Adelante, con juicio…

Massimo Di Maio1

1Dipartimento di Oncologia, Università di Torino; SCDU Oncologia Medica, AO Ordine Mauriziano, Torino.

Pervenuto il 17 novembre 2017.

Riassunto. Da alcuni anni, la comunità oncologica ha aperto un dibattito sull’elevato costo dei nuovi farmaci che – in un contesto di risorse limitate – mette a rischio la sostenibilità del sistema sanitario. Un lavoro pubblicato a ottobre 2017 sul BMJ ha analizzato gli studi condotti con i farmaci oncologici approvati dall’European Medicines Agency tra il 2009 e il 2013. Gli autori dell’articolo sono molto critici, enfatizzando che molti farmaci antitumorali sono stati approvati senza evidenza di beneficio in sopravvivenza globale o in qualità di vita. Va detto che, recentemente, la consapevolezza della necessità di “alzare la barra” del valore dei trattamenti oncologici è aumentata, non solo nell’autorità regolatoria ma anche nella stessa comunità oncologica e nelle società scientifiche. Le scale di ASCO ed ESMO per la valutazione del valore dei trattamenti, per esempio, sono del 2015, successive al periodo considerato nelle analisi dagli autori dello studio, Davis et al. L’auspicio è che la medesima analisi, ripetuta per il quinquennio successivo, possa documentare un trend di miglioramento nella dimensione del beneficio prodotto dai nuovi farmaci. Questo è molto importante, perché le critiche alla rilevanza dei benefici ottenuti con i farmaci oncologici da parte di altri specialisti sono destinate inevitabilmente a crescere. Avanti, insomma, ma con giudizio…

Let’s go forward, but wisely…

Summary. In recent years, the oncologic community has been widely debating the high costs of new anti-cancer drugs, that put at risk the sustainability of the health care system. In a study published in BMJ in October 2017, Davis and colleagues analyzed clinical trials conducted with anti-cancer drugs approved by the European Medicines Agency between 2009 and 2013. The authors emphasized that most anti-cancer drugs have been approved without any evidence of an improvement in overall survival and/or in quality of life. However, the consciousness about the importance of “raising the bar” for treatment value has recently increased, not only in regulatory agencies, but also among medical oncologists and scientific societies. The frameworks designed by ASCO and ESMO to quantify treatment value have been firstly published in 2015, that is after the years analyzed by Davis and colleagues. We strongly hope that the same kind of analysis, if repeated for the subsequent 5 years, could document a trend of improved magnitude of benefit. This improvement would be particularly relevant, considering that the debate about the relevance of results obtained with anti-cancer drugs is necessarily going to grow. Let’s go forward, but wisely…

In occasione del meeting dell’European Society of Medical Oncology (ESMO) 2016, a Copenaghen, in una sessione molto interessante dedicata al delicato tema della sostenibilità dei trattamenti oncologici, l’inglese Richard Sullivan sottolineava che, nei sistemi economicamente deboli, i risultati positivi della ricerca rischiano di rappresentare una minaccia invece che un’opportunità. Questa affermazione può sembrare paradossale, dal momento che gli oncologi, i pazienti e la comunità tutta guardano costantemente con speranza ai risultati delle sperimentazioni cliniche, auspicando che si traducano in innovazioni per la pratica clinica. Peraltro, da vari anni, la comunità oncologica (e non solo) ha aperto un importante dibattito sull’elevato costo dei nuovi farmaci che – in un sistema che si regge sull’impiego di risorse limitate – mette a serio rischio la sostenibilità dell’intero sistema sanitario. Con un messaggio semplicistico, potremmo affermare senza tema di smentita che, per meritare l’inserimento nella pratica clinica, un nuovo farmaco antitumorale deve dimostrare un beneficio in termini di “quantità di vita” o “qualità di vita”, se non entrambe. Ispirandosi proprio al principio che un nuovo trattamento dovrebbe essere approvato per l’impiego nella pratica clinica se comporta “living longer and/or living better”, gli autori di uno studio pubblicato a inizio ottobre 2017 sul British Medical Journal hanno condotto un’analisi degli studi registrativi e post-registrativi condotti con i farmaci oncologici approvati dall’European Medicines Agency (EMA) nel quinquennio compreso tra il 2009 e il 20131. Il loro obiettivo era valutare la disponibilità di risultati in termini di prolungamento della sopravvivenza globale e/o miglioramento della qualità di vita. Inoltre, per gli studi registrativi per i quali i dati disponibili consentivano il calcolo, Davis et al. hanno anche applicato la ESMO Magnitude of Clinical Benefit Scale (MCBS). Un paio di anni fa, nel 2015, l’ESMO, grazie all’impegno di un gruppo di lavoro dedicato, ha pubblicato la MCBS con l’intento di proporre alla comunità scientifica uno strumento standardizzato di valutazione del valore dei trattamenti oncologici2. La MCBS è stata recentemente aggiornata, recependo una serie di critiche e commenti seguiti alla pubblicazione iniziale3. Come noto, la scala è nata per essere applicata ai risultati degli studi comparativi che abbiano documentato il beneficio a favore del trattamento sperimentale rispetto allo standard, e consente di tradurre i risultati dello studio in un punteggio che va da 1 a 5, con i punteggi più alti (4 e 5) corrispondenti al maggior valore del trattamento.




Nel periodo che gli autori hanno preso in esame per l’analisi (tra il 2009 e il 2013), l’EMA ha approvato l’impiego di 48 farmaci oncologici per un totale di 68 indicazioni. In 8 casi, pari al 12% delle indicazioni, i farmaci sono stati approvati sulla base di uno studio a singolo braccio. Al momento dell’autorizzazione all’impiego nella pratica clinica, 24 studi su 68 (pari al 35%) avevano dimostrato un prolungamento della sopravvivenza globale. La dimensione del beneficio in termini di prolungamento della sopravvivenza globale mediana era compresa tra 1,0 e 5,8 mesi (con una mediana pari a 2,7 mesi). Al momento dell’autorizzazione all’impiego nella pratica clinica, 7 studi su 68 (pari al 10%) avevano dimostrato un miglioramento della qualità di vita. Considerando le 44 indicazioni per le quali al momento dell’autorizzazione all’impiego nella pratica clinica non c’era stata evidenza di beneficio in sopravvivenza globale, nel successivo periodo post-marketing sono stati prodotti dati di prolungamento di sopravvivenza in 3 casi (pari al 7%) e di beneficio in qualità di vita in 5 (pari all’11%). Complessivamente, considerando le 68 indicazioni approvate da EMA, gli autori sottolineano che, dopo un follow-up mediano pari a 5,4 anni (range compreso tra 3,3 e 8,1 anni), solo in 35 casi (pari al 51%) è stato documentato un significativo miglioramento nella sopravvivenza globale o nella qualità di vita, non provati nei rimanenti 33 casi (49%). Analizzando i 23 casi di prolungamento della sopravvivenza globale in cui era possibile applicare ai risultati dello studio la ESMO-MCBS, il beneficio è stato giudicato clinicamente significativo in meno della metà dei casi (11 casi su 23, pari al 48%).

Gli autori dell’articolo sono molto critici nella valutazione dei nuovi farmaci introdotti nella pratica clinica nel periodo che hanno preso in considerazione, enfatizzando che la maggior parte dei farmaci antitumorali sono stati approvati dall’EMA senza evidenza di beneficio in sopravvivenza o in qualità di vita. Anche considerando il periodo successivo all’introduzione in commercio, la maggior parte delle indicazioni era rimasta sprovvista delle evidenze relative agli endpoint più “solidi” di beneficio clinico. A completare lo scenario critico, Davis et al. sottolineano anche che, quando erano disponibili i dati relativi al beneficio in termini di sopravvivenza globale rispetto al controllo (o al placebo), tali benefici erano spesso “marginali”. Non è la prima volta che analisi critiche mettono in dubbio il “valore” di molti farmaci recentemente approvati per l’impiego nella pratica clinica4-6. Peraltro, l’articolo, subito dopo la pubblicazione, ha alimentato un grande dibattito nella comunità scientifica, anche perché pubblicato sulle pagine del British Medical Journal, quindi destinato non a un pubblico di lettori specialisti oncologi, ma a un pubblico più generale. Come era facile immaginare, la pubblicazione sul BMJ ha avuto una vasta eco mediatica, e il messaggio è stato spesso eccessivamente semplificato e distorto, facendo “di tutta l’erba un fascio”. Basta una rapida ricerca su Google anche solo tra i post italiani che hanno commentato l’articolo di Davis et al. nei giorni successivi alla pubblicazione, per leggere titoli destinati quanto meno a provocare polemiche: “Nuovi farmaci antitumorali: costi alti, vantaggi spesso incerti”; “Farmaci oncologici: secondo uno studio inglese il 57% è inefficace”; “Tumori: quanti nuovi farmaci funzionano realmente” e dulcis in fundo: “Farmaci approvati, ma non servono a niente”.




In una situazione di risorse limitate e di budget da dividere “problematicamente” tra diverse specialità tra loro “in competizione”, le critiche alla rilevanza dei benefici ottenuti con i farmaci oncologici da parte di altri specialisti sono destinate inevitabilmente a diventare sempre più frequenti e sempre più polemiche. Molto critico anche l’editoriale a firma di Deborah Cohen, che enfatizza l’inadeguatezza delle evidenze a sostegno di molte approvazioni da parte dell’EMA7. Nell’editoriale, molto critico nei confronti dell’agenzia regolatoria, è citato il pensiero di Richard Sullivan, che sottolinea che non possono essere i singoli medici a fare da “filtro” una volta che il farmaco sia stato approvato e reso disponibile nella pratica clinica, ma che il filtro dovrebbe essere fatto dall’agenzia regolatoria.

Va sottolineato che l’analisi di Davis et al. si basa sulla disponibilità dei dati di sopravvivenza globale e di qualità di vita. Non c’è dubbio che il prolungamento dell’aspettativa di vita e il miglioramento della qualità di vita siano gli endpoint più solidi di beneficio per il paziente, ma va detto che alcuni farmaci antitumorali hanno indubbiamente rappresentato dei grandi progressi pur avendo dimostrato solo un vantaggio in altri endpoint, come la sopravvivenza libera da progressione (per vari motivi, tra cui per esempio l’ampia percentuale di crossover con il farmaco sperimentale ricevuto dai pazienti assegnati al braccio di controllo). Accanto a questi farmaci – è inutile nasconderlo – ci sono effettivamente anche alcuni trattamenti che, specialmente a causa dell’assenza di fattori predittivi, hanno dimostrato un vantaggio mediamente molto modesto. C’è da dire che l’analisi del lavoro del BMJ si riferisce al periodo compreso tra il 2009 e il 2013, ma che proprio negli anni più recenti la consapevolezza della necessità di “alzare la barra” del valore dei trattamenti oncologici è andata aumentando, non solo nell’autorità regolatoria ma anche nella stessa comunità oncologica e nelle società scientifiche8,9. Le pubblicazioni di ASCO ed ESMO relative alle scale di valutazione del valore dei trattamenti sono del 2015, successive al periodo considerato nelle analisi di Davis et al.2,3,10,11. L’auspicio è che la medesima tipologia di analisi, ripetuta per il quinquennio successivo, possa documentare un trend di miglioramento nella dimensione del beneficio prodotto dai farmaci oncologici di nuova approvazione. Avanti, insomma, ma con giudizio…

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Davis C, Naci H, Gurpinar E, Poplavska E, Pinto A, Aggarwal A. Availability of evidence of benefits on overall survival and quality of life of cancer drugs approved by European Medicines Agency: retrospective cohort study of drug approvals 2009-13. BMJ 2017; 359: j4530.

2. Cherny NI, Sullivan R, Dafni U, et al. A standardised, generic, validated approach to stratify the magnitude of clinical benefit that can be anticipated from anti-cancer therapies: the European Society for Medical Oncology Magnitude of Clinical Benefit Scale (ESMO-MCBS). Ann Oncol 2015; 26: 1547-73.

3. Cherny NI, Dafni U, Bogaerts J, et al. ESMO-Magnitude of Clinical Benefit Scale version 1.1. Ann Oncol 2017; 28: 2340-66.

4. Vivot A, Jacot J, Zeitoun JD, Ravaud P, Crequit P, Porcher R. Clinical benefit, price and approval characteristics of FDA-approved new drugs for treating advanced solid cancer, 2000-2015. Ann Oncol 2017; 28: 1111-6.

5. Grössmann N, Del Paggio JC, Wolf S, et al. Five years of EMA-approved systemic cancer therapies for solid tumours: comparison of two thresholds for meaningful clinical benefit. Eur J Cancer 2017; 82: 66-71.

6. Salas-Vega S, Iliopoulos O, Mossialos E. Assessment of overall survival, quality of life, and safety benefits associated with new cancer medicines. JAMA Oncol 2017; 3: 382-90.

7. Cohen D. Cancer drugs: high price, uncertain value. BMJ 2017; 359: j4543.

8. Sobrero A, Bruzzi P. Incremental advance or seismic shift? The need to raise the bar of efficacy for drug approval. J Clin Oncol 2009; 27: 5868-73.

9. Ellis LM, Bernstein DS, Voest EE, et al. American Society of Clinical Oncology perspective: raising the bar for clinical trials by defining clinically meaningful outcomes. J Clin Oncol 2014; 32: 1277-80.

10. Schnipper LE, Davidson NE, Wollins DS, et al.; American Society of Clinical Oncology. American Society of Clinical Oncology Statement: a conceptual framework to assess the value of cancer treatment options. J Clin Oncol 2015; 33: 2563-77.

11. Schnipper LE, Davidson NE, Wollins DS, et al. Updating the American Society of Clinical Oncology value framework: revisions and reflections in response to comments received. J Clin Oncol 2016; 34: 2925-34.