha dimostrato che la risoluzione della stenosi può essere ottenuta nel 76% dei casi con una recidiva, a circa due anni dalla rimozione, del 14%. Uno studio randomizzato multicentrico ha recentemente comparato l’efficacia delle protesi di plastica con quella delle FC-SEMS29: la risoluzione della stenosi è stata ottenuta in 41/48 (85,4%) nel gruppo di pazienti trattati con protesi di plastica e in 50/54 (92,6%) in quello trattato con protesi metalliche. Il numero di ERCP era in media di 3,24 e 2,14 nei due gruppi (p<0,001). Entrambi questi studi hanno un limite importante: quello di aver arruolato solo un piccolo numero di stenosi iatrogene. Le stenosi iatrogene post-colecistectomia sono tecnicamente le più difficili da trattare e spesso presentano caratteristiche che non consentono l’impiego di protesi metalliche. In primo luogo esse sono spesso localizzate al terzo superiore della VBP in vicinanza della convergenza biliare: l’impiego di protesi metalliche coperte rischierebbe di interrompere la convergenza biliare stessa con le prevedibili conseguenze. In secondo luogo, la VBP al di sotto della stenosi è in questi casi generalmente di calibro normale, con conseguente rischio di danno indotto da protesi metalliche del diametro di 8-10 mm. Ulteriori limiti all’impiego di FC-SEMS nelle stenosi benigne sono relativi al loro rischio di migrazione distale nel corso del trattamento, con conseguente riduzione dei tempi di dilatazione efficace della stenosi, e, più raramente, di migrazione prossimale, con conseguente difficoltà nella loro rimozione. In quest’ultimo caso può rendersi necessario ricorrere al posizionamento di una seconda protesi all’interno di quella migrata prossimalmente per poi procedere, a distanza di qualche settimana, alla rimozione di entrambe30. Anche il tempo di permanenza della protesi per ottenere un’adeguata dilatazione della stenosi è ancora oggetto di studio: nella maggior parte delle esperienze pubblicate, le protesi vengono lasciate in sede da 3 a 6 mesi, ma, in qualche caso, anche un anno. Queste tempistiche sono scelte in maniera empirica, ed è probabile che, grazie a ulteriori studi, il tempo di permanenza delle protesi verrà deciso in funzione dell’eziologia della stenosi. Non avendo quindi parametri definitivi, l’utilizzo delle FC-SEMS nella patologia benigna viene attualmente consigliato soltanto nell’ambito di studi clinici24.




Ablazione con radiofrequenza (RFA)

Da numerosi anni sono disponibili diverse tecnologie per l’ablazione tissutale, alcune delle quali utilizzabili anche per via endocanalare nelle vie biliari: in particolare, la terapia fotodinamica31 e la brachiterapia con fili di iridio13132. Entrambe queste tecnologie sono state principalmente utilizzate nell’ambito del trattamento palliativo di neoplasie inoperabili coinvolgenti le vie biliari, in associazione con il trattamento protesico ed eventualmente di altre terapie adiuvanti, nell’intento di ottenere un controllo locale della malattia e di prolungare la pervietà delle protesi. L’evidenza scientifica disponibile a supporto dell’utilizzo sistematico di queste terapie è però ancora piuttosto debole, per la mancanza di un numero adeguato di studi prospettivi randomizzati. Inoltre, si tratta di procedure ad alto impegno tecnologico e dai costi piuttosto elevati.

La radiofrequenza (corrente multipolare a elevatissima frequenza, 450-500 kHz) è stata utilizzata largamente per il trattamento locale di tumori solidi di vari organi (in particolare nelle metastasi epatiche da carcinoma colorettale33, generalmente somministrata per via percutanea dopo puntura del bersaglio sotto guida ecografica. Recentemente, sono stati sviluppati dei cateteri per radiofrequenza utilizzabili, per via endoscopica e su filo guida, nel distretto biliare. Attualmente sono disponibili due sistemi: il catetere di Habib (EndoHPB, EMcision Ltd, London, UK), che utilizza come generatore di corrente l’unità di diatermocoagulazione ERBE (figura 4)34, e il sistema Starmed (TaeWoong, South Korea), che comprende, oltre alle sonde con diverse lunghezze della parte attiva, uno specifico generatore con sistemi di controllo della temperatura molto sofisticati. Il principio della RFA nelle vie biliari si basa sulla capacità di indurre una necrosi tissutale secondaria al calore sviluppato tra gli elettrodi posti sul catetere: la termoablazione ha come primo obiettivo la citoriduzione delle stenosi neoplastiche prima dell’inserimento di protesi35, ma è stata utilizzata anche per la ricanalizzazione di protesi metalliche occluse dalla crescita neoplastica tra le maglie (ingrowth)36. Un’ulteriore indicazione “di nicchia” è la termoablazione del tessuto adenomatoso residuo dopo papillectomia, in caso di crescita intracoledocica dell’adenoma.




La RFA intrabiliare non è priva di complicanze, in particolare di tipo emorragico, e va utilizzata con prudenza soprattutto a livello delle vie biliari intraepatiche per la stretta connessione anatomica con le strutture vascolari della triade portale37.

Al momento non sono disponibili studi prospettici randomizzati che dimostrino l’efficacia della RFA in termini di miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con neoplasie avanzate del distretto bilio-pancreatico. Tuttavia, l’ipotesi che la RFA possa indurre anche effetti sistemici positivi di tipo immunomodulatore è attualmente allo studio38.

La RFA potrebbe quindi porsi come valida alternativa ad altre tecniche di ablazione tissutale, per la sua semplicità di esecuzione, per il costo molto contenuto e per la relativa sicurezza39.

EUS

L’ecoendoscopia sta assumendo un ruolo sempre più importante nella gestione della patologia bilio-pancreatica sia dal punto di vista diagnostico sia da quello terapeutico. In questo ambito, gli strumenti a scansione lineare hanno praticamente soppiantato quelli a scansione radiale proprio per la capacità di assolvere a entrambi i compiti. Recentemente, grazie allo sviluppo tecnologico delle protesi autoespandibili, una serie di interventi eseguiti sotto guida ecoendoscopica sono diventati possibili e stanno progressivamente trovando la loro collocazione negli algoritmi terapeutici.

Drenaggio ecoendoguidato di necrosi pancreatiche

Il drenaggio delle raccolte fluide pancreatiche sotto guida ecoendoscopica è ormai da molti anni considerato come il “gold standard”. A tal fine vengono generalmente utilizzate una o più protesi di plastica a doppio “pigtail”, per via transgastrica o transduodenale, che garantiscono lo svuotamento del contenuto liquido delle raccolte. In caso di raccolte a contenuto parzialmente o prevalentemente solido (walled off pancreatic necrosis - WOPN), e soprattutto per le necrosi infette, il drenaggio con protesi di plastica non è solitamente sufficiente a evacuare la parte necrotica e infetta. Dopo aver penetrato la raccolta con un ago da 19G e posizionato un filo guida, l’inserimento di protesi metalliche autoespandibili di grosso calibro (≥10 mm) facilita lo svuotamento spontaneo del materiale necrotico e, qualora fosse necessario, consente l’accesso alla cavità di un gastroscopio a visione frontale per effettuare una “necrosectomia” attiva utilizzando sotto visione diretta vari accessori (anse da polipectomia, cestelli di Dormia, pinze da corpo estraneo, retini per recupero polipi, ecc.). Questo approccio mini-invasivo a una patologia molto complessa è stato confrontato con il trattamento chirurgico tradizionale in uno studio multicentrico randomizzato e controllato su 22 pazienti40. Nel gruppo di pazienti sottoposti a necrosectomia endoscopica, gli autori hanno osservato una netta riduzione della risposta proinfiammatoria (misurazione di interleuchina 6), ridotte complicanze post-intervento, sanguinamento, fistole o morte. Mentre all’inizio di questa esperienza venivano utilizzate le stesse protesi metalliche impiegate nelle vie biliari, un ulteriore progresso è stato ottenuto grazie alla messa a punto di protesi metalliche autoespandibili dedicate, in grado di giustapporre i due versanti della comunicazione tra stomaco e raccolta, diminuendo drasticamente il rischio di migrazione (Nagy stent, TaeWoong, South Korea e Axios, Boston Scientific, USA)41,42. Nel sistema Axios è stata successivamente introdotta un’ulteriore modifica (punta dell’ago diatermica e rilascio sotto esclusivo controllo ecografico della protesi senza posizionamento di filo guida – Hot-Axios) che rende la procedura molto rapida ed efficace.

Coledocoduodenostomia e colecistogastrostomia ecoendoguidate

Lo stesso modello di protesi (Hot-Axios), di dimensioni ridotte, in grado di giustappore i tessuti, viene anche utilizzato per creare un’anastomosi coledoco-duodenale in caso di ittero ostruttivo neoplastico con papilla non raggiungibile o non incannulabile43. Con lo stesso principio si possono oggi trattare pazienti con colecistite acuta a elevato rischio chirurgico, creando un’anastomosi colecisto-gastrica in alternativa a una colecistostomia percutanea.

Sia la coledoco-duodenostomia sia la colecisto-gastrostomia ecoendoguidate sono attualmente oggetto di studi prospettivi e comparativi.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

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