Influenza: Linee guida
dell’Infectious Diseases Society of America


L’Infectious Diseases Society of America (IDSA) ha pubblicato le linee guida per la diagnosi, il trattamento, la chemioprofilassi e le misure da adottare in occasione di epidemie influenzali



(
Harper SA, Bredley JS, Englund JA, et al. Seasonal influenza in adults and children: diagnosis, treatment, chemoprophylaxis and institutional outbreak management: clinical practice guidelines of the Infectious Diseases Society of America. Clin Infect Dis 2009; 48: 1003).
Queste linee guida sono articolate in alcune raccomandazioni concernenti vari problemi.


I – Diagnosi

A) In corso di “influenza stagionale” (definita quando i virus influenzali circolano nella comunità prevalentemente durante una stagione) la diagnosi deve essere sospettata, indipendentemente dalla vaccinazione, nelle seguenti eventualità: a) soggetti immunocompetenti o immunocompromessi (compreso il personale sanitario) con febbre e insorgenza acuta di sintomi e segni respiratori; b) soggetti con febbre e riacutizzazione di condizioni respiratorie croniche; c) bambini con febbre in assenza di altri sintomi o segni; d) anziani con sintomi respiratori di nuova insorgenza o aggravati, compresi riacutizzazioni di insufficienza cardiaca congestizia o stato mentale, con o senza febbre; e) pazienti in condizioni gravi con febbre o ipotermia; f) bambini e adulti ricoverati in ospedale senza febbre e sintomi respiratori acuti che successivamente presentano febbre o quadro respiratorio febbrile.

B) In qualsiasi periodo dell’anno la diagnosi deve essere sospettata nei soggetti immunocompetenti o immunocompromessi con sintomatologia acuta respiratoria febbrile che è epidemiologicamente collegata a un’epidemia influenzale.

C) Soggetti da sottoporre ad esami diagnostici: a) in corso di influenza stagionale: soggetti immunocompetenti viventi nella comunità, di qualsiasi età, che si trovano ad alto rischio di complicanze influenzali, e presentano sintomatologia acuta respiratoria febbrile entro 5 giorni dal suo inizio, nelle situazioni di diffusione del virus; soggetti immunocompromessi di qualunque età, con sintomatologia acuta respiratoria febbrile, indipendentemente dal tempo di sua insorgenza (perché questi pazienti possono diffondere il virus per settimane o mesi); pazienti, immunocompetenti o immunocompromessi, di qualsiasi età, con febbre e sintomi respiratori, compresi i pazienti con diagnosi di polmonite acquisita in comunità, indipendentemente dalla sua insorgenza; anziani e bambini con sospetta sepsi o febbre di origine oscura, indipendentemente dalla sua insorgenza; bambini con sintomatologia respiratoria febbrile che si presentano per una valutazione medica, indipendentemente dalla sua insorgenza; soggetti di qualsiasi età che presentano febbre e sintomi respiratori dopo il ricovero in ospedale; possono infine essere esaminati soggetti immunocompetenti con sintomatologia acuta respiratoria febbrile che non sono a rischio di complicanze influenzali, al fine di raccogliere dati utili per la sorveglianza locale dell’infezione; b) in qualunque epoca dell’anno: personale sanitario, soggetti accolti in servizi sanitari per il controllo di un’epidemia influenzale, che presentano sintomatologia respiratoria febbrile acuta; soggetti collegati epidemiologicamente a epidemia influenzale.

D) Prelievo di campioni per la diagnosi: a) nei soggetti immunocompetenti i campioni respiratori debbono essere prelevati preferibilmente entro 5 giorni dall’inizio della malattia, perché prelievi in epoca successiva possono dare risultati falsamente negativi, a motivo della rapida diminuzione della diffusione del virus, specialmente nei piccoli bambini e negli adulti; nei bambini più grandi il virus si può diffondere per oltre una settimana. Nei bambini più piccoli sono preferibili l’aspirato nasale e il tampone nasale, in quelli più grandi e negli adulti aspirato e tampone orofaringei; b) i soggetti immunocompromessi di qualunque età possono diffondere il virus per settimane e mesi, anche in assenza di febbre o di sintomi respiratori; pertanto possono essere utili i prelievi eseguiti entro 5 giorni dall’inizio della malattia; c) nei pazienti in ventilazione meccanica i campioni dalle vie respiratorie superiori e inferiori debbono essere prelevati entro 5 giorni dall’inizio della malattia; i campioni ottenuti dalle vie aeree inferiori comprendono l’aspirato e il lavaggio endotracheali e il liquido da lavaggio bronco-alveolare; d) i campioni respiratori debbono essere esaminati nel più breve tempo possibile e debbono essere refrigerati, ma non congelati; e) campioni di siero per la ricerca di marcatori della fase acuta non servono alla diagnosi; campioni di siero prelevati, per confronto, in fase acuta e in convalescenza, sono utili per determinare titoli anticorpali con vari metodi (inibizione delle emoagglutine, ELISA, fissazione del complemento), ma i risultati non possono essere noti in tempo utile e quindi non influenzano la diagnosi e il trattamento.

E) Esami per la diagnosi di influenza. 1) L’IDSA sottolinea che per guidare la diagnosi e il trattamento dell’influenza sono consigliabili esami che forniscano risultati in tempo utile,così da influire sulle decisioni del medico. Questi risultati debbono tenere conto dei dati che hanno condotto al sospetto di influenza in base al quadro clinico del paziente e alle informazioni acquisite sulla diffusione del virus nella comunità. In ordine di priorità l’IDSA elenca i seguenti esami: a) reazione polimerasica a catena in tanscrittasi inversa (RT-PCR): si tratta del metodo più sensibile e specifico, che fornisce risultati in 4-6 ore e può essere utilizzato sia come prova di conferma che per distinguere rapidamente tipi e sottotipi del virus influenzale; b) immunofluorescenza, che consente l’identificazione dell’antigene, sia con tecnica diretta che indiretta dell’anticorpo fluorescente; questo metodo ha sensibilità e specificità di poco inferiori all’isolamento del virus in coltura cellulare, ma fornisce risultati entro ore; c) metodi di identificazione rapida dell’antigene; forniscono risultati entro 10-30 min, ma con ridotta sensibilità (70-90% nei bambini e da meno del 40% al 60% negli adulti) a confronto con la RT-PCR e la coltura del virus.
2) L’IDSA ricorda che l’isolamento del virus non è una prova di screening, ma nei periodi di ridotta attività del virus (tarda primavera, estate, inizio dell’autunno) può essere eseguito su campioni respiratori provenienti da soggetti con sospetto d’influenza che si presentino entro 5 giorni dall’inizio del quadro clinico, specialmente se epidemiologicamente correlato a un’epidemia influenzale; durante una influenza stagionale la coltura del virus va eseguita su campioni respiratori raccolti da soggetti sottoposti a controllo di routine e per confermare risultati negativi di altri esami.
3) Le prove sierologiche non sono consigliabili per identificare il virus al fine del trattamento nella fase acuta; questi metodi non consentono un’attendibile interpretazione con un prelievo unico, mentre, con prelievo in fase acuta e uno, per confronto, in convalescenza, possono essere necessari per la determinazione del titolo anticorpale; senonché i risultati non sono disponibili in tempo utile e quindi non influenzano il trattamento; infine, questi metodi possono essere utili per la diagnosi retrospettiva e a scopo di ricerca.

F) Interpretazione dei risultati degli esami diagnostici. L’IDSA ricorda che, per interpretare correttamente i risultati degli esami, è necessario tenere conto dei loro limiti, specialmente per ciò che riguarda immunofluorescenza e metodi di identificazione rapida, e anche del livello di attività del virus nella popolazione esaminata; si deve inoltre ricordare che un risultato positivo non esclude una coinfezione batterica e conseguente necessità di antibiotici.
Inoltre, secondo l’IDSA, è necessario ricordare che: a) una prova di screening positiva è, molto probabilmente, realmente positiva durante il periodo di massima attività virale, b) per contro una prova di screening può essere falsamente positiva durante periodi di bassa attività virale, c) una prova di screening negativa è, molto probabilmente, realmente negativa nei periodi di bassa attività virale, mentre è falsamente negativa nei periodi di massima attività virale.


II – Farmaci antivirali

A) Scelta dei pazienti da trattare con antivirali: il trattamento è consigliato per adulti e bambini che soddisfino i seguenti criteri: a) infezione confermata dal laboratorio o elevato sospetto di rischio di complicazioni entro 48 ore dall’inizio della sintomatologia. Sono disponibili pochi dati riguardo al trattamento dopo 48 ore dall’inizio dei sintomi; il trattamento antivirale è consigliato indipendentemente dalla vaccinazione o dalla gravità del quadro clinico; b) pazienti che richiedono ricovero in ospedale per elevato sospetto dell’infezione o per conferma dal laboratorio, se il trattamento è iniziato entro 48 ore dall’inizio dei sintomi; la terapia antivirale può essere utile anche se la conferma dal laboratorio perviene dopo 48 ore dall’inizio della sintomatologia; c) il trattamento antivirale è utile anche in adulti e in bambini ad alto rischio di complicanze, ancora non ricoverati in ospedale, che non migliorano e che presentano prove di laboratorio positive per influenza dopo 48 ore dall’inizio dei sintomi; d) pazienti non ricoverati che non sono ad alto rischio di complicazioni, e con inizio dei sintomi meno di 48 ore prima della presentazione, che sono stati in stretto contatto con soggetti ad alto rischio di complicazioni, oppure che desiderano abbreviare la durata della malattia; il trattamento antivirale può essere utile anche nei soggetti con sintomatologia iniziata 48 ore prima della presentazione e che hanno un quadro clinico da moderato a grave, sebbene l’efficacia e l’innocuità di tale procedura non sia stata valutata prospettivamente.



B) Farmaci antivirali. L’IDSA premette la necessità che il medico assuma “familiarità” con gli aspetti locali della circolazione dei virus nella comunità durante le stagioni influenzali e, a questo fine, consiglia di informarsi presso il CDC (Center of Diseases Control) degli Stati Uniti (http://www.cdc.gov/flu).
In base ai dati acquisiti fino a marzo 2009 l’IDSA fornisce le seguenti informazioni generali:
– l’infezione da influenza A (H1N1) va trattata con zanamivir o con un adamantano (preferibilmente rimantidina a motivo del più favorevole profilo riguardo agli effetti collaterali) e non con oseltamir,
– l’infezione da A (H3N2) va trattata con oseltamivir o zanamivir, ma non con adamantani,
– qualora non siano disponibili informazioni sul sottotipo, l’influenza A va trattata o con zanamivir o con associazione oseltamivir e rimantadina,
– l’infezione da influenza B va trattata soltanto con oseltamivir o zanamivir,
– sia l’influenza A che quella B sono sensibili in vitro alla ribavirina; sebbene i dati sul suo uso per aerosol nell’uomo siano limitati, questo farmaco può essere usato nei soggetti che non tollerano la via orale; l’uso per via orale ed endovenoso, specialmente in casi gravi, è ancora oggetto di studio.


III – Chemioprofilassi antinfluenzale

A) Scelta dei soggetti da trattare.
1) L’IDSA sottolinea che la vaccinazione è il mezzo principale per la prevenzione dell’infezione e la chemioprofilassi non può sostituirla; quando il virus circola nella comunità la chemioprofilassi può essere consigliata ai soggetti ad alto rischio durante 2 settimane dopo la vaccinazione, prima che si sviluppi una risposta adeguata al vaccino (6 settimane nei bambini non vaccinati, che richiedono 2 dosi di vaccino);
2) la chemioprofilassi è indicata negli adulti e nei bambini ≥ 1 anno ad alto rischio di complicanze influenzali, per i quali la vaccinazione è controindicata o non disponibile oppure ritenuta poco efficace, ad esempio nei soggetti gravemente immunocompromessi; l’IDSA indica le principali controindicazioni del vaccino: ipersensibilità anafilattica all’uovo o ad altri componenti del vaccino, stato di malattia da moderato a grave, storia di sindrome di Guillain-Barré entro 6 settimane da una precedente vaccinazione;
3) la chemioprofilassi (associata a “pronta” somministrazione di vaccino inattivato) è indicata in adulti e bambini ≥ 1 anno non ancora vaccinati, ad alto rischio di complicanze, quando l’attività del virus è stata già accertata nella comunità; se possibile, la vaccinazione va proseguita fino a che il virus non circola più nella comunità;
4) la chemioprofilassi antivirale può essere consigliata negli adulti non vaccinati, compresi quelli che lavorano nelle strutture sanitarie, e nei bambini ≥ 1 anno che sono a stretto contatto con persone ad alto rischio di complicanze durante i periodi di attività del virus;
5) la chemioprofilassi è consigliata per tutti (vaccinati e non) i residenti in istituti di assistenza;
6) la chemioprofilassi va soprattutto consigliata a tutti i soggetti a più elevato rischio di complicanze associate all’influenza, tenendo presente che tale rischio non è identico per tutti i soggetti espostivi;
7) la chemioprofilassi è consigliata anche: a) se vi è insufficiente disponibilità di vaccino e b) nelle situazioni di documentata minore efficacia del vaccino.
B) Quando iniziare la chemioprofilassi.
1) La chemioprofilassi va iniziata ai primi segni di prolungata attività del virus nelle persone ad alto rischio che non sono adeguatamente protette o per immunodepressione, o per inefficacia, o per scarsa disponibilità del vaccino.
2) La chemioprofilassi va iniziata quando un membro della famiglia manifesta segni o sintomi di influenza, sospetta o confermata; in questa evenienza tutti i famigliari debbono ricevere la chemioprofilassi.
3) La chemioprofilassi va iniziata, insieme ad altre misure di controllo, negli ospedali e negli istituti di assistenza, quando è stata identificata un’epidemia o quando l’influenza è soltanto sospettata.

C) Per quanto tempo deve essere continuata la chemioprofilassi?
1) Se è somministrato il vaccino inattivato, la chemioprofilassi può in genere essere sospesa 2 settimane dopo la vaccinazione nei soggetti non accolti in istituti di assistenza. L’IDSA ricorda che i bambini di <9 anni vaccinati per la prima volta richiedono due dosi di vaccino, con la seconda dose somministrata almeno 4 settimane dopo la prima; la risposta immunitaria raggiunge il massimo livello 2 settimane dopo la seconda dose; pertanto sono necessarie almeno 6 settimane complessive di chemioprofilassi (almeno 4 settimane dopo la prima dose di vaccino e altre 2 dopo la seconda dose).
2) In ambiente famigliare (vedi in precedenza) la chemioprofilassi deve essere continuata per 10 giorni.
3) Nei soggetti ad alto rischio di complicanze nei quali la vaccinazione è controindicata o con probabile bassa efficacia (ad esempio, in caso di immunodepressione) la chemioprofilassi deve continuare per tutta la durata della circolazione del virus.
D) Farmaci antivirali da usare nella chemioprofilassi.
In base ai dati disponibili fino al marzo 2009 l’IDSA consiglia: zanamivir o un adamantano (preferibilmente rimantadina per i minori effetti collaterali) vanno usati per la profilassi dell’influenza A(H1N1), ma non oseltamivir; sia oseltamivir che zanamivir sono utili per la profilassi dell’influenza A(H3N2), ma non gli adamantani; se non è noto il sottotipo influenzale possono adoperarsi zanamivir o l’associazione oseltamivir e rimantadina; oseltamivir o zanamivir sono utili nella profilassi dell’influenza B.


IV – In caso di epidemia in istituti di assistenza

1) Nel corso di una influenza stagionale. Quando due o più residenti manifestano segni e sintomi di sindrome simil-influenzale 72 ore uno dall’altro, è necessario eseguire esami diagnostici; in questa evenienza anche un solo risultato di laboratorio, unitamente ad altre concomitanti condizioni patologiche, indica la presenza di epidemia.
2) Ruolo degli esami di laboratorio. L’IDSA rileva che, dopo che anche un solo caso è stato confermato dal laboratorio, è probabile che i successivi casi di condizioni temporaneamente associate a sindromi simil-influenzali siano causati da virus influenzale, pur essendo possibili epidemie dovute ad altri patogeni respiratori. Inoltre, sebbene possa non essere possibile prelevare campioni da tutti i residenti, tuttavia i soggetti che presentano sintomi dopo 72 ore dall’inizio di una chemioprofilassi o quelli residenti in settori finora non colpiti debbono essere esaminati sia per l’influenza che per altre etiologie. Se le prove risultano positive malgrado terapia, si deve considerare la possibilità di resistenza del virus, oppure la diffusione del virus in aree nelle quali il virus non si è ancora diffuso oppure, infine, l’introduzione del virus dalla comunità.
3) Terapia antivirale e chemioprofilassi durante un’epidemia. L’IDSA sottolinea la necessità di trattamento e profilassi in tutti i residenti risultati positivi alle prove di laboratorio. In particolare nel personale di assistenza la chemioprofilassi deve essere proseguita per 14 giorni dopo l’inizio dei sintomi nell’ultima persona infettata.