Affronto le mie stelle senza luce


L’ora più struggente, anche in ospedale, è davvero quella che volge al desio.

Porta però con sé una promessa: dormirai, e nel sonno non c’è la malattia.

L’ospedale comincia a svuotarsi. Tua moglie e i tuoi parenti se ne vanno e ti sorridono sulla porta. Le infermiere si preparano per la notte. Fra poco sentirai l’odore del caffè che viene dall’infermeria. Andrai a dormire, resterà sveglia soltanto la malattia. Lasceranno accese le luci da notte, che poi sono quelle luci che non fanno dormire. Restano a illuminare la tua angoscia. Pensi con quali pensieri tristi se ne sono andati a casa i tuoi.

Ciascuno in ospedale è chiuso nella sua malattia. La malattia è una sorta di regno in cui ciascuno può essere egoista. Nella stanza ci sono altri cinque pazienti. Non tutti sono uguali. Qualcuno sta meglio di te. Qualcun altro peggio. La notte non respira bene. Si lamenta. Ha dolore. Sputa. Tossisce. Senza riguardi. In autobus non farebbe così. Neppure in un ristorante. Oppure direbbe: «Scusi!», se dovesse capitargli un colpo di tosse più forte. In ospedale, tutto questo pare che non conti. La malattia è come una sorta di licenza. « Tanto, sono malato», sembra dire davanti a me il paziente che chiamano «il professore» perchéha modo di dirlo a tutti - ha due lauree. Non sta bene. È conosciuto da tutti, medici e infermieri. Entra ed esce dall’ospedale ogni due o tre mesi, perché è necessario intervenire sull’ascite. È metodico: la sera prepara sul comodino, bene allineati, una sfilza di fazzolettini nei quali sputerà tutta la notte. Ti sveglia continuamente. Senza discrezione.
Giuro: se qualcuno domattina vedendo i miei occhi gonfi, mi chiederà come mai non ho dormito, faccio uno sproposito. Poi, non lo faccio. All’infermiera dolce e gentile che non riesce a dimagrire come vorrebbe, quando mi chiede perché non ho dormito, con gli occhi gonfi le indico il professore. E lei alza al cielo gli occhi suoi.





Da: Abbiamo vinto. Insieme.
Antonio Ascione
e Giovanni Ruggiero.
Edizioni Messaggero, Padova 2009.
Pagg. 87, 88.