In questo numero

Il congresso nazionale dell’Associazione italiana di epidemiologia che si terrà a Catania dal 23 al 25 ottobre 2019 ha come filo conduttore l’opera di Luigi Pirandello che ha ispirato il titolo dell’evento e le sessioni che lo compongono (“L’epidemiologia: una, nessuna e centomila. Quale contributo alle decisioni in sanità pubblica?”). In particolare, una parte del convegno curata dall’Associazione Alessandro Liberati e dal gruppo di lavoro AIE di farmacoepidemiologia affronta una questione che viene solitamente aggirata: l’interpretazione del dato della ricerca. Di fronte alle stesse evidenze, possono essere prese decisioni diverse senza, talvolta, esplicitare le ragioni delle scelte compiute.

Prendiamo ad esempio il caso della terapia con i nuovi farmaci anticoagulanti orali della fibrillazione atriale non valvolare, tema di un articolo (pag: 426) e di un editoriale su questo numero (pag. 389). Ebbene, nonostante gli studi condotti e una letteratura ormai molto ricca, manca un accordo sui criteri di scelta della strategia terapeutica, come dimostra per esempio la distanza che ancora permane tra le indicazioni contenute nelle linee guida pubblicate sulla rivista Chest (coordinate dalla McMaster University che – vale la pena ricordarlo – è il centro di riferimento internazionale del GRADE Working group) e le raccomandazioni più conservative di bollettini indipendenti sui farmaci.

I dati, dunque, non parlano a tutti nello stesso modo? Evidentemente no e la ragione più nobile che potrebbe giustificare le differenze è “il proprio mondo di cose” che nei Sei personaggi in cerca d’autore Pirandello ritiene ognuno di noi “abbia dentro”. “Mondo di cose” del tutto lecito se fatto di valori o orientamenti culturali ma meno accettabile se costituito da interessi economici, accademici o di natura politica. Questa, però, è solo una parte del problema.

Perché la tensione (quasi) inevitabilmente insita nell’interpretazione del dato possa manifestarsi è necessario che i “numeri” stessi siano accessibili. La disponibilità dei dati della ricerca è un altro dei nodi importanti di questi anni e non siamo vicini dall’averlo sciolto. Ci sono segnali importanti – pensiamo alla determinazione di molte istituzioni a vincolare i finanziamenti alla ricerca alla sua pubblicazione su riviste aperte – ed esperienze innovative – la Regione Lazio ha inaugurato nel febbraio di quest’anno il sito Open salute Lazio dove chiunque può trovare dati aggiornati sullo stato di salute della popolazione basati sui sistemi informativi regionali e sui registri, quando disponibili. D’altra parte continuiamo a leggere di manipolazioni di dati trasmessi alle agenzie regolatorie da parte di industrie o di ritiro di articoli già pubblicati (e citati) da parte di ricercatori di primaria importanza. In questo fascicolo, due contributi descrivono l’attività del sistema informativo regionale dell’Umbria per il monitoraggio della mortalità e della morbosità materna (pagg. 412 e 420). Un editoriale ne commenta il contenuto sottolineando l’importanza della sorveglianza e auspicando la convergenza dell’attività nei flussi regionali coordinati dall’Istituto superiore di sanità (pag. 391).

Il dato resta l’elemento centrale della ricerca e dell’assistenza sanitaria: va raccolto, selezionato, valutato e condiviso.

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a cura di Cristina Da Rold (freelance health & data journalist)