Diagnosi e trattamento delle infezioni intra-addominali complicate

Linee guida della Surgical Infection Society e dell’Infectious Disease Society of America
La surgical Infection Society (SIS) e l’Infectious Disease Society of America (IDSA) hanno pubblicato le linee guida per la diagnosi e il trattamento delle infezioni intra-addominali (IIA) complicate negli adulti e nei bambini. Le linee guida si articolano in una serie di consigli (Solomkin JS, Mazuski JE, Bradley JS, et al. Diagnosis and management of complicated intra-abdominal infection in adults and children: guidelines by the Surgical Infection Society and the Infectious Diseases Society of America. Clin Infect Dis 2010; 50: 133).




1) Procedure appropriate per la valutazione iniziale dei pazienti con sospetta IIA.
L’anamnesi, l’esame obiettivo e alcuni esami di laboratorio consentono di identificare la maggioranza di questi pazienti. Qualora l’esame obiettivo sia non attendibile, come nei pazienti con ottundimento del sensorio o con lesione del midollo spinale o in caso di condizione di immunodepressione, si deve sospettare IIA se sono presenti segni di infezione di origine non determinata. Non è necessario ricorrere a tecniche per immagini quando sono presenti segni di peritonite  diffusa; in questi casi deve essere eseguito un intervento chirurgico. Tuttavia, nei pazienti adulti, qualora non debba essere eseguita un’immediata laparotomia, l’indagine di scelta è la tomografia computerizzata (TC) per determinare la presenza di IIA e la sua origine.

2) Infusione di liquidi in caso di sospetta IIA.
Deve essere eseguita rapida infusione di liquidi al fine di promuovere una stabilità fisiologica. Nei pazienti con shock settico questa terapia va immediatamente iniziata quando è identificata ipotensione. Nei pazienti senza deplezione di volume l’infusione di liquidi dovrebbe iniziare al primo sospetto di IIA.
3) Inizio di terapia antibiotica nell’IIA sospettata o confermata.
La terapia antibiotica va iniziata alla diagnosi di IIA o quando un’IIA sia ritenuta probabile. Deve essere inizi­ata quanto prima possibile in caso di shock settico. In assenza di shock settico, la terapia antibiotica dovrebbe essere iniziata nel dipartimento di emergenza.
È necessario mantenere un “soddisfacente” livello di antibiotici nel corso di controllo dell’origine dell’IIA, che peraltro può rendere necessaria una aggiunta di antibiotici anche prima del controllo stesso.

4) Procedure adeguate per ottenere un efficace controllo dell’origine di una IIA.
In quasi tutti i pazienti con IIA è necessario controllare l’origine dell’infezione mediante drenaggio di foci infettivi, controllo della contaminazione peritoneale in atto e ripristino, per quanto possibile, delle strutture anatomiche e delle funzioni. Nei pazienti con peritonite diffusa deve essere immediatamente eseguito intervento chirurgico d’urgenza, pur continuando le misure intese a ripristinare le funzioni.
Quando possibile, il drenaggio percutaneo di ascessi o di altre ben localizzate raccolte di liquidi va preferito al drenaggio chirurgico.
Nei pazienti emodinamicamente stabili, senza segni di insufficienza d’organo, va eseguito un intervento di urgenza. L’intervento può essere ritardato fino a 24 ore se è attuata un’adeguata terapia antibiotica unitamente ad un attento controllo clinico.
Nei pazienti con peritonite “grave” una ri-laparatomia non è consigliabile in assenza di discontinuità intestinale, perdita di tensione delle pareti addominali che ne impedisce la chiusura, oppure di ipertensione intra-addominale.
I pazienti, accuratamente selezionati, con minime alterazioni funzionali e ben circoscritti foci infettivi (ad esempio: flegmone periappendicolare o pericolonico) possono essere trattati con sola terapia antibiotica senza procedura di controllo dell’origine dell’infezione, purché sia possibile attuare uno “strettissimo” monitoraggio del decorso clinico.

5) Utilità dell’emocoltura e della colorazione con Gram dei campioni microbiologici.
L’emocoltura non fornisce ulteriori ragguagli clinici nei pazienti con IIA acquisita in comunità e pertanto non è consigliata di routine in questi casi.
Nei pazienti immunocompromessi o in condizioni cliniche tossiche l’identificazione di una batteriemia può essere utile nel determinare la durata della terapia antibiotica.
Non ci sono prove che la colorazione con Gram abbia valore nelle infezioni acquisite nella comunità, mentre può essere utile nelle infezioni acquisite in strutture sanitarie.
Nei pazienti a basso rischio con IIA acquisita nella comunità, gli esami colturali di routine per aerobi e anaerobi sono facoltativi, ma possono essere utili nel determinare modificazioni epidemiologiche della resistenza di microbi associati a queste infezioni e nella guida al controllo del trattamento antibiotico orale.
In caso di resistenza agli antibiotici, in appendicite perforata o altre IIA acquisite nella comunità, sono utili esami colturali di routine con test della sensibilità agli antibiotici. Gli esami colturali per anaerobi non sono necessari nei pazienti con IIA acquisita nella comunità qualora sia attuata una terapia antibiotica efficace contro queste specie.
Nei pazienti ad alto rischio debbono essere eseguite di routine colture dal sito di infezione, specialmente in caso di precedente esposizione ad antibiotici che può aver favorito la comparsa di resistenza. È necessario che i campioni prelevati per esami microbiologici siano di sufficiente volume (almeno 1mL, o meglio più, di liquido o di tessuto) e vengano inviati al laboratorio con mezzi adeguati. È anche necessario inoltre eseguire esami colturali specifici per Pseudomonas, Proteus, Acinetobacter, Staphylococeus aureus ed Enterobacteriacee, che sono specie più frequentemente resistenti agli antibiotici.

6) Terapia antibiotica nei pazienti con IIA acquisita nella comunità e di gravità da lieve a moderata.
SIS e IDSA ricordano che il trattamento antibiotico empirico dovrebbe essere efficace in questi pazienti, soprattutto in caso di infezione da anaerobi Gram-negativi e streptococchi Gram-positivi. Nei casi di infezione da anaerobi localizzata al tenue distale, all’appendice e al colon e in caso di perforazione gastroentestinale prossimale o di ostruzione ileale o ileo paralitico, deve essere eseguita terapia antibiotica di copertura.
Nei pazienti adulti con IIA acquisita nella comunità e di gravità da lieve a moderata, SIS e IDSA consigliano ticarcillina-clavulanato, cefoxitina, ertapenem, moxifloxacina, tigeclina, da soli, oppure un’associazione di metronidazolo con cefazolina, cefuroxima, ceftriazone, cefotaxima, levofloxacina o ciprofloxacina. Questa terapia è, secondo SIS e IDSA, preferibile alla terapia specifica anti-Pseudomonas. Non è consigliabile ampicillina-sulbactam per l’alta percentuale di resistenza di E. coli acquisito nella comunità. Analogamente non sono consigliabili cefotetan e clindamicina a motivo della crescente prevalenza di resistenza da parte del gruppo di Bacterioides fragilis.
Negli adulti non è consigliato l’uso di routine di aminoglicosidi. Non sono necessarie in questi pazienti “copertura” empirica verso Echinococcus e terapia antimicotica verso Candida.
In linea generale, nei casi più lievi viene sconsigliato l’uso di antibiotici: essi sono adeguati ai casi più gravi e alle infezioni contratte in strutture sanitarie, a motivo di rischio di effetti tossici e di sviluppo di resistenza.
Nei pazienti con IIA da lievi a moderate, comprese diverticoliti e varie forme di appendicite, che non sono sottoposti a controllo dell’origine dell’infezione, è possibile un trattamento antibiotico per via orale.

7) Terapia antibiotica per IIA acquisita nella comunità, di gravità elevata.
In questi pazienti si consiglia l’uso empirico di antibiotici a largo spettro di attività verso batteri Gram-negativi: meropenem, imipenem-cilastatina, doripenem, piperacillina-tazobactam, ciprofloxacina o levofloxacina associate a metronidazolo, ceftazidima o cefepima associate a metronidazolo.
I chinoloni non dovrebbero essere usati contro E. coli resistenti ai chinoloni, che sono divenuti più frequenti in alcune comunità, a meno che sia dimostrata una sensibilità verso E. coli superiore al 90%. Un’alternativa può essere rappresentata in questi casi dall’associazione aztreonam più metronidazolo, aggiungendo però un antibiotico attivo verso cocchi Gram-positivi.
Non è consigliato l’uso di un aminoglicoside in assenza di dimostrazione che il paziente alberghi microrganismi resistenti che richiedano tale terapia.
Contro enterococchi è consigliata una terapia empirica con antibiotici attivi verso questa specie.
Non è consigliato l’uso di antibiotici attivi verso MRSA (methicillin resistant Staphilococcus aureus) o verso miceti in assenza di infezione dovuta a questi microrganismi. In tali pazienti la terapia antibiotica va effettuata secondo l’esito degli esami colturali e delle prove di sensibilità.




8) Terapia antibiotica dei pazienti con IIA acquisita in strutture sanitarie, con particolare riguardo a Candida, Enterococcus e MRSA.
La terapia va diretta secondo i risultati degli esami microbiologici. Per una copertura antibiotica empirica possono essere necessari antibiotici a largo spettro attivi verso aerobi Gram-negativi.
Per quanto concerne la terapia antibiotica antimicotica, SIS e IDSA la consigliano nei pazienti con grave infezione acquisita nella comunità o in strutture sanitarie, qualora gli esami colturali su campioni intra-addominali dimostrino la presenza di Candida. Nelle infezioni da C. albicans è indicato il fluconazolo; in caso di resistenza a questo antibiotico è consigliata un’echinocandina (caspofungina, micafungina o anidulafungina); nei pazienti in condizioni molto gravi viene suggerita, come terapia iniziale, un’echinocandina al posto di un triazolo. L’amfotericina B non è consigliata come terapia iniziale, a causa della sua tossicità. Nei neonati si deve iniziare con una terapia antimicotica empirica in caso di sospetta infezione da Candida. Se viene isolata C. albicans, è preferibile fluconazolo.
Per quanto riguarda la terapia anti-enterococchi, questa è utile quando sono isolati enterococchi in pazienti con IIA associata a strutture sanitarie. Un trattamento anti-enterococchi empirico è consigliato, in particolare, in caso di infezione postoperatoria nei pazienti già trattati con cefalosporine o con altri antibiotici selezionati per Enterococcus spp., nei soggetti immunocompromessi, in quelli con valvulpatie o con protesi valvolari.
Analoga terapia empirica è da attuare in IIA da Enterococcus faecium, ricorrendo ad ampicillina e piperacillina o tazobactam o vancomicina; in caso di E. faecium vancomicina-resistente questa terapia empirica non è consigliata, a meno che esista un “altissimo” rischio di infezione da questo microrganismo, come nei riceventi trapianto di fegato con IIA traente origine delle vie biliari.
Nella terapia contro ceppi MRSA viene raccomandata una copertura antibiotica specifica nei pazienti con IIA associata a strutture sanitarie che risultino colonizzati da questi ceppi. La vancomicina è da impiegare nel trattamento dei casi sospetti.
9) Diagnosi e terapia di colecistite e colangite acute. In queste evenienze l’ecografia è ritenuta la prima tecnica per immagine da eseguire.

Colecistite e colangite acute.
Antibiotici nelle infezioni intra-addominali

SIS e IDSA consigliano:
– nella colecistite acuta di gravità da media a moderata, acquisita in comunità; cefazolina, cefuroxima o ceftriaxone;
nella colecistite acuta acquisita in comunità, negli anziani e nei soggetti immunocompromessi, in presenza di gravi disturbi funzionali: imipenem-cilastatina, meropenem, doripenem, piperacillina-tazobactam, ciprofloxacina, levofloxacina, cefepima, in associazione con metronidazolo;
– nelle infezioni biliari associate a strutture sanitarie, di qualsiasi gravità: gli stessi antibiotici, oltre vancomicina;
– antibiotici anti-anaerobi sono indicati se sono presenti anastomosi bilio-enteriche;
– nei pazienti sottoposti a colecistectomia per colecistite acuta, la terapia antibiotica va sospesa per 24 ore, a meno che sia dimostrata un’infezione all’esterno della parete della colecisti;
– nei pazienti con infezione biliare acquisita in comunità non è richiesta terapia anti-enterococci, perché non è dimostrata la patogenicità di questi microbi in tali situazioni; per contro, nei pazienti immunocompromessi e nei riceventi trapianto di fegato l’infezione da enterococchi può avere un ruolo importante e va trattata.
10) Trattamento antibiotico nei pazienti pediatrici con IIA.
L’uso routinario di antibiotici a largo spettro non è indicato per tutti i bambini con febbre e dolore addominale, pazienti nei quali vi è un basso grado di sospetto di appendicite complicata o di altre IIA.
La scelta dell’antibiotico nei bambini con IIA complicata si basa sulla valutazione dell’origine dell’infezione, della sua gravità e dell’innocuità dell’antibiotico.
Gli antibiotici a largo spettro adeguati nella IIA complicata dei bambini sono: aminoglicosidi, carbapenem, beta-lattamici associati a inibitori delle beta-lattamasi, cefalosporine di ultima generazione (cefotaxima, ceftriaxone, ceftazidima, cefepima) con metronidazolo.
Nei bambini con gravi reazioni ai beta-lattamici sono preferibili ciprofloxacina più metronidazolo o un aminoglicoside.
L’enterocolite necrotizzante  del neonato è trattata con infusione venosa di liquidi, di antibiotici a largo spettro, eventualmente con antimicotici e con decompressione. Se vi sono segni di perforazione, è necessario un intervento chirurgico consistente in laparatomia o drenaggio percutaneo.
11) Dosaggio degli antibiotici.
SIS e IDSA sottolineano la necessità di usare gli antibiotici alle dosi ottimali per assicurare la massima efficacia e la minima tossicità, riducendo la resistenza; a questo fine è utile valutare la massa magra corporea e il volume dei liquidi extracellulari.
12) Uso di esami colturali per regolare la terapia antibiotica
I pazienti con IIA acquisita in comunità che si trovano a basso rischio non richiedono modificazioni del trattamento se la risposta clinica è soddisfacente, anche in caso di patogeni non sospettati e non trattati.
I microbi identificati nelle emocolture debbono essere considerati significativi se sono noti patogeni o se sono presenti in 2 o più emocolture, oppure se sono isolati in concentrazione alta o moderata da campioni da drenaggio.
13) Durata del trattamento nelle infezioni complicate intra-addominali.
Secondo SIS e IDSA, la terapia antibiotica delle infezioni accertate dovrebbe essere limitata a 4-7 giorni, a meno che sia difficile effettuare un adeguato controllo dell’origine dell’infezione. Comunque una più lunga durata del trattamento non è associata a migliore risultato.
In occasione di stomaco acuto o di perforazione del digiuno prossimale, in assenza di terapia antiacida o di neoplasia e quando il controllo dell’origine dell’origine dell’infezione è ottenuto entro 24 ore, è  adeguata una terapia profilattica per 24 ore diretta contro Gram positivi aerobici. In queste evenienze, in presenza di un intervento chirurgico ritardato, di un tumore maligno e di terapia antiacida, può essere eseguita una terapia antibiotica diretta verso la flora mista intestinale (ad esempio, nelle infezioni complicate del colon).
Un trattamento antibiotico per meno di 24 ore dovrebbe essere eseguito in caso di lesioni intestinali dovute a trauma chiuso o iatrogene che sono riparate entro 12 ore, o altra contaminazione intraoperatoria del campo operatorio da parte del contenuto intestinale.
Un’appendicite acuta – senza segni di perforazione, senza ascesso o peritonite locale, richiede soltanto una terapia profilattica con antibiotici a spettro limitato per meno di 24 ore. In caso di grave pancreatite necrotizzante, non è consigliata profilassi antibiotica prima della conferma della diagnosi.
14) Pazienti in terapia orale o extraospedaliera.
Negli adulti in guarigione da IIA è “accettabile” il completamento della terapia antibiotica, quando l’alimentazione orale è tollerata e gli esami non dimostrano resistenza antibiotica. Se gli esami identificano microrganismi sensibili soltanto a terapia endovenosa, questa può essere eseguita fuori dell’ospedale.
Nei bambini il trattamento antibiotico parenterale fuori dell’ospedale può essere preso in considerazione quando non vi è probabilità di ricorrere a procedure di drenaggio, pur persistendo sintomi di infiammazione intra-addominale in atto, mentre la febbre è in diminuzione, il dolore è controllato e il paziente tollera liquidi per os e può camminare.
Nei bambini in terapia a dosaggi decrescenti sono opportuni esami colturali in occasione di drenaggio, al fine di consentire l’uso di antibiotici a spettro quanto più possibile limitato associati a terapia orale.
Se i microrganismi isolati sono sensibili, la scelta cade su cefalosporine di seconda o terza generazione associate a metronidazolo o amoxicillina-clavulanato. Per il trattamento di infezioni da Pseudomonas, Enterobacter, Serratia e Citrobacter possono essere usati i fluorochinoloni con aggiunta di metronidazolo.

15) In caso di sospetto insuccesso della terapia.

Debbono essere eseguiti adeguati esami qualora i pazienti presentino persistente quadro clinico di IIA dopo 4-7 giorni di terapia; a questo fine SIS e IDSA consigliano TC o ecografia. Deve essere proseguito il trattamento antibiotico. È inoltre necessario ricercare eventuale origine extra-addominale dell’infezione o una causa non infettiva, qualora il paziente non tragga beneficio dalla terapia antibiotica selettiva.
In queste condizioni debbono essere eseguiti esami culturali per aerobi e anaerobi.

Appendicite

16) Appendicite.

SIS e IDSA ricordano che non esistono reperti clinici inequivoci che identifichino i pazienti con appendicite. Nei casi sospetti è consigliabile una TC dell’addome con contrasto endovenoso, ma non orale o rettale. Nelle donne in età fertile debbono essere eseguite prove di gravidanza prima della TC; in quelle nel primo trimestre di gravidanza debbono essere eseguite ecografia o risonanza magnetica nucleare. Se questi esami non chiariscono l’etiologia, si può prendere in considerazione una laparoscopia o una TC limitata.
Le tecniche per immagine, preferibilmente TC, vanno eseguite nei bambini, in particolare se sotto i 3 anni, quando la diagnosi non è certa.
Nei pazienti con risultati negativi o incerti per sospetta appendicite con le tecniche per immagine, è consigliato un controllo dopo 24 ore per accertarsi della risoluzione del quadro clinico, tenendo presente che il rischio di risultati falsamente negativi, anche se basso, è pur sempre misurabile.
La terapia antibiotica è indicata per tutti i pazienti con diagnosi di appendicite. Questa terapia comprende antibiotici contro microrganismi aerobi Gram negativi e anaerobi e va iniziata insieme ad adeguato trattamento del dolore e antipiretico. Nei casi sospetti la terapia deve durare almeno 3 giorni, fino a che il quadro clinico si risolva o si possa porre una diagnosi definitiva.
Nell’appendicite acuta, non perforata, l’intervento chirurgico va eseguito quanto prima possibile. Sono accettabili sia l’appendicectomia per via aperta che per via laparoscopica.
Il trattamento non chirurgico in pazienti selezionati con appendicite acuta non perforata può essere preso in considerazione se vi è un marcato miglioramento clinico entro 24 ore di terapia antibiotica. In caso di appendicite perforata, l’intervento è urgente anche al fine di accertare l’origine dell’infezione.
I pazienti con ascesso periappendicolare ben circoscritto possono essere trattati con drenaggio percutaneo o con drenaggio chirurgico.
In alcuni pazienti selezionati che si presentano molti giorni dopo un processo infiammatorio e hanno un flemmone periappendicolare o un piccolo ascesso non trattabile con drenaggio percutaneo, si possono ritardare le procedure per il controllo dell’origine dell’infezione; essi vanno trattati con antibiotici e attentamente controllati, in maniera analoga ai pazienti con diverticolite.
Vi sono controversie sulla necessità di appendicectomia dopo drenaggio percutaneo.

Secondo SIS e IDSA, vi sono tuttora alcune aree che richiedono ulteriori studi.
– Ruolo delle prove di routine di sensibilità agli antibiotici e loro rilevanza epidemiologica e nello studio dei microrganismi multiresistenti.
Valutazione degli effetti di un ritardo nell’esecuzione di un’appendicectomia.
Definizione di adeguata durata della terapia antimicrobica e delle conseguenze di una terapia prolungata.
– Studio degli antibiotici efficaci per via orale e conseguenza della terapia antibiotica per via orale sull’incidenza di microrganismi resistenti. SIS e IDSA ricordano che la durata della terapia antibiotica dipende in larga misura da un adeguato controllo dell’origine dell’infezione.
– Decorso clinico ed esito dei pazienti ad alto rischio, soprattutto nelle IIA associate a strutture sanitarie.
Studio dell’infettività dei diversi microrganismi e dell’impatto del trattamento empirico.
Valutazione critica dell’ipotesi secondo la quale una terapia antimicrobica a largo spettro sia utile ai pazienti con IIA.
Studio della durata adeguata della terapia antibiotica nelle infezioni postoperatorie.
Studio della farmacocinetica degli antibiotici usati nei pazienti con sepsi in gravi condizioni. SIS e IDSA ritengono necessaria la valutazione dell’adeguatezza delle istruzioni contenute nelle confezioni dei farmaci.